La coincidenza è sinistra anche da un punto di vista temporale: sono passati cento anni dall’inizio degli assalti fascisti e squadristi alle Camere del lavoro, alle leghe operaie, alle Case del popolo, alle redazioni dei giornali. Cento anni da quando il fascismo si è affermato, con la connivenza dello Stato monarchico, plasmando il nostro Paese in senso totalitario e liberticida, trascinandolo nell’orrore delle leggi razziali e nella devastazione della Guerra. Ed è poi stato sconfitto, abbattuto dalla Resistenza sulle cui basi abbiamo edificato la nostra Repubblica, per sempre democratica grazie alla Costituzione.

Ecco perché i fatti di Roma assumono una valenza che va molto, molto al di là dell’atto vandalico in sé. Il blitz, guidato dagli esponenti neofascisti di Forza nuova, era premeditato e studiato. Doveva colpire in molteplici città in parallelo, raggiungere il cuore delle istituzioni, forse persino Palazzo Chigi.

E le immagini dalla sede nazionale della Cgil di Roma, con i vetri spaccati, i mobili rovesciati, persino un dipinto danneggiato dalla furia degli squadristi, hanno un valore simbolico enorme: per questo la risposta delle istituzioni democratiche deve essere immediata e durissima.

I leader di Forza nuova, dopo l’assalto, sono stati arrestati: considerando i loro pregressi ci si domanda come sia possibile che abbiano potuto organizzare e guidare una manifestazione come questa. Il 16 ottobre è stata invece convocata a Roma una grande manifestazione unitaria dei sindacati e per la democrazia. Tutte le forze politiche hanno il dovere di condannare quanto è avvenuto, e per questo il Partito democratico ha depositato immediatamente una mozione per richiedere lo scioglimento di Forza nuova, un atto doveroso.

Ma alcune considerazioni sui fatti di Roma, ad esempio da parte di Giorgia Meloni, sono irricevibili: la leader di Fratelli d’Italia evita accuratamente di individuare una matrice fascista nell’assalto alla Cgil, finge di non conoscere la storia del partito che guida (che, ancora oggi, espone la fiamma tricolore del Msi nel simbolo) e mente affermando che i nostalgici del fascismo siano sempre stati emarginati dal suo movimento. Abbiamo invece tutti ben presenti le inchieste delle ultime settimane, che hanno coinvolto esponenti nazionali e locali di Fratelli d’Italia. Imbarazzante anche la sua dichiarazione sul fatto che i neofascisti servano alla sinistra come strumento per attaccare i partiti politici della destra: Giorgia Meloni voti in Parlamento la mozione per sciogliere Forza nuova, allontani le persone di chiaro orientamento fascista elette nelle proprie liste in tutta Italia, persino a Milano, si allontani in Europa dall’alleanza con Orban e dalle sue derive autoritarie. Solo allora Giorgia Meloni, e con lei Salvini, avranno una qualche credibilità per uscire da questa perenne, inaccettabile ambiguità sui fondamenti stessi della nostra democrazia.

L'autore: L’eurodeputato Brando Benifei è capogruppo Pd al Parlamento europeo

[su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]
L'editoriale è tratto da Left dell'15-21 ottobre 2021
Leggilo subito online o con la nostra App [su_button url="https://left.it/prodotto/left-41-2021-15-ottobre/" target="blank" background="#ec0e0e" size="7"]SCARICA LA COPIA DIGITALE[/su_button]

[su_button url="https://left.it/left-n-41-15-ottobre-2021/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button]

[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

La coincidenza è sinistra anche da un punto di vista temporale: sono passati cento anni dall’inizio degli assalti fascisti e squadristi alle Camere del lavoro, alle leghe operaie, alle Case del popolo, alle redazioni dei giornali. Cento anni da quando il fascismo si è affermato, con la connivenza dello Stato monarchico, plasmando il nostro Paese in senso totalitario e liberticida, trascinandolo nell’orrore delle leggi razziali e nella devastazione della Guerra. Ed è poi stato sconfitto, abbattuto dalla Resistenza sulle cui basi abbiamo edificato la nostra Repubblica, per sempre democratica grazie alla Costituzione.

Ecco perché i fatti di Roma assumono una valenza che va molto, molto al di là dell’atto vandalico in sé. Il blitz, guidato dagli esponenti neofascisti di Forza nuova, era premeditato e studiato. Doveva colpire in molteplici città in parallelo, raggiungere il cuore delle istituzioni, forse persino Palazzo Chigi.

E le immagini dalla sede nazionale della Cgil di Roma, con i vetri spaccati, i mobili rovesciati, persino un dipinto danneggiato dalla furia degli squadristi, hanno un valore simbolico enorme: per questo la risposta delle istituzioni democratiche deve essere immediata e durissima.

I leader di Forza nuova, dopo l’assalto, sono stati arrestati: considerando i loro pregressi ci si domanda come sia possibile che abbiano potuto organizzare e guidare una manifestazione come questa. Il 16 ottobre è stata invece convocata a Roma una grande manifestazione unitaria dei sindacati e per la democrazia. Tutte le forze politiche hanno il dovere di condannare quanto è avvenuto, e per questo il Partito democratico ha depositato immediatamente una mozione per richiedere lo scioglimento di Forza nuova, un atto doveroso.

Ma alcune considerazioni sui fatti di Roma, ad esempio da parte di Giorgia Meloni, sono irricevibili: la leader di Fratelli d’Italia evita accuratamente di individuare una matrice fascista nell’assalto alla Cgil, finge di non conoscere la storia del partito che guida (che, ancora oggi, espone la fiamma tricolore del Msi nel simbolo) e mente affermando che i nostalgici del fascismo siano sempre stati emarginati dal suo movimento. Abbiamo invece tutti ben presenti le inchieste delle ultime settimane, che hanno coinvolto esponenti nazionali e locali di Fratelli d’Italia. Imbarazzante anche la sua dichiarazione sul fatto che i neofascisti servano alla sinistra come strumento per attaccare i partiti politici della destra: Giorgia Meloni voti in Parlamento la mozione per sciogliere Forza nuova, allontani le persone di chiaro orientamento fascista elette nelle proprie liste in tutta Italia, persino a Milano, si allontani in Europa dall’alleanza con Orban e dalle sue derive autoritarie. Solo allora Giorgia Meloni, e con lei Salvini, avranno una qualche credibilità per uscire da questa perenne, inaccettabile ambiguità sui fondamenti stessi della nostra democrazia.

L’autore: L’eurodeputato Brando Benifei è capogruppo Pd al Parlamento europeo


L’editoriale è tratto da Left dell’15-21 ottobre 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO