Lo scorso 28 giugno, in occasione della giornata mondiale dell’orgoglio Lgbt, il governo ecuadoregno, presieduto da Guillermo Lasso, ha presentato la Sottosegreteria alle diversità, che farà parte del più ampio Segretariato dei Diritti umani della presidenza della Repubblica dell’Ecuador. È un evento storico, perché per la prima volta viene creato nel Paese andino uno spazio istituzionale attraverso cui elaborare politiche pubbliche a favore del mondo Lgbt. A sorprendere, non è tanto la sua creazione, perché non è un unicum nella regione, né nel mondo; ma il fatto che ad avviare questo percorso sia un governo di centro-destra e cattolico.
Dall’Italia, l’Ecuador assume le caratteristiche di uno Stato immaginario, degno di un racconto di Philip Dick. Perché basta dare uno sguardo ai giornali nostrani e seguire il dibattito relativo al Ddl Zan, che di colpo ritorniamo alla cruda realtà: a prescindere dal sano confronto di opinioni in materia, che dovrebbe predominare in un Paese democratico in salute, la destra si arrocca e getta fumo negli occhi. Unico obiettivo, boicottare una legge contro l’omotransfobia. Seppur con pregi e difetti (ma esiste la legge perfetta?), il Ddl Zan darebbe e restituirebbe dignità a tante persone vittime di violenza fisica e verbale, riflesso di una cultura refrattaria. A dare manforte alla destra e agli opportunisti di turno (si legga Italia viva) non è mancato il Vaticano, come Left ha più volte raccontato.
Ora, la notizia in Ecuador è un segnale positivo. Ma il tempo ci dirà se questo sottosegretariato sarà lo specchietto per le allodole del nuovo governo di centro-destra presieduto da Guillermo Lasso. Sicuramente il cammino è lungo. Lungo come quello del movimento Lgbt ecuadoregno, che negli ultimi vent’anni, attraverso le sue lotte, è riuscito a conquistare riconoscimento, diritti e visibilità. Sì, perché fino al 1997 essere gay (unica categoria all’epoca per definire le diversità sessuali), non solo voleva dire vivere nell’invisibilità e ai margini della società. Significava, a norma dell’art.516 del codice penale, rischiare il carcere fino a 12 anni, con annesse torture e molestie.
Grazie alla lotta di Alberto Cabral, dell’Associazione Coccinelle e di altre organizzazioni, la comunità Lgbt ecuadoregna, poco più di venti anni fa, è riuscita ad ottenere la parziale abrogazione per incostituzionalità dell’articolo 516 del vecchio codice penale, e con essa, la depenalizzazione dell’omosessualità nel Paese. Quella fu una grande vittoria nel campo dei diritti civili. Ma l’Ecuador è anche uno dei primi Paesi al mondo a inserire degli articoli nella sua Costituzione del 2008 a favore della tutela e dell’inclusione della comunità Lgbt. Infatti, nell’articolo 11, comma 2, della Carta Magna ecuadoregna, si stabilisce che «nessuno può essere discriminato per ragioni di etnia, luogo di origine, orientamento sessuale, identità di genere, identità culturale, lingua, religione».
Allo stesso modo, l’articolo 66 riconosce e garantisce ai cittadini il diritto al libero sviluppo della loro personalità e a prendere decisioni libere, volontarie e responsabili sulla loro sessualità; inoltre, lo Stato promuove l’accesso ai mezzi necessari affinché queste decisioni siano prese in condizioni di sicurezza. Infine, nel luglio 2019, dopo diversi anni di lotta, il matrimonio omosessuale è stata un’altra lotta vinta, ponendo fine a quella contraddizione emersa a livello costituzionale, tra gli articoli sopramenzionati e l’art.67, che prevedeva il matrimonio solo tra persone di sesso opposto.
