Alcune riflessioni sulla presenza del presidente del Consiglio al G20 delle religioni e su quello che ha detto

I rappresentanti delle religioni di tutto il mondo si sono dati appuntamento in una kermesse organizzata all’insegna del dialogo interreligioso per meglio pianificare e concordare le modalità di interferenza sulle rispettive politiche nazionali.
Hanno soprannominato questo evento “G20 delle religioni”, e hanno scelto come luogo di incontro Bologna, una delle città più significative per l’intreccio tra religione e affari, a differenza di Roma dove l’intreccio è piuttosto tra religione e potere.
Nelle prospettive dichiarate i rappresentanti religiosi hanno elencato una serie di buoni propositi sui quali si sono impegnati a lavorare d’intesa.
Hanno dichiarato di dover intervenire sullo sviluppo e sulla tutela dei diritti fondamentali, sulla promozione di un’autentica parità tra donne e uomini, sulla prevenzione e soluzione dei conflitti, sulla cura dell’ambiente e sulla protezione della salute, e infine sull’accesso all’istruzione.
Ripercorrendo pedissequamente queste intenzioni e facendo il punto sulla condizione umana planetaria a causa delle religioni, non c’è da stare allegri.
Non c’è diritto umano fondamentale sul quale le caste sacerdotali, di qualunque religione, non riescano a porre intralci inaccettabili: la parità tra donna e uomo sconta una arretratezza culturale di derivazione religiosa, le religioni legittimano eticamente le classi politiche che finanziano le operazioni militari, la salute sconta una privatizzazione della cura per mano di organizzazioni religiose che hanno costruito imperi.
Se si prende ad esempio il caso italiano, l’istruzione privata cattolica ha una percentuale di penetrazione nel sistema scolastico e universitario direttamente proporzionale alla percentuale di analfabetismo funzionale della nazione.
Lucrano sulle debolezze e interferiscono sulle libere scelte, soprattutto in tema di diritti di autodeterminazione femminile, e ora dialogano fra di loro perché si creino i presupposti per una azione di potere planetaria condivisa.
Il grande sopravvalutato del momento, ovvero il nostro presidente del Consiglio Mario Draghi, ospite d’onore del circo unionista, ad un certo punto del suo discorso ha pronunciato una esortazione rivolta a tutti i capi religiosi presenti, piuttosto inquietante sia se valutata per come inserita nel contesto del discorso, ma anche se estrapolata: «Richiamate la politica all’azione coerente con il vostro messaggio».
Non ha riflettuto abbastanza sul fatto che la politica coerente con il messaggio religioso in questo momento storico è, ad esempio, quella dei talebani afghani, dei fratelli mussulmani nordafricani, dei guerriglieri di Boko haram nigeriani. Mentre da noi il punto più basso di politica coerente con il messaggio religioso, si è avuto con l’Inquisizione che ha espresso il più sconvolgente femminicidio di massa della storia dell’umanità ad opera dei banditi domenicani.
Ma il presidente del Consiglio i discorsi pubblici se li scrive da solo oppure glieli scrive qualcuno che si è imbucato negli uffici di Palazzo Chigi?

L’autrice: L’avvocato Carla Corsetti è segretario nazionale di Democrazia atea

 

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