I femminicidi non diminuiscono, anzi. Si ripetono i casi di uomini che non sopportano il rifiuto di una donna, la sua autonomia e la sua ricerca di libertà e di identità

Anche in questo ultimo mese, come in tutti i mesi di tutti gli anni, è stato un susseguirsi di uccisioni di donne. Qualche storia si somiglia, molti elementi si ripetono, ma ogni donna è una persona diversa, ognuna ha un volto, ognuna ha la sua storia. Le cronache giornalistiche possono solo accennarle; noi possiamo solo provare a pensare qualcosa, per non far scivolare via questa che sembra una terribile “tassa” da pagare ancora dalle donne, per l’emancipazione e la libertà.

Non sono casi isolati, ribadiamolo, ma si ripetono stabilmente e, nonostante l’andamento generale della criminalità e degli omicidi in toto tenda a ridursi, i femminicidi non diminuiscono. L’ultima uccisa, al momento in cui scrivo e sperando che non ce ne siano altre, è Rita: 31 anni, freddata dal marito a colpi di pistola sul piazzale dell’azienda dove lavorava, in provincia di Vicenza il 10 settembre. Da qualche giorno si era allontanata dalla casa coniugale, ospite di una amica, per le violenze di lui. Lui è un italiano già condannato per minacce e lesioni verso una ex, senza occupazione. Lo scrivo perché di lei si è rimarcato che fosse nigeriana e molto più giovane di lui, ma “una brava ragazza e grande lavoratrice”. L’assassino è stato trovato da poco, sembra si fosse nascosto in un pollaio.
Ada, 46 anni, uccisa in provincia di Catania l’1 settembre per la strada, il giorno in cui doveva separarsi ufficialmente dal marito, con una decina di coltellate; lui poi si ferisce all’addome, forse tentando il suicidio. Circa tre settimane fa Vanessa di 26 anni viene uccisa dall’ex mentre è a passeggio sul lungomare di Aci Trezza con degli amici: colpita da un intero caricatore di pistola. Lui poi fugge e si impicca.

Angelica 60 anni, il 2 settembre in provincia di Cagliari uccisa dal marito a coltellate, di cui l’ultima al collo. Il giorno prima era scesa in strada chiedendo aiuto perché picchiata.
Piera di 48 anni, ferita gravemente con colpi di arma da fuoco l’8 settembre in provincia di Sassari, dal fidanzato che poi si è impiccato. Lei è in prognosi riservata.
In tutte le situazioni sembra ripetersi la dinamica di moltissimi femminicidi: la donna si allontana, fa un rifiuto o lo tenta; l’uomo non accetta la separazione, meglio non accetta l’idea che la donna lo possa rifiutare, non accetta altre possibilità di vita e agisce quello che ha dentro. Uccide. Sempre programmando il gesto. Non di rado l’uomo poi si uccide o tenta il suicidio. Delle motivazioni e dinamiche profonde che muovono gli assassini molto si è scritto anche in questo settimanale e va detto che per la comprensione ogni caso va analizzato a sé, perché diverse sono le persone anche se le dinamiche malate sono ripetitive. Nel caso del suicidio, nello specifico di ogni caso, non possiamo sapere quanto giochi la consapevolezza del personale fallimento e/o dell’irreparabilità del gesto o piuttosto quanto ci sia un…

L’autrice: Irene Calesini è psichiatra, psicologa clinica e psicoterapeuta. Ha scritto con Viviana Censi e Massimo Ponti La violenza contro le donne. Storia di un’identità negata (L’Asino d’oro ed.)


L’editoriale prosegue su Left del 17-23 settembre 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO