Tra le risorse da assegnare agli enti locali, attraverso la legge di bilancio da approvare entro fine anno, si continua a mantenere il gap miliardario che separa le regioni del Nord da quelle del Mezzogiorno. Anche perché i Lep, livelli essenziali di prestazioni nei servizi pubblici, non sono mai stati definiti

Sempre più grave, sempre più pressante, sempre più sconvolgente è l’attacco che il governo Draghi, con la complicità di tutti o quasi i partiti presenti nel Parlamento, sta portando al Mezzogiorno. Nella Legge di bilancio, infatti, viene riproposto un metodo di ripartizione dei fondi pubblici che danneggia il Sud, non riconoscendogli quanto gli spetterebbe di diritto. Per capire cosa è successo, però, occorre fare un passo indietro.

La modifica del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, doveva portare alla definizione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che avrebbero dovuto essere uno strumento per garantire l’applicazione, in tutte le Regioni, degli stessi standard minimi di qualità per i servizi pubblici essenziali (come istruzione, salute, assistenza sociale, ecc.). Una volta definiti questi standard minimi, lo Stato sarebbe dovuto intervenire per sostenere finanziariamente quei territori che ne avessero avuto necessità al fine di fornire i servizi della qualità stabilita. Tuttavia, in 20 anni, i Lep non sono mai stati definiti.

Successivamente la legge sul federalismo fiscale del 2009 prevedeva che lo Stato colmasse integralmente – tramite un fondo perequativo – il gap tra la capacità fiscale e il fabbisogno degli enti locali. Anche questo però non è avvenuto. Addirittura quando nel 2015 il leghista Giorgetti, attuale braccio destro di Draghi, chiese una simulazione della perequazione al 100% i dati non vennero mai resi pubblici, perché «se fosse stata applicata la legge Calderoli ai comuni del Sud sarebbero arrivati decine e decine di milioni in più, anche centinaia» come rivelato da Sigfrido Ranucci nell’inchiesta di Report sul federalismo fiscale che andò in onda nel novembre 2019. In un’audizione del 2015 alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo da lui presieduta all’epoca, l’onorevole Giorgetti chiese cosa succederebbe «se applicassimo non il 20 per cento, ma il 100 per cento della perequazione». Quale sarebbe l’effetto di una perequazione piena? Per poi commentare…


L’articolo prosegue su Left del 10-16 dicembre 2021

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