Nonostante l’architettura giuridica del Paese favorisca l’uguaglianza e la non esclusione, e che addirittura punisca i comportamenti segregazionisti che causano danni, lesioni o ostacolano l’esercizio dei diritti della popolazione sessualmente diversa, va detto che la discriminazione non è ancora stata sradicata in Ecuador. I casi di maltrattamento della popolazione Lgbt continuano ad essere una costante, dimostrando la necessità di emanare politiche pubbliche che si trasformino prontamente in azioni concrete. A riguardo, non è rischioso affermare che i vari governi hanno dato poca attenzione alla situazione che vive questa comunità. Lo dimostra, in parte, il fatto che l’ultima raccolta di dati ufficiale sulle condizioni di vita della popolazione Lgbt risale al 2013. E dando un’occhiata a questo report, elaborato dall’Istituto nazionale di statistica e censimento (Inec), in collaborazione con la Commissione di transizione verso il Consiglio delle donne e dell’uguaglianza di genere (Cdt), è stato mostrato che il 70,9% degli intervistati ha dichiarato di aver subito discriminazioni a causa del proprio orientamento sessuale e identità di genere, soprattutto in ambito familiare.
Lo studio Inec non fa altro che confermare l’esistenza di una radicata omofobia strutturale nella società ecuadoregna, sottolineando come sia necessario invertire rotta. Omicidi, violenze e casi di esclusione, sono all’ordine del giorno. Spesso le motivazioni alla base della violenza e dell’odio sono avallate da un pregiudizio sociale, alimentato dai discorsi delle élite politiche ed ecclesiastiche. Per tale ragione, a ridosso delle elezioni presidenziali del 2021, i rappresentanti del collettivo Lgbt in Ecuador hanno lanciato la campagna “Accordo per l’uguaglianza, il voto Lgbt” per chiedere ai candidati presidenziali e agli aspiranti alle elezioni di febbraio all’Assemblea nazionale (Parlamento) politiche che rispettino i loro diritti. Tra gli obiettivi a cui mirava questo accordo era da un lato far prendere distanze ai candidati aderenti alla campagna nei confronti dei discorsi di odio contro la diversità sessuale; dall’altro, di far collaborare il collettivo con il governo nell’elaborazione di discorsi inclusivi e di politiche pubbliche a favore della comunità Lgbt. Ora, il governo Lasso sembra aver mantenuto la promessa. Ma cosa farà in concreto? Lo chiediamo a Felipe Ochoa Mogrovejo, giovane ecuadoregno, alla guida della Sottosegreteria alle diversità
Quanto è importante per un Paese istituzionalizzare l’impegno del governo verso il mondo Lgbt?
È la prima volta in Ecuador che dal ramo esecutivo c’è un manifesto scritto e la volontà umana di sradicare ogni tipo di violenza basata sull’orientamento sessuale e/o la diversità di genere. L’Ecuador si unisce agli altri 62 Paesi del mondo che hanno optato per la creazione di politiche pubbliche di protezione e cura della popolazione in situazioni vulnerabili, in questo caso la popolazione Lgbt.
In Italia, la destra, sostenuta dal Vaticano, è molto riluttante a discutere misure per prevenire la violenza omotransfobica. Al contrario, in Ecuador, lo stesso presidente di centro-destra, Guillermo Lasso, ha deciso di creare il sottosegretariato della diversità. Dunque, che impatto può avere un tale sottosegretariato nel portare un governo di centro-destra a posizioni più aperte e tolleranti verso il mondo Lgbt?
Al di là delle ideologie e delle forme di governo, i diritti umani hanno un ampio processo internazionale. Ci sono diverse convenzioni internazionali che obbligano gli Stati del mondo a rispettare e garantire i diritti delle persone in vari aspetti. Nello spazio interamericano esistono anche convenzioni internazionali che ci obbligano ad attuare politiche pubbliche per la promozione e il rispetto dei diritti delle persone indipendentemente dal loro orientamento sessuale e/o identità di genere. La volontà umana e l’impegno di camminare sempre più verso società giuste ed eque è ciò che ha motivato una decisione come questa in Ecuador.
Nonostante la Costituzione ecuadoriana protegga i diritti Lgbt e proibisca esplicitamente la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, la violenza non è diminuita. E, soprattutto, la maggior parte delle vittime sono ragazzi e ragazze giovani. Allora, non pensa che oltre alle leggi, alle norme e alla costituzionalizzazione della protezione dei diritti, bisogna diffondere una cultura della diversità per prevenire i casi di violenza?
