Su 405 zone “rosse” dove il caporalato è particolarmente diffuso, ben 129 sono nel Settentrione. Lo denuncia la Flai Cgil in un report. «Il rischio è che la crisi dell’agricoltura legata alla guerra in Ucraina aggravi il quadro» dice il sindacalista Jean-René Bilongo

Radicchio, asparagi, mele, pere, kiwi e uva. Sono la frutta e la verdura che stavano coltivando e raccogliendo sei braccianti, originari del Marocco, quando ispettori del lavoro e carabinieri sono arrivati a sorpresa nei campi. E hanno scoperto che il padrone, un imprenditore quarantenne, sfruttava il loro lavoro senza un regolare contratto. Inoltre, secondo gli inquirenti, il titolare di una nota azienda agricola avrebbe collaborato con una cooperativa che si occupa di intermediazione di lavoro agricolo, la quale avrebbe fornito altra manodopera su cui speculare, da mettere all’opera aggirando le leggi, e le paghe. Risultato: multa da oltre 100mila euro e denuncia penale.

L’episodio, avvenuto lo scorso 5 marzo, a prima vista potrebbe sembrare uno dei tanti casi di avidità, illegalità e razzismo che si consumano nelle campagne italiane del Mezzogiorno. Ma, piccolo particolare, i fatti non si sono svolti al Sud. Siamo a Codevigo, piccolo paese di seimila anime nel padovano, a ridosso del fiume Brenta e a due passi dalla laguna veneta. E proprio qui, non a caso, è…


L’articolo prosegue su Left dell’1-8 aprile 2022 

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