A un anno dalle prossime elezioni, il Sultano perde sempre più consensi, da parte delle donne e della generazione Zeta. Parla dall’esilio la parlamentare del Partito democratico dei popoli che da molti anni ha abbracciato la causa curda

Tra pandemia, difficoltà politiche, nuove crisi che hanno avuto risalto internazionale, è calato il silenzio su quanto accade in Turchia, in un’area vicina e governata da un dittatore con cui, lo ha affermato il presidente del Consiglio Draghi, bisogna dialogare perché “utile”. Il 15 febbraio saranno trascorsi 23 anni dal giorno in cui Abdullah Öcalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) vive rinchiuso nell’isola-carcere di Imrali, senza avere prospettive di futuro. Öcalan, ricordiamo, venne catturato a Nairobi da un commando turco dopo che le autorità italiane nel 1998 gli avevano negato l’asilo politico. Il presidente/dittatore Tayyip Erdoğan sembra dominare indisturbato ma la società civile turca, nonostante la riduzione degli spazi democratici, non resta immobile anzi, reagisce, anche politicamente, esponendosi a rischi. In questi giorni è in Italia Nursel Aydoğan, deputata dell’Hdp, il Partito democratico dei popoli, spesso presentato superficialmente come partito dei curdi.

«Sono nata a Bursa, sono turca ma ho scoperto a 18 anni la causa curda e all’università sono entrata a far parte del movimento rivoluzionario – esordisce – Studiavo ad Ankara, fra il 1977 e il 1982, quando la causa curda era ignorata. Dopo il golpe del generale Kenan Evren nel 1980 il nostro movimento è stato liquidato ma ho continuato a lottare. Ho seguito i movimenti per la giustizia e la libertà delle donne, poi sono stata dirigente sindacale e dal 1999 al 2005 sono stata segretaria del Tuhad – Fed, la federazione delle associazioni che sostengono le famiglie dei detenuti. Intanto i partiti curdi hanno iniziato a presentarsi alle elezioni, dovendo cambiare ogni volta nome perché venivano dichiarati illegali. Il Bdp (Partito della pace e della democrazia) che succedette al Dtp (Partito della società democratica) e poi l’Hdp, il Partito democratico dei popoli. Con l’Hdp sono stata eletta parlamentare fra il 2011 e il 2017, nella circoscrizione curda di Diyarbakir, ma il 4 novembre del 2016 mi hanno arrestata, insieme ai coopresidenti del partito, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Ho passato sei mesi di carcere a Silvri, nei pressi di Istanbul, poi il rilascio e, due giorni dopo, un nuovo mandato d’arresto, nonostante l’immunità parlamentare, per motivazioni politiche. Questo è illegale e fascista, quindi mi sono rifugiata in Germania da dove continuo la mia lotta».

Ma anche dalla Germania può raccontare con chiarezza quanto avviene nel suo Paese e lo fa in maniera netta: «Abbiamo un regime autocratico. Gli organi di informazione sono sotto pressione con centinaia di giornalisti arrestati, radio e tv di opposizione chiuse. Simile sorte per le associazioni delle donne e della società civile. È stato chiesto di rendere illegale anche il mio partito. Tutto è sotto il controllo del partito di governo (Akp), decine di migliaia di persone subiscono processi o sono in carcere con l’accusa di aver offeso o criticato Erdoğan. Chi scende in piazza per manifestare il proprio dissenso rischia molto. Non ci sono tribunali indipendenti, tutto è…
(traduzione di Alessandro Nobili)


L’articolo prosegue su Left dell’11-16 febbraio 2022 

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