Nel suo nuovo libro intitolato Neofascismo in grigio (Einaudi) lo storico Claudio Vercelli indaga la galassia della destra radicale tra l’Italia e l’Europa, mostrando anche come certe parole d’ordine della destra estrema nel Bel Paese siano diventate pericolosamente “mainstream” grazie a partiti come la Lega e Fratelli d’Italia che ammiccano continuamente a frange estreme. Ma attenzione, avverte il professore, “sovranismo”, “populismo”, “neonazionalismo”, ma anche “identitarismo” e “fondamentalismo” sono fenomeni dei tempi correnti. Non si riesce a fare luce sulla metamorfosi dei gruppi neofascisti e sul loro tentativo di proiettarsi verso una più ampia platea se la si legge come ritorno del fascismo storico. Per comprendere questi fenomeni regressivi e violenti che investono l’attualità occorre distinguere fra il fascismo storico, che è stato sconfitto dalla Resistenza e le forme che assume oggi. «Il fascismo storico occupò una intera società e un intero Paese per circa venti anni. Quel regime, per come fu allora, è irripetibile oggi – spiega Vercelli – anche perché le epoche storiche sono distinte; diversissime sono le condizioni sociali, culturali, economiche. Questo – sottolinea il professore – è un primo punto da cui partire per evitare la trappola dell’idea dell’eterno ritorno».
La tesi dell’Urfascismo sostenuta in particolare da Umberto Eco sottintendeva una inaccettabile idea di un fascismo innato nella natura umana; un’idea di immodificabilità e ci consegnava alla rassegnazione. La proposta che viene invece da Claudio Vercelli (e da Emilio Gentile) è di considerare il fascismo come un fatto storico, non metastorico ed eterno.
Professor Vercelli il fascismo storico è stato definitivamente sconfitto nel 1945?
Il 1945 segnò la conclusione di una guerra mondiale, scatenata dal nazifascismo. Quella data fu per il fascismo una gigantesca battuta di arresto, anzi direi di più fu la conclusione di una traiettoria.
I neofascismi sono nati dopo?
I neofascismi sono nati sulle macerie del 1945, sono vissuti e vivono in condizioni di semi clandestinità oppure su una linea di legalità molto stringente rispetto al loro operato, come si evince dalla storia del Movimento sociale italiano (Msi). Governi costituzionali e liberal-democratici dal 1945 in poi hanno imbrigliato le spinte radicali di destra. Non le hanno azzerate, ma le hanno quanto meno tenute dentro un sistema di vincoli perché restassero gruppi minoritari, anche dal punto di vista numerico. Oggi aree ideologiche neofasciste circoscritte possono però farsi eco di gruppi radicali in senso lato, raccogliendo una serie di umori, di atteggiamenti, una serie di pensieri e di condotte che sono ben più diffuse e…
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