Prima ancora della caduta del muro di Berlino lo scrittore ceco aveva “visto” «la tragedia» dei Paesi che volevano rendersi autonomi dal comunismo e la perdita di valori del Vecchio continente. Riflessioni quantomai attuali da leggere nel libro Un Occidente prigioniero

La storia è fitta di analogie che ingannano, e giochi di specchi. Tendiamo a guardare il presente con le lenti di passati arbitrari, idee blindate, schemi rigidi e troppo spesso il male di oggi è denunciato, criticato, esecrato, esorcizzato facendo appello ai fantasmi di ieri, e non aiuta. Mentre l’invasione russa in Ucraina è giunta al terzo mese e all’orizzonte non si intravede in realtà nessuna via uscita (e nessuna volontà di voltar pagina), l’impressione è che alla Fog of war – inevitabile – si sia sovrapposta una nebbia più fitta e decisamente più ambigua nelle menti, nella coscienza e nel dibattito pubblico, qui in Occidente.

La tendenza a giudicare il presente con quelle categorie bloccate nel passato (le analogie scontate con la questione dei Sudeti, le ombre di Hitler e Stalin, lo slogan vergognoso della “denazificazione”, l’evocazione proprio da pensiero magico della stessa categoria di Resistenza) dà la falsa impressione che la Storia ci abbia insegