A causa degli interessi commerciali che ruotano intorno ai vaccini metà del pianeta non ha avuto nemmeno una dose, mentre decine di Paesi sono già alla terza. E lo squilibrio tra Nord e Sud del mondo nella lotta al Covid ha un impatto indiretto devastante sui sistemi sanitari dei Paesi poveri

Non si sa se è una donna o un uomo, né se è un giovane o un anziano, oppure un medico o una persona con elevata fragilità. Sappiamo solamente che si tratta di un cittadino del Rwanda colei o colui il quale ha ricevuto (o sta per ricevere) la miliardesima dose di vaccino anti-covid distribuita nell’ambito del progetto Covax coordinato dalle Nazioni Unite e nato con l’obiettivo di immunizzare nel più breve tempo possibile le popolazioni dei Paesi a medio e basso reddito.

Il 15 gennaio scorso la “miliardesima dose” è atterrata insieme a un carico di 1,1 mln di fiale all’aeroporto di Kigali rappresentando una pietra miliare della più grande operazione di approvvigionamento e fornitura di vaccini della storia che ha coinvolto in un anno 144 Paesi di tutti i continenti. Fin qui la buona notizia. Quella che introduce uno scenario meno esaltante è che il programma Covax ha compiuto un deciso salto in avanti in termini di numero di somministrazioni solo nelle ultime settimane: a dicembre infatti sono state il doppio rispetto al mese precedente ma non è sufficiente per guardare il futuro con ottimismo. Al 13 gennaio scorso, su 194 Paesi membri aderenti all’Oms, 36 non sono ancora arrivati a vaccinare nemmeno il 10% della popolazione e altri 88 sono sotto la quota del 40%. Per fare un esempio, nel solo continente africano oltre l’85% delle persone deve ancora ricevere la prima dose. E a livello globale il 49% della popolazione mondiale non ha ricevuto nemmeno una dose. Siamo insomma molto lontani dal traguardo fissato in ottobre dall’Organizzazione mondiale della sanità di vaccinare contro il Covid il 70% della popolazione di ogni Paese entro la metà del 2022.

Le ambizioni di Covax sono state compromesse fin qui da molteplici fattori. L’accendersi di focolai nei Paesi poveri ha portato al blocco delle frontiere e di conseguenza dell’approvvigionamento di dosi; contestualmente c’è stata (e prosegue senza sosta) la corsa all’accaparramento di vaccini e all’accumulo di scorte nei Paesi ricchi (dove le somministrazioni sono state circa 7 miliardi, considerando le quattro dosi). E pesa la mancanza di volontà di condividere licenze, tecnologia e know-how da parte delle grandi farmaceutiche produttrici dei vaccini approvati, impedendo che la capacità di produzione di almeno 120 aziende presenti in Asia, Africa e America latina fosse sfruttata. Secondo un studio pubblicato il 10 dicembre da Medici senza frontiere e Imperial college di Londra tante sono le farmaceutiche in grado di produrre i miliardi di dosi di vaccino necessari per contrastare la diffusione del Covid nei Paesi poveri e ridurre il rischio di nuove varianti che come abbiamo visto anche con la Omicron arrivano velocemente ovunque.

Msf e gli esperti dell’Imperial college sono convinti che queste 120 aziende possano ottenere fino a 8 miliardi di dosi di vaccino mRna in un anno se fossero temporaneamente sospese le licenze e condiviso il know how tecnologico come ormai da oltre un anno richiedono presso l’Organizzazione mondiale del commercio oltre 100 Paesi guidati da India e Sudafrica. «Di fatto – ha detto nei giorni scorsi la direttrice del programma di salute globale di Society for international development Nicoletta Dentico in un intervento radiofonico su Radio3 a Tutta la città ne parla – se si fosse liberalizzata la proprietà intellettuale sarebbe stata decentrata la produzione di tutto ciò che serve contro il Covid». C’è un precedente che riguarda la moratoria sulle licenze: quella concessa per produrre il vaccino contro il vaiolo, tuttavia questa fondamentale decisione trova la ferma opposizione, tra gli altri, dell’Unione europea, e come abbiamo raccontato su Left doveva essere discussa a fine 2021 ma è stata rimandata a marzo prossimo. Nel frattempo la variante Omicron corre ed è segnalata dall’Oms in 142 Paesi di cui 36 africani dove in breve è diventata il tipo dominante.

La sospensione delle licenze risolverebbe anche un altro problema che rallenta l’immunizzazione globale, cioè anche quella di Paesi ricchi come l’Italia. Più volte abbiamo sentito in questi mesi pomposi annunci di donazione di milioni di dosi di vaccino da parte delle grandi economie al programma Covax. Ebbene, spesso è stato scoperto che i lotti donati contengono solo fiale prossime alla scadenza. Disfarsi di dosi…


L’inchiesta prosegue su Left del 21-27 gennaio 2022 

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SOMMARIO

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).