Il rapporto tra la Corte costituzionale federale tedesca (Fcc) e la Corte di giustizia europea (Cgce) è caratterizzato da una collisione generale tra due prospettive contraddittorie: la prospettiva dello spazio giudiziario europeo esige logicamente il primato del diritto europeo sul diritto nazionale. Tuttavia, la prospettiva nazionale insiste sul fatto che tutte le competenze europee si basano sulla decisione nazionale di delegare la sovranità radicata nella Costituzione e quindi soggetta alla giurisdizione locale.
Le due Corti sono ben consapevoli del loro disaccordo fondamentale e per decenni hanno gestito questa tensione fondamentale eludendo una decisione finale della questione. La Fcc ha sempre più accettato il ruolo ricoperto dalla Corte di giustizia nella salvaguardia dei diritti fondamentali, ma ha espresso alcune riserve: il livello europeo non può di per sé rivendicare nuove competenze e se i limiti di competenza sono violati, il giudice nazionale deve essere alla fine in grado di verificare se l’Ue è ultra vires, al di là cioè delle sue competenze giuridiche dei trattati.
Con il suo giudizio sul Programma di acquisto di titoli pubblici (Public sector purchase programme, Pspp) della Banca centrale europea (Bce), la Fcc ha per la prima volta deciso di entrare in un conflitto ultra vires di questo tipo, in seguito a un parere della Corte di giustizia europea che non teneva conto del necessario controllo di proporzionalità. Tuttavia, la Corte ha lasciato abbastanza tempo a tutti gli attori per reagire, cosa che infatti è accaduta. Dopo che la Bce ha presentato un esame di proporzionalità, la Corte ha accettato e ha respinto un altro ricorso contro il Pspp.
Dopo che il conflitto sopra citato è stato risolto e la collisione Fcc-Corte di giustizia europea è tornata nel suo solito limbo legale, la Commissione ha avviato una procedura di infrazione contro la Germania, riaccendendo così il contrasto già esistente. La Commissione ha attaccato profondamente le fondamenta stesse del dogma della Fcc sull’integrazione europea, sostenendo che i tribunali nazionali non avrebbero mai potuto pronunciarsi sui trattati dell’Ue e che si sarebbero dovuti limitare a chiedere all’infinito nuovi pareri della Corte di giustizia per riconsiderare la sua posizione. Questo modus operandi delle commissioni si è potuto benissimo notare nel contesto del conflitto con l’Ungheria e la Polonia e nella questione ancor più fondamentale degli strumenti dell’Ue per lo stato di diritto negli Stati membri.
In effetti, la sentenza Fcc conferma l’argomentazione generale a favore del controllo ultra vires da parte delle Corti nazionali. Ma questo è stato ampiamente frainteso e strumentalizzato da Orban e Kaczynski. Le differenze tra il caso tedesco e quello polacco sono fondamentali: per prima cosa, la Fcc non ha attaccato la competenza della Corte di giustizia in linea di principio, ma ha chiesto che la Corte di giustizia svolga il suo ruolo di controllo dello sviluppo delle competenze dell’Ue sulla base dei trattati. In più, la Fcc non è nominata dal governo tedesco, né il governo ha avuto alcuna parte nella sentenza. Al contrario, il governo polacco ha chiesto al suo Tribunale costituzionale di pronunciarsi sulla compatibilità della costituzione polacca con i trattati dell’Unione europea e sta pesantemente appoggiando politicamente tale decisione nel suo conflitto con l’Ue e nella sua lotta nazionale contro lo Stato di diritto. Peraltro, i governi di estrema destra sostengono che i trattati non forniscono alcuna base giuridica reale per nuovi strumenti per l’azione dell’Ue sulle violazioni generali dello Stato di diritto negli Stati membri. L’unica competenza valida in questo senso è l’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea. Il vero problema è che non c’è nessuna volontà politica di determinare che vi è quantomeno un chiaro rischio di grave violazione dei valori come stato di diritto nell’articolo 7.
Tornando alla Corte tedesca, la Fcc rappresenta in ogni caso uno strumento per gli attori tedeschi a livello europeo. Le forze di opposizione, sia di destra che di sinistra, utilizzano regolarmente i ricorsi costituzionali per cercare di limitare i progetti politici dell’Ue sostenuti dal governo. Il gruppo Left del Bundestag è attualmente impegnato in una procedura di denuncia contro il cosiddetto “Fondo europeo di difesa” con l’argomentazione che i trattati Ue vietano il finanziamento delle spese militari operative (articolo 41 Tue).
Anche le forze di destra dell’opposizione stanno regolarmente presentando ricorsi alla Corte, a volte con il sostegno dei parlamentari del Partito conservatore, al potere da lungo tempo. Questo ha sostenuto la dura posizione tedesca contro il finanziamento comune e la sua richiesta di severe misure di austerità, istituzionalizzandola. Il Bundestag tedesco ha competenze esplicite in merito al Meccanismo europeo di stabilità (Mes), cosicché nelle decisioni fondamentali ha un vero potere di veto. La Fcc ha basato la sua tesi sul principio assoluto della democrazia nella Costituzione, che implica anche un controllo sostanziale del bilancio tedesco che non può essere predeterminato dagli obblighi comunitari o da strumenti europei finanziariamente ampi, con una possibile decisione a maggioranza contro Berlino. La Germania è storicamente restrittiva nel settore della finanza europea e ha rafforzato la sua posizione attraverso i trattati europei, il patto di stabilità e crescita e il mandato della Bce. Se dovessero adottare le necessarie misure per costituire un debito europeo comune e un finanziamento comune, esse saranno certamente contestate dalle forze conservatrici di destra dinanzi alla Fcc.
Per concludere, la sentenza Fcc sul trattato di Lisbona del 2009 ha introdotto limiti generali per un’ulteriore integrazione europea che sono rilevanti anche per la sinistra: secondo la Costituzione tedesca, nessuna istituzione del Paese può condurre la Germania all’interno di uno Stato federale europeo o in un livello di integrazione europea che abbia la facoltà di decidere sulle sue competenze. La Fcc esclude la possibilità, per l’Ue, di essere un soggetto di legittimità europea. Qualsiasi vera democratizzazione dell’Unione europea che spostasse in modo sostanziale il quadro della sovranità nazionale verso una sovranità europea sarebbe, pertanto, limitata dalla Costituzione tedesca e non potrebbe essere attuata da alcuna maggioranza al governo o al Parlamento. L’unico modo, per la Germania, di arrivare a una nuova fase qualitativa dell’integrazione europea risiederebbe nella scelta di promulgare una Costituzione completamente nuova, decisa dal popolo tedesco tramite referendum.
(traduzione dall’inglese di Alessia Gasparini)
L’autore: René Jokisch è parlamentare di Die Linke al Bundenstag (referente per le politiche europee). Questo articolo è stato scritto nell’ambito di Media alliance, di cui fa parte anche Left, un progetto di transform!Europe in partnership con transform!Italia