Una versione innovativa dell’Ulivo, allargata al mondo civico e alle realtà esterne ai partiti come le 6000 Sardine è nata a Bologna e a Latina. Progressisti, ecologisti e cristiano sociali hanno trovato una quadra su idee e progetti comuni, spendendosi per un cambiamento diffuso dal singolare al plurale, dal benestare dei pochi al benessere collettivo. Specialmente nella roccaforte di Bonaccini, contesto storicamente virtuoso, dove a giovare dell’appoggio delle Sardine questa volta è stato Matteo Lepore, che ha iniziato la campagna da tempo e non qualche mese prima della candidatura, cavalcando i canali social con slogan e sorrisi di plastica alla Borgonzoni.
«Se a Bologna sono certo che non sarà esportato il modello leghista ferrarese – esordisce il portavoce nazionale Lorenzo Donnoli – anche a Latina, dopo anni di clientelismo e collusione tra il potere e la criminalità organizzata, con migliaia di cittadini sotto la Prefettura a chiedere le dimissioni dell’allora giunta di destra, si è passati a un’amministrazione che ha dimostrato ascolto, competenza e onestà», dice riferendosi al sindaco Damiano Coletta, che si ripresenta alle elezioni. Tuttavia gli attivisti di piazza Maggiore non si aspettavano la convergenza di Letta e Conte sulla candidatura in Calabria di Maria Antonietta Ventura, manifestandosi scettici e delusi, ma senza polemizzare per non irrigidire le posizioni: «In Calabria nessuna politica di prossimità né di riscatto del territorio – incalza – ma ci sono addirittura quattro candidati a sfidare la destra sovranista di Roberto Occhiuto, capogruppo alla Camera di Forza Italia, e Antonino Spirlì, un politico che, ricordo, se n’è uscito con dichiarazioni di carattere omofobico. Speriamo in un rinsavimento e in uno sforzo di unità per una regione provata dal malgoverno e dalla ‘ndrangheta».
Le politiche sociali attente agli ultimi e ai penultimi rimangono tra i cardini delle Sardine, soprattutto nei confronti di chi ha pagato duramente la crisi pandemica. Da Nord a Sud il popolo della sinistra vorrebbe unità e rinnovamento, e sebbene le Sardine si stiano impegnando per mantenere coesi questi due percorsi, Donnoli non si sbilancia su relativi coinvolgimenti nelle civiche locali. Pare che sino all’ultimo non vogliano esporsi, nonostante le affermazioni strappate dalla stampa a Mattia Santori, e magari per timore di non suscitare più la partecipazione che nel 2019 fece tremare Salvini, sconfessando persino la sua macchina comunicativa.
Dopo che la pandemia ha provocato ripetutamente la chiusura delle piazze, privando ancora una volta la politica di un’appena riscoperta fisicità, il movimento grazie alla liquidità che lo contraddistingue ha rialzato subito la testa. Proprio a Bologna, tramite il progetto “Patrick patrimonio dell’umanità”, le Sardine unitamente ad Amnesty International hanno risposto all’ultima sentenza che prolunga la carcerazione al Cairo dello studente. Infatti dal 16 giugno, quando Patrick Zaki ha compiuto trent’anni, sono comparse la sua gigantografia sotto i portici del centro storico, da Porta Saragozza all’arco del Meloncello, insieme a quelle di altri cinquanta detenuti politici nel mondo.
Sebbene l’immaginario italiano sia ancora non troppo distante dall’inchiesta del Pasolini di Comizi d’amore, datata 1964, gli attivisti hanno sostenuto compatti il ddl Zan, reagendo positivamente alla proposta di Enrico Letta sulla tassa di successione e sulla dote ai diciottenni: «Sono solo due passi nel lungo cammino verso l’uguaglianza: il disegno di legge Zan è necessario in un Paese in cui sono necessari i centri antiviolenza e manca l’educazione affettiva e sessuale – argomenta Donnoli -. Con una mini patrimoniale su enormi capitali, che qui da noi è sempre stata un tabù preferendo l’austerity, in Spagna, si è investito su stato sociale, ricerca e innovazione, aumentando anche il salario minimo».
