Fino a pochi mesi fa in onore della Merkel dalle nostre parti era tutto un elogio continuo alla vicina Germania per come conduceva le politiche del lavoro. Tra i centristi (e non solo) vige una strada regola per cui innamorarsi dei leader degli altri e adottarli come modello è un’abitudine continua. Ogni volta c’è qualche personaggio politico da proporre come faro per non prendersi nemmeno la briga di dover studiare il benché minimo compitino.
Mentre da noi Calenda ha pensato di fare la figura del progressista proponendo un salario minimo di 7 euro all’ora durante il congresso con i suoi azionisti di partito, la Germania proprio ieri ha varato un aumento del salario minimo a 12 euro all’ora dagli attuali 9,82: un rialzo di oltre il 20% che sarà in vigore dal primo ottobre. Il via libera è arrivato dal gabinetto tedesco, annunciato in conferenza stampa a Berlino dal portavoce del governo Steffen Hebestreit. L’aumento era uno dei progetti fondamentali dei socialdemocratici, concordati nel programma con Verdi e Liberali. Per chi lavora 40 ore settimanali si arriverà a circa 2.110 euro mensili, mentre ora la paga base non poteva scendere sotto i 1.621 euro (secondo gli ultimi dati Eurostat). Badate bene: stiamo parlando di salario minimo, non di stipendio medio.
Non sono passate due settimane dall’accordo in Spagna tra governo e sindacati (lì i sindacati non vengono presi a calci ma addirittura consultati, strano vero?), il salario minimo è stato fissato a 1.000 euro su 14 mesi, con validità retroattiva al primo gennaio. Sono 35 euro in più rispetto all’attuale stipendio minimo che si attestava a 965 euro al mese per quattordici mesi. Alcune associazioni di imprenditori si sono sfilate dall’accordo, protestando. Il governo spagnolo ha tirato dritto.
il Lussemburgo è in testa alla classifica dei Paesi Ue, con 2.256 euro di salario minimo mensile. Si parte da 1.774 euro in Irlanda, da 1.725 in Olanda. Poi 1.658 euro in Belgio, 1.603 in Francia. Segue la Spagna che su 12 mensilità passa da 1.125 a 1.167 euro, quindi la Slovenia a 1.074 euro, Portogallo 822, Malta 792, Grecia 773, Lituania 730, Grecia 773, Polonia ed Estonia 654. Le ultime due nazioni sopra i 600 euro sono Slovacchia (646) e Croazia (623). In Ungheria si scende a 541, in Romania a 515 euro. Fanalino di coda dell’Unione europea è la Bulgaria con 332 euro.
Da noi esiste una proposta di legge firmata da Nunzia Catalfo che vorrebbe fissarlo a 9 euro lordi. Il Pd, per bocca del segretario Letta, si dice d’accordo con l’introduzione del salario minimo ma ne parla come un obiettivo di medio-lungo periodo. Non è una dichiarazione granché confortante. Forza Italia invece vorrebbe un salario minimo legato alla produttività: «Pretendere salari più elevati a prescindere creerebbe un cortocircuito tale da mettere in ginocchio interi comparti economici», ha detto qualche giorno fa la presidente di Forza Italia, Anna Maria Bernini, dimostrando di non avere idea di cosa sia il salario minimo. Gli altri? Muti e contrari.
Evidentemente la Germania non è più un modello.
Buon giovedì.