All’alba del 18 marzo 1871 dal quartiere proletario di Belleville a Montmartre, interponendosi tra i parigini in armi della Guardia nazionale e le truppe del governo Thiers mandate a impadronirsi dei cannoni, le donne impedirono con i loro corpi lo scontro frontale. Come Pentesilea e le Amazzoni nell’antico mito, le donne sfidavano le regole della società borghese, innescando la sovversione. Nasceva la Comune, un evento storico assolutamente originale, sulle cui implicazioni è ancora utile riflettere. È questo l’invito dell’avvincente libro di Federica Castelli Comunarde. Storie di donne sulle barricate (Armillaria), che intrecciando in tutta scioltezza filosofia, storia, attualità e riflessioni personali restituisce, al di là della vulgata, corpo e sangue ad un’esperienza con la quale rivoluzionari come Marx e Lenin dovettero comunque fare i conti.
L’evento fu unico per la coralità della rivolta spontanea e la feroce violenza con cui dopo 72 giorni fu stroncato nel sangue, ma soprattutto per la rilevanza del contributo delle donne, a dispetto della diffidenza da parte degli stessi compagni di lotta e delle deformazioni della storiografia successiva.
Fu rivoluzione o rivolta? L’autrice ci invita a riflettere, sottolineando che nella Comune per la prima volta la centralità politica non fu prerogativa del cittadino lavoratore, come nel 1848, ma nasceva dall’azione comune. Federativa, repubblicana e universale, la Comune rifiutava innanzitutto l’idea di Stato con la relativa macchina burocratica. E metteva al centro la libertà di ogni uomo e, inaudito, di ogni donna. Per il rifiuto delle diseguaglianze, per la volontà di autodeterminazione e di emancipazione, le comunarde furono femministe ante litteram. Avevano imparato dalla Rivoluzione del 1789 che la lotta di classe non risolve la questione del rapporto tra i sessi, e che la conquista dei diritti non è né sufficiente né irreversibile.
Il movimento, nato senza un’ideologia uniformante e dunque senza una gerarchia militarizzata, lasciava spazio ai peggiori luoghi comuni sulla femminilità, che imperversavano nella stampa parigina tra satira e feroci caricature.
Tra la demonizzazione, che vedeva ovunque fanatiche incendiarie, e la speculare idealizzazione, che le voleva vergini come la Madonna e Giovanna d’Arco, fu cancellata la novità storica della…
(Illustrazione di Vittorio Giacopini)
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