Il presidente Obrador ha offerto asilo politico a Julian Assange, sollecitando Londra a liberarlo. Ma per il terzo anno consecutivo il Messico, assieme all’Afghanistan, è in cima alla lista dei Paesi più pericolosi per i giornalisti

«Julian Assange merita un’opportunità di riscatto. Sono a favore del suo indulto. Chiedo al segretario degli esteri di sollecitare al governo della Gran Bretagna la sua libertà, il Messico gli offre asilo politico». Con queste parole il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, rilancia la figura del Paese latino come terra di rifugio internazionale. Lo aveva già fatto pochi anni fa per il presidente boliviano Evo Morales che, prima di riparare in Argentina, era stato accolto proprio da Obrador, e lo ha ripetuto nei primi giorni del 2022. «Il diritto di asilo è un orgoglio della politica del Messico. Assange non rappresenta nessun pericolo per noi», ha ribadito in conferenza stampa, rivelando poi un particolare inedito. «Prima che terminasse il mandato di Trump, scrissi al presidente Usa chiedendo il perdono per Assange poiché, a fine mandato, i presidenti possono adoperarsi per questo atto. Non ebbi risposta». Non ci sono ancora riscontri sulla sua proposta al governo britannico, ma Obrador ha comunque ricevuto pieno sostegno dall’opinione pubblica messicana che, orgogliosamente, vede il proprio Paese aprire le porte a chi, dopo essere stato rifugiato 7 anni presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, ora, in prigione in Inghilterra, rischia una condanna a 175 anni di carcere se estradato negli Stati Uniti. Il presidente ha quindi ribadito che la disponibilità del Messico a concedere l’asilo politico all’attivista australiano è un «gesto di fratellanza e solidarietà poiché il diritto di asilo è un punto di orgoglio della politica estera messicana». 

All’apertura umanitaria verso chi fa dell’informazione un ideale di vita, corrisponde l’altro lato della medaglia che vede il medesimo Paese indossare la maglia nera in tema di pericolosità per i propri giornalisti. E i numeri nel 2021 sono impietosi. Per la terza volta consecutiva il Messico, assieme all’Afghanistan, è in cima alla lista delle nazioni più letali per i giornalisti con sette professionisti uccisi. Non lo scrivono gli oppositori del presidente messicano, in crescita secondo le ultime elezioni, ma sono i dati di Christophe Deloire dal rapporto annuale di Reporters sans frontières.

Fredy López Arévalo, Manuel González Reyes, Jacinto Romero Flores, Ricardo López Dominguez, Saúl Tijerina Rentería, Gustavo Sánchez Cabrera e Benjamín Morales Hernández fanno parte della triste lista dei 47 giornalisti messicani morti negli… 


L’articolo prosegue su Left del 14-20 gennaio 2022 

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