Orlando Merenda aveva 18 anni. E aveva un grosso problema, quello che alcuni minimizzano dicendo che “non c’è niente di male”, che “è solo uno scherzo”, che “è sempre stato così”: era bersagliato da bulli che lo attaccavano per la sua omosessualità. «Era preoccupato e non mi ha fatto i nomi di chi gli faceva del male. Diceva che queste persone mettevano in dubbio la sua omosessualità», racconta il fratello in un’intervista a La Stampa.
Di sicuro c’è che tutti i giorni fosse bersagliato da frasi omofobe che avevano invaso i suoi spazi social oltre alla vita di tutti i giorni. Le vessazioni sono state raccontate anche dai suoi amici più stretti che raccontano come Orlando comunque abbia sempre mantenuto il riserbo, poco incline allo scontro e abbia deciso di non raccontare nulla ai suoi famigliari.
Orlando Merenda a 18 anni ha deciso di buttarsi sotto un treno. «Il tuo ultimo saluto è stato un caffè con un Kinder Bueno – scrive il fratello di Orlando su Facebook -. Nel pomeriggio abbiamo fatto la tragica scoperta. Sei andato via a soli 18 anni lasciando in noi un grande vuoto. Speriamo che tu sia tranquillo ora e senza pensieri».
Poiché l’odio non si arresta nemmeno con l’eliminazione dell’avversario, visto che ha bisogno di nutrirsi in continuazione, sui profili social di Orlando oltre ai messaggi di cordoglio sono arrivati insulti. Ancora. C’è perfino un “morte ai gay” scritto sotto le foto di un gay morto.
Si indaga per omofobia. Ora qui c’è il punto fondamentale, non si tratta di discutere del Ddl Zan e non si tratta nemmeno di essere in continua propaganda: si tratta di rendersi conto di qualcosa che c’è, che è perfino naturale e che innesca un odio che ormai è evidente e continuo.
Non siamo nemmeno al punto di dover immaginare “un mondo che verrà”, qui si tratta di prendersi la responsabilità di scorgere la realtà: è immorale fingere di non vederlo, il mondo.
Buon lunedì.