Certamente. Proprio con queste premesse di sradicamento della violenza in tutte le sue forme, il governo ecuadoriano, chiamato “Governo dell’incontro”, sta ampliando le competenze della Segreteria dei diritti umani per creare la prima politica pubblica completa sui diritti della popolazione Lgbt. Questa politica pubblica, che avrà un vasto dialogo nazionale, avrà assi d’azione di prevenzione e promozione e lavorerà molto nei settori dell’educazione, della salute e dell’accesso alla giustizia.
In questo senso, che tipo di politiche pubbliche pensa di attuare?
Come ho già anticipato, la prima politica pubblica globale avrà tre linee d’azione principali: istruzione, salute e accesso alla giustizia. Nel campo dell’educazione, pensiamo a una politica di prevenzione che cerchi di sensibilizzare la società a capire che siamo tutti nati liberi, uguali e con gli stessi diritti. Inoltre, lavoreremo con tutte le istituzioni per raggiungere un accordo su misure amministrative specifiche che garantiscano il diritto delle persone Lgbt ad ambienti liberi da discriminazioni sul posto di lavoro.
Inoltre, le politiche dell’esecutivo avranno un legame importante con altre competenze dello Stato con l’obiettivo di promuovere l’accesso alla giustizia, in particolare nella sensibilizzazione, formazione, per prevenire e configurare, nei rispettivi casi, i crimini d’odio.
Nel 1990 l’Oms ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie psichiatriche. È stato un trionfo per il movimento Lgbt. Nonostante questo, in alcuni Paesi dell’America Latina, tra cui l’Ecuador, ci sono ancora centri di terapia di conversione. Per quanto riguarda il suo Paese, non pensa che il loro superamento contribuirebbe alla prevenzione della violenza e dell’odio omotransfobico?
Questo aspetto rientra proprio in una delle principali linee di azioni del sottosegretario alle Diversità, ovvero quello sanitario. Vogliamo agire sin da subito per superare e chiudere definitivamente questi cosiddetti centri di riabilitazione che, alla fine, realizzano pratiche che violano i diritti delle persone Lgbt cercando di modificare l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere delle persone che sono ammesse in queste istituzioni. In Ecuador, queste “cliniche” sono state ampiamente criticate dalle organizzazioni internazionali e il loro funzionamento è “nascosto” in presunte terapie di riabilitazione dalle dipendenze. Anche se ci sono regolamenti secondari per poter effettuare ispezioni di questi centri, è necessaria un’articolazione tra diversi ministeri (Salute, Educazione, Governo, Polizia Nazionale, Procura Generale, Corte Nazionale di Giustizia, tra gli altri) per raggiungere un percorso di azione che permetta la chiusura effettiva di questi centri di violazione dei diritti umani.
In Italia si discute molto del disegno di legge Zan, che mira a combattere, attraverso misure repressive e preventive, la discriminazione e la violenza omotransofobica. L’Italia, insieme ad alcuni Paesi europei e americani, è uno dei pochi Paesi dell’Occidente che non ha una legge contro la discriminazione Lgbt. Per lei, quanto è importante per un Paese come l’Italia avere questa legge?
In qualsiasi Paese del mondo è importante avere leggi, programmi e politiche che possano prevenire qualsiasi forma di violenza o discriminazione. Creare ambienti di vita sicuri ed equi è, per qualsiasi Paese, un progresso fondamentale nella questione dei diritti umani. Per l’Italia e l’Ecuador, portare avanti processi che garantiscano alle persone Lgbt di vivere in ambienti liberi da violenza e discriminazione sono standard minimi di condizioni di vita. Tuttavia, è molto importante che questi processi non si esauriscano in leggi, politiche e programmi, perché il loro effettivo esercizio implica un ampio processo di promozione, consapevolezza e formazione sulla comprensione che nessuna persona può essere violata o discriminata a causa del suo orientamento sessuale e/o identità di genere. Il cambiamento strutturale nelle società è il compito più complicato.