Il punto più basso è forse stato lo show del presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato nella conferenza stampa indetta per spiegare la decisione con cui la Consulta il 15 febbraio ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sul suicidio assistito. «Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente. Si sarebbe finito per legittimare l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta l’eutanasia», ha detto Amato per giustificare la sentenza. Una iniziativa inedita quella di convocare i giornalisti così come è inedito che la Corte si senta in dovere di motivare una propria decisione. «Vi dico una cosa che non potrei dire – ha proseguito Amato – ma non è detto che se si fosse presentata la questione in termini di legittimità costituzionale dell’omicidio del consenziente la nostra decisione non avrebbe potuto essere la stessa che abbiamo preso sul suicidio assistito», cioè la depenalizzazione a determinate condizioni. «Occorre dimensionare il tema dell’eutanasia alle persone a cui si applica – ha infine detto il presidente della Corte costituzionale – ossia a coloro che soffrono. Non potevamo farlo sulla base del quesito referendario, con altri strumenti può farlo il Parlamento».
Che il suicidio assistito in Italia crei inevitabili frizioni (del resto siamo il Paese che ha appaltato da secoli la propria morale alla Chiesa) è risaputo ma che il capo della Consulta intervenga con una conferenza stampa fortemente politica indica che oltre al Vaticano anche altri poteri brighino per svilire una battaglia di civiltà. È il solito trucco di minare agli occhi dell’opinione pubblica la credibilità dei comitati promotori di un referendum per demolirne il principio senza entrare nel merito. «L’hanno dipinto come un referendum sull’eutanasia, mentre era sull’omicidio del consenziente, e formulato in modo da estendersi a situazioni del tutto diverse da quelle per cui pensiamo possa applicarsi l’eutanasia. Un risultato costituzionalmente inammissibile – ha reagito Marco Cappato a nome dell’associazione Luca Coscioni -. Dire che nel quesito si parlava di eutanasia e non di omicidio del consenziente contiene una manipolazione della realtà. Il quesito è come stabilito dalla Corte di Cassazione sull’omicidio del consenziente. Se Amato non gradisce i termini della nostra propaganda politica, ciò non ha nulla a che vedere con l’ammissibilità. O c’è un errore materiale nel giudizio dei due quesiti, o c’è un attacco in malafede al comitato promotore. Scelga il presidente della Corte quale delle due possibilità».
Ciò che è certo è che alla Camera dei deputati gli emendamenti sul testo della legge che deve introdurre in Italia il suicido assistito (ovvero il momento in cui il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo dalla persona malata) ora costringono i partiti a…
* Illustrazione di Chiara Melchionna
Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE