Che la coerenza non sia una qualità di molta classe dirigente (non solo politica) in Italia lo sappiamo da tempo. Ma che il ministro della guerra Lorenzo Guerini provi a convincerci dell'ineluttabilità e addirittura della moralità che c'è nell'aumentare le spese militari è qualcosa che grida (pacifica) vendetta. Era il 2014 quando Guerini (all'epoca vicesegretario del Pd) insieme all'allora sottosegretario Graziano Delrio con il gruppo Pd in commissione Difesa lavorava per equilibrare le «spese per la "funzione difesa" sulla base del paradigma 50-25-25, cioè 50 per cento per il personale, 25 per cento per l’esercizio e 25 per cento per gli armamenti». Se così fosse, si produrrebbero «risparmi nella spesa militare per armamenti non inferiori ad un miliardo di euro annui per il prossimo decennio». Avevano scritto proprio così. Al tempo Guerini incassò anche gli applausi dell'allora Udc Pier Ferdinando Casini che disse testualmente: «Gli impegni militari servono ma io credo che faccia bene il governo, pur confermando gli impegni internazionali, ad alleggerire il programma previsto sugli F-35 perché siamo in una fase di difficoltà economiche e abbiamo necessità di dare ossigeno all'economia». Era il periodo in cui il Pd veniva raccontato così su Huffington Post: «Rendere "sostenibile gli investimenti nel settore dei sistemi d'arma con le esigenze di finanza pubblica". Nel mirino c’è il programma di acquisto dei cacciabombardieri americani F-35: da sospendere e ridurre. Ma c’è anche il programma "Forza Nec", costo oltre 20 miliardi di euro: da sospendere. E poi ci sono anche le due portaerei in Marina militare: troppe, una delle due, via (probabilmente la Garibaldi). Creare “un organismo di controllo sulla qualità degli investimenti” perché al momento in Italia le spese le decidono i “singoli stati maggiori” senza coordinamento e spesso “in concorrenza” tra loro. Razionalizzare gli investimenti per i prossimi anni, che al momento risultano “superiori al 25 per cento del budget per la funzione Difesa”, mentre se questa quota fosse rispettata si produrrebbero “risparmi per un miliardo di euro all’anno per il prossimo decennio"». Come si cambia, eh? Buon venerdì.
Per approfondire: Left del 17 dicembre 2021
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Che la coerenza non sia una qualità di molta classe dirigente (non solo politica) in Italia lo sappiamo da tempo. Ma che il ministro della guerra Lorenzo Guerini provi a convincerci dell’ineluttabilità e addirittura della moralità che c’è nell’aumentare le spese militari è qualcosa che grida (pacifica) vendetta.

Era il 2014 quando Guerini (all’epoca vicesegretario del Pd) insieme all’allora sottosegretario Graziano Delrio con il gruppo Pd in commissione Difesa lavorava per equilibrare le «spese per la “funzione difesa” sulla base del paradigma 50-25-25, cioè 50 per cento per il personale, 25 per cento per l’esercizio e 25 per cento per gli armamenti». Se così fosse, si produrrebbero «risparmi nella spesa militare per armamenti non inferiori ad un miliardo di euro annui per il prossimo decennio». Avevano scritto proprio così.

Al tempo Guerini incassò anche gli applausi dell’allora Udc Pier Ferdinando Casini che disse testualmente: «Gli impegni militari servono ma io credo che faccia bene il governo, pur confermando gli impegni internazionali, ad alleggerire il programma previsto sugli F-35 perché siamo in una fase di difficoltà economiche e abbiamo necessità di dare ossigeno all’economia».

Era il periodo in cui il Pd veniva raccontato così su Huffington Post: «Rendere “sostenibile gli investimenti nel settore dei sistemi d’arma con le esigenze di finanza pubblica”. Nel mirino c’è il programma di acquisto dei cacciabombardieri americani F-35: da sospendere e ridurre. Ma c’è anche il programma “Forza Nec”, costo oltre 20 miliardi di euro: da sospendere. E poi ci sono anche le due portaerei in Marina militare: troppe, una delle due, via (probabilmente la Garibaldi). Creare “un organismo di controllo sulla qualità degli investimenti” perché al momento in Italia le spese le decidono i “singoli stati maggiori” senza coordinamento e spesso “in concorrenza” tra loro. Razionalizzare gli investimenti per i prossimi anni, che al momento risultano “superiori al 25 per cento del budget per la funzione Difesa”, mentre se questa quota fosse rispettata si produrrebbero “risparmi per un miliardo di euro all’anno per il prossimo decennio”».

Come si cambia, eh?

Buon venerdì.

Per approfondire: Left del 17 dicembre 2021

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SOMMARIO

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.