Sono culturalmente e politicamente la persona più lontana da Sara Casanova, sindaca leghista di Lodi che è comparsa nelle cronache nazionali per avere provato a togliere il pane ai bambini stranieri, secondo i desiderata salviniani che godono nel punire i deboli perché non si ha la stazza e la sostanza per affrontare i potenti.
Sara Casanova però in questa campagna elettorale è vittima di una sequela di attacchi sessisti sui manifesti elettorali, dove si è passati dal ventaglio di organi maschili disegnati sui cartelloni alle ultime minacce gravi (questa è la definizione giuridica di “vi scuoio”) disegnate sulla faccia della candidata.
Fin qui nulla di interessante a livello nazionale, nulla di meritevole di diventare una notizia degna di occupare questo spazio. C’è un particolare, laterale ma sostanziale, in tutta questa storia che mi prendo la briga di commentare. Lo faccio con un uso sfacciatamente personalistico di questa rubrica e lo scrivo perché al di là delle antipatie politiche ci sono momenti cruciali della mia vita che hanno a che vedere con l’impianto valoriale che mi propongo di preservare.
In una campagna elettorale di una città ininfluente nel panorama nazionale (Lodi politicamente conta se ne arrestano il sindaco o se un mediocre ex sindaco diventa ministro della guerra) la voce che corre per la città è che la sindaca (ricandidata) Sara Casanova si sia disegnata i cazzi sui manifesti e si sia auto minacciata per vincere le elezioni. Voi direte, e quindi? Ora mi spiego. Quella città è la stessa città che molti anni fa rispose nello stesso modo (vigliacco e immorale) quando finii sotto scorta per minacce mafiose. Dissero che le minacce me le ero inventate alcuni politici democratici che nel frattempo inauguravano i bar della piazza frutto di riciclaggio, gli artisti di provincia che sono artisti al massimo nelle pagine locali, i giornalisti che abbassano lo sguardo se li incontri di persona, le malelingue benpensanti che si sbriciolerebbero ogni volta che si inginocchiano se esistesse il loro dio, gli imprenditori famosi nella via dello struscio che si sentono internazionali, i soggetti culturali che si distinguono per la qualità del buffet e qualche dirigente democratico che sgomita per diventare lo zerbino del ministro lodigiano.
La provincia che sculetta calunniando le persone è quanto di più odioso io possa immaginare, culturalmente e politicamente, per l’evidente incapacità di affrontare le questioni nel merito. Del resto i mandanti calunniatori della sindaca leghista sono gli stessi, dieci anni dopo, che vennero irrisi nel mio caso dalla politica nazionale. Non solo non hanno imparato la lezione ma addirittura si sono sclerotizzati in un’infamia senza lode che li fa sentire vivi.
Mi piacerebbe sapere quale guadagno potrebbe avere una sindaca (ripeto: lontanissima da me) nel disegnare membri sopra alla sua faccia o nel minacciarsi da sola. Mi piacerebbe vedere la faccia di calunniatori messi di fronte alla bassezza dei loro comportamenti, esattamente come si promette di fare quest’articolo.
Anche perché, ricordiamolo, questi democratici sono gli stessi che rivendicano una superiorità morale che gli si slaccia al secondo giro di aperitivo, come tutte le simulazioni che cadono appena si allenta il controllo.
È una vicenda locale, lo so, ma è la cifra di molte campagne elettorali locali che si svolgono in questi giorni. Una schiera di mediocri che aspirano ai loro 5 minuti di celebrità e che hanno le radici così unte da sbriciolarsi in un secondo.
Volete vincere le elezioni? Fate politica, politica vera, con il coraggio di uscire dal chiacchiericcio. Qui da fuori è uno spettacolo indecente.
Buon mercoledì.
Nella foto le scritte minacciose sul manifesto elettorale di Sara Casanova con Pietro Foroni