Se con disappunto definivano “tossico” il Partito democratico, pare che le Sardine abbiano via via cambiato idea: «Ritenevamo stagnante lo stallo in cui si trovavano i Dem nel momento tragico delle dimissioni di Zingaretti, il quale aveva provato ad allargare la più grande comunità politica del centrosinistra, ma i gruppi parlamentari sono rimasti gli stessi scelti da Renzi in una notte del 2018». Tuttavia l’appellativo venefico ha offeso gli amici piddini di Donnoli, ma non tutti: «Ci sono anime molto valide tra le loro fila, così i volontari che ho conosciuto alle Cucine popolari di Bologna, ma anche Monica Cirinnà, Caterina Cerroni, Valentina Cuppi e Brando Benifei, per citarne alcuni. Non dev’essere un progetto autoreferenziale, ma un campo largo che arrivi sino ai cristianosociali e a persone straordinarie come Pietro Bartolo; poiché ci sono valori che vanno al di là dell’appartenenza a un partito».
A Ferrara più che altrove, la Lega ha fatto breccia fomentando la paura nei confronti del diverso, dell’inflazionato “clandestino”, levando le panchine dai giardini pubblici e recintando i parchi. Purtroppo, però, nella città emiliana la sinistra continua a tacere: «La lettura di ciò che sta accadendo dovrebbe essere un’altra. La sinistra dovrebbe dare voce ai giovani e agli esclusi, a coloro che beneficerebbero davvero di una patrimoniale. Dovrebbe essere in grado di affrontare il tema della disoccupazione giovanile, di parlare di emigrazione quanto la destra di immigrazione. Solo negli ultimi quindici anni quasi 2 milioni e mezzo di italiani si sono trasferiti all’estero, con un incremento della mobilità pari a quello del secondo dopoguerra. Perché chi si riempie la bocca con gli immigrati, non tratta lo spopolamento del Sud e delle nostre periferie, né sfiora il tema delle armi vendute dalle nostre aziende ai regimi autoritari dai quali la gente fugge, o non si concentra sul riscaldamento globale e sulla sfida della questione della transizione ecologica?»
“E se fosse legale?” A metà giugno, a Roma, Firenze e Bologna c’è stato il tour delle 6mila piantine per la campagna di legalizzazione della Cannabis: «Battaglia che combattiamo con MeglioLegale e a fianco dei Canapisti – specifica Donnoli – per non mettere i nostri minori di fronte a un pericolo inutile, per creare lavoro e affinché lo Stato ricavi miliardi di euro altrimenti destinati alle mafie. Il proibizionismo non è la strada da percorrere; lo ha dimostrato il Portogallo, dove dal 2001 il possesso e il consumo di tutte le droghe, anche pesanti, non è più un reato, determinando il crollo del numero di eroinomani, di chi si bucava per trasgredire».
Le radici intellettuali di Lorenzo Donnoli, della sua attenzione per il prossimo e del suo attivismo civico risaltano nella pubblicazione fresca di stampa per Piemme, Cervello ribelle. Diario atipico di una sardina autistica. Il suo esordio in libreria rivela un’indole spontanea, corretta e coerente: per chi come lui ha una passione congenita per la scienza e l’oggettività, la sindrome di Asperger, che è inclusa nello spettro autistico, è diventata una lente per interpretare la realtà; perciò i politici “puffaroli” e inconcludenti sono stati da subito il suo bersaglio. Chi non ricorda il botta e risposta tra lui e Vittorio Sgarbi su La7, a Piazza Pulita, nel gennaio del 2020? Per un Aspie aver mantenuto il polso della situazione di fronte all’irruenza del factotum culturale non dev’essere stato facile. Donnoli si limitava a sorridere mentre Sgarbi criticava la costituzione della commissione Segre, per poi invitarlo a casa sua, a Roma, a telecamere spente.
«Manca la consapevolezza dei neurotipici – conclude Donnoli – di quanto le menti riformatrici e fuori dagli schemi siano utili alla collettività forse più di quelle tipiche; basti pensare alle conquiste e ai risultati ottenuti dalle visioni di Greta Thunberg, Elon Musk e Bill Gates, visioni di persone con sindrome di Asperger che hanno aiutato a migliorare il presente».
(nella foto da sinistra Lorenzo Donnoli, Jasmine Corallo e Mattia Santori)