Quarant’anni fa uscì in Italia La storia infinita di Michael Ende. Roman Hocke, amico e agente letterario dell’autore, ripercorre la vicenda umana e culturale dello scrittore che negli anni 70 si trasferì a Genzano, vicino a Roma, e creò le sue opere

Nell’ottobre del 1981, esattamente quarant’anni fa, usciva per Longanesi l’edizione italiana de La storia infinita, il capolavoro di Michael Ende che ha appassionato milioni di persone in tutto il mondo. Pochi sanno però che questo libro fu concepito e scritto in Italia, a Genzano, un borgo dei Castelli Romani dove Ende ha vissuto per oltre un decennio. Per indagare questo legame misterioso e affascinante tra lo scrittore tedesco e la cultura italiana ho incontrato Roman Hocke, amico di Ende, grande conoscitore della sua poetica e suo agente letterario. Roman, che vive tra l’Italia e la Germania, mi accoglie nella sua residenza genzanese, non lontano dalla villetta in cui Michael Ende visse con la moglie Ingeborg Hoffmann tra il 1970 e il 1985.

Cosa spinse Michael Ende a lasciare la Germania?
In Germania Ende, sebbene il suo lavoro avesse trovato un grande riscontro di pubblico, si era confrontato con un clima intellettuale ostile. Erano gli anni 60, gran parte degli intellettuali erano vicini alla sinistra extraparlamentare e vedevano le sue storie fantastiche come un superficiale escapismo dal confronto con la realtà politica di allora. Erano naturalmente posizioni di stampo molto ideologico, ma a quel tempo era difficile uscire da questi schemi. Ricordo che Michael Ende si è sempre dichiarato orientato a sinistra, e non ha mai capito il senso di questa critica. Lui cercava la libertà di potersi esprimere e sviluppare i temi che gli interessavano. Per lui cambiare il mondo significava prima di tutto cambiare le cose nella testa della gente. Così, mentre in Germania, qualsiasi cosa facesse, ovunque andasse, anche ad una festa di amici, veniva criticato, perché si diceva che portava a far fuggire i giovani dalla realtà in mondi immaginari, arrivato qui in Italia, ha trovato un luogo con un’apertura culturale in cui poteva sviluppare il suo percorso liberamente, senza doversi giustificare con nessuno. In Italia non ha cercato solo il buon vivere, che pure apprezzava moltissimo. Qui ha trovato persone con cui fare lunghe discussioni su questo suo sentiero artistico-letterario, per trovare alla fine poi se stesso.

E come mai Ende scelse di trasferirsi proprio a Genzano?
Il rapporto di Ende con l’Italia risale già alla metà degli anni 60. Ogni estate scendeva con la moglie Ingeborg a Roma, dove erano ospiti della scrittrice Luise Rinser. Poi, nel 1967 quando decisero di trasferirsi definitivamente, Luise volle presentarli a mio padre, Gustav René Hocke. Mio padre aveva scritto Il mondo come labirinto, che nell’ambito degli artisti e degli scrittori fantastici è un po’ una bibbia, perché restituisce dignità all’arte fantastica, dall’antichità fino al giorno d’oggi, contrapponendola al filone classico, che sempre ciclicamente domina il…


L’articolo prosegue su Left del 22-28 ottobre 2021

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