Nel quartiere di Gerusalemme Est si guarda con fiducia alla decisione dell’Alta corte di giustizia israeliana che ha sospeso l’ordine di sfratto delle famiglie palestinesi in favore di coloni. Ma è presto per cantar vittoria

Ogni venerdì nel quartiere di Sheikh Jarrah una folla di persone, che varia in numero e composizione a seconda di condizioni climatiche ed eventi recenti, si ritrova all’incrocio con Nablus road. Chiedono la fine delle espulsioni dei palestinesi che vivono nel quartiere a favore dei coloni israeliani e, più in generale, la fine dell’occupazione. Questo quartiere di Gerusalemme Est, alla ribalta della cronaca da aprile dell’anno scorso, è un rione prevalentemente palestinese nel nord-est di Gerusalemme, a meno di un chilometro da Monte Scopus, dall’Ospedale Hadassah e dall’Università ebraica, vicino a numerose istituzioni governative, al quartier generale nazionale della polizia israeliana e soprattutto vicinissimo alla città vecchia. È un quartiere arabo nel cuore di Gerusalemme in una posizione geograficamente strategica.

Il ritrovo dei manifestanti è alle 15 di ogni venerdì in un parco fra i due lati del quartiere (che a sua volta si divide in est e ovest) bersaglio delle associazioni di coloni dagli anni 80. Il corteo si sposta prima verso Ovest, dove un blocco stradale di pilastri di cemento impedisce di raggiungere la casa della famiglia Salem. Dietro il blocco stradale, oltre alla famiglia palestinese, abitano anche diversi coloni, infatti due camionette militari impediscono ai manifestanti di scavalcare i pilastri ed avvicinarsi. Il comitato popolare creato in supporto delle famiglie scalda del tè da distribuire ai manifestanti durante il corteo. Seppur vietate, ci sono molte bandiere palestinesi e metà…

L’autrice: Federica Stagni è Phd in Scienza politica e sociologia alla Scuola normale superiore di Pisa

L’articolo prosegue su Left dell’8-14 aprile 2022 

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO