Siamo nell’epoca in cui la tiepidezza è una virtù. Non è una roba nuova: la scala dei grigi ha partorito presunti leader che avevano così le mani libere per poter dire tutto e il contrario di tutto e quando la politica diventa semplicemente l’arte del galleggiamento e dell’autopreservazione essere incolori e insapori è un asso nella manica. Ora mettiamoci anche l’avvento dei migliori, il fingersi tecnici per non essere costretti a prendere posizioni politiche e così avrete il menu perfetto per sfondare.
La starlette di questo tempo è senza ombra di dubbio il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e il fatto che non ne abbiate mai sentito parlare significa che l’immersione è stata vincente: fare politica senza farsi vedere è una medaglia da indossare, di questi tempi. Mica per niente Guerini ama definirsi «politico di provincia», sempre intento a smussare lo smussabile per arrotondarsi e stare bene su tutto. Così quel giovane consigliere comunale a Lodi nel 1990 è riuscito a passare indenne alle tempeste senza sgualcirsi il colletto. Ragioniere, laureato in Scienze politiche alla Cattolica di Milano, ufficialmente assicuratore di professione ma da sempre politico a tempo pieno Lorenzo Guerini è lo scaricatore di amicizia più veloce del west solo che a differenza del suo antico nume tutelare Matteo Renzi riesce a farlo con una grazia morbidamente cattolica che non gli incrina la nomea del bravo ragazzo. Da politico più potente del lodigiano si è scrollato di dosso Gianpiero Fiorani (mentre quello affogava con la Banca Popolare di Lodi) come se fosse uno sbuffo di forfora.
Rieletto sindaco nella sua città promise solennemente a tutti gli iscritti del Partito democratico che mai e poi mai avrebbe ceduto alle tentazioni romane. Promessa non mantenuta. Mentre fingeva di essere il ragazzetto di provincia con le braghette corte prese la vice direzione del partito e divenne l’amico più fidato di Matteo Renzi (un altro con una visione mefistofelica dell’amicizia in politica) per il quale tesseva trame adottando sempre il solito copione: mentre Renzi faceva lo spaccone lui ripeteva ossessivo la sua litania di dover «trovare una sintesi» e di «lavorare per un’intesa». Fa niente che poi nel frattempo Renzi abbia ribaltato tutto per davvero, martellando un Pd poi lasciato malconcio: Guerini riesce a mantenere sempre intatta la sua fedina politica, un fantasma sempre capitato lì per caso. Dentro il Pd dopo il successo di Renzi con il 40% alle europee molti sorridevano sentendo “Arnaldo” (così lo chiamava Renzi in omaggio a Forlani) ripetere che…
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