“Non si può fare”. Qualsiasi progetto di formazione all’interno delle carceri si scontra con uno sfiancante meccanismo: un misto di burocrazia, rassegnazione e pregiudizio.
Chi ha sbagliato una volta sbaglierà sempre; i detenuti sono feccia e devono marcire in galera: pensieri, nemmeno tanto celati, che non muoiono mai e che ostacolano ogni tentativo di cambiamento.
Nonostante questo, qualche coraggioso riesce ad andare oltre queste barriere e a portare avanti iniziative e progetti di formazione che però rimangono quasi sempre privi di adeguata diffusione. Il carcere è un luogo lontano dalla vista e dai pensieri della gente, quasi mai si sa cosa succede dietro quelle mura, sia di positivo che di negativo, e perciò è importante l’uscita di Letteratura d’evasione curato da Federica Graziani e Ivan Talarico e pubblicato da Il Saggiatore. Questo libro nasce da un laboratorio di scrittura tenuto nel 2021 nel carcere di Frosinone e racchiude gli scritti di un gruppo di detenuti della media sicurezza.
Ne abbiamo parlato con Graziani dell’associazione A buon diritto che, insieme al cantautore e poeta Talarico, ha tenuto il laboratorio. L’obiettivo di questo progetto era quello di non lasciare che anche la mente dei detenuti fosse imprigionata ma di liberarla, come scrive Talarico nella sua premessa al libro.
L’invito è stato raccolto da quattordici detenuti e quello che emerge dai loro scritti è sì lo sconforto e la consapevolezza della propria condizione, ma anche e soprattutto la voglia di andare oltre e di essere vivi. In una delle prefazioni Luigi Manconi afferma che «questo libro dimostra la forza irriducibile della vocazione dell’uomo a narrare e a narrarsi. E, con ciò, a emanciparsi da vincoli e costrizioni di qualunque specie» e quello che arriva al lettore è proprio l’effetto positivo che questa evasione dalla costrizione della pena ha avuto per i partecipanti al laboratorio.
Tutto nel carcere rema contro, perché le cose non accadano, ci racconta Federica Graziani, ma al tempo stesso questa esperienza è stata importante, non solo per i detenuti, ma anche per gli organizzatori del laboratorio. Gli uni e gli altri ne sono usciti arricchiti sotto il profilo umano ed emotivo.
Il laboratorio ha modificato positivamente i rapporti tra i detenuti partecipanti, che si sono avvicinati e hanno imparato a vedersi l’un l’altro sotto una luce diversa: in quelle ore non erano più detenuti condannati per vari reati, ma semplici persone che…
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