Siamo ancora nella terra di nessuno. Lontano dai riflettori mediatici che si sono accesi dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il referendum promosso dall’associazione Luca Coscioni, nei letti d’ospedale e nelle abitazioni di chi vive con un malato terminale, l’eutanasia clandestina, o nascosta, non conosce soluzione di continuità. L’Italia resta senza una legge che regola il diritto a una morte dignitosa e, al di là della decisione della Consulta o dalla mancanza di un serio e laico dibattito politico, chi vive il dramma personale e familiare di una malattia che intrappola il paziente terminale in una condizione di sofferenza insopportabile rimane solo a prendere scelte drammatiche definitive e fuori dall’ordinamento penale, come il suicidio o l’omicidio di un malato consenziente.
Una regolamentazione sul fine vita che garantisca il diritto del malato terminale a una morte dignitosa si aspetta dal novembre 1984 quando al governo c’era Bettino Craxi e il Parlamento viveva la IX legislatura. La proposta di legge recava il numero 2405 e si intitolava “Norme sulla tutela della dignità della vita e disciplina della eutanasia passiva”. Non se ne fece nulla. Chissà se è una coincidenza ma a febbraio di quell’anno Craxi aveva rinnovato i Patti lateranensi di Mussolini e 4 mesi dopo il deposito di quella proposta sull’eutanasia passiva fu promulgata la legge di ratifica del nuovo Concordato con l’introduzione dell’8permille e dell’ora di religione, due capisaldi della ingerenza ecclesiastica nel vissuto quotidiano dei cittadini italiani. Da allora nulla è cambiato. Nemmeno dopo che in Svizzera è stato reso legale il suicidio assistito (cioè l’auto somministrazione di un veleno da parte del malato sotto controllo medico), che è accessibile anche ai cittadini stranieri (alla modica cifra di 12mila euro in media).
Dunque l’eutanasia in Italia c’è ma ufficialmente non…
Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE