Oltre 47mila vittime civili. Cinquantatré soldati italiani caduti, più di settecento feriti. E ora che le truppe occidentali, dopo venti anni, si son ritirate dall’Afghanistan, i talebani riprendono il controllo su diversi territori, i diritti civili conquistati sono a rischio e il Paese è una polveriera. È la storia di un fallimento firmato anche dall’Italia

Cosa stavi facendo l’11 settembre 2001, quando due aerei di linea facevano crollare le Twin tower a New York? Come per tutti i crocevia della Storia, si dice che sia facile ricordare con esattezza in cosa si fosse impegnati mentre si manifestano. Più difficile, invece, è tenere conto, avere memoria, delle loro conseguenze sul lungo periodo. Tracciare gli snodi delle vicende complesse che li seguono. A vent’anni di distanza da quegli attentati, la conseguente missione internazionale delle forze occidentali in Afghanistan ha sconvolto i tratti del Paese asiatico. E ora che l’operazione si è conclusa – gli ultimi nostri soldati sono rientrati il 29 giugno – la narrazione con cui in Italia se ne vorrebbe tracciare un bilancio è un terreno di contesa.

Da una parte c’è chi si aggrappa a slogan patriottici e ai pochi risultati positivi, per arrabattare un’apologia dello sforzo più grande delle forze armate tricolori dopo la Seconda guerra mondiale – un atteggiamento diffuso a destra, ma anche nel centrosinistra – dall’altra c’è chi prova a mettere in fila i costi umani ed economici e le evidenze politico-sociali che palesano una sostanziale missione incompiuta.

Partiamo dai numeri. Dal 2001 ad aprile di quest’anno il conflitto ha provocato 47.245 vittime civili, come evidenzia il progetto Cost of war della Brown university di Providence, tra le quali numerosi bambini: il 40% tra i morti civili causati da attacchi aerei negli ultimi cinque anni. I soldati e poliziotti afgani che hanno perso la vita sono stimati tra i 66mila e i 69mila, 72 i giornalisti, 444 gli operatori umanitari. Nel frattempo, le perdite tra le truppe Usa sono state 2.442. E poi ci sono i 53 morti e i 723 feriti tra gli oltre 50mila soldati italiani che hanno messo piede negli anni nel teatro bellico. Fra gli afgani che sono sopravvissuti, inoltre, 2,7 milioni sono stati costretti a fuggire all’estero, principalmente in Iran, Pakistan ed Europa, come indicano le Nazione unite. Altri 4 milioni sono sfollati all’interno del Paese, che ha una popolazione totale di circa 38 milioni.

Dal punto di vista economico, sempre secondo Cost of war, l’investimento complessivo degli States nella “guerra al terrore” è stato di 2.261 miliardi di dollari. Oltre all’impegno diretto del dipartimento della Difesa per 933 mld, infatti, occorre tenere conto delle spese per il conflitto in Pakistan, quelle aggiuntive del Pentagono, i costi medici per i veterani, ecc.

Se guardiamo all’Italia, invece, l’Osservatorio sulle spese militari italiane Milex ha stimato un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro, composto da 6,77 mld di stanziamenti diretti per la partecipazione alle varie missioni iniziate a novembre del 2001 (Enduring freedom di Usa e altri fino al 2006, Isaf della Nato fino 2014, Resolute support dal 2015), 720 mln per sostenere le forze armate e di polizia afgane e circa 925 mln di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l’Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari, al supporto d’intelligence, della protezione delle basi e delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali.

Ebbene, a fronte di questi costi, quali sono stati i risultati, in termini di democrazia e stabilità del Paese, e di contrasto al terrorismo internazionale? Dopo vent’anni di guerra, i talebani…


L’inchiesta prosegue su Left del 9-15 luglio 2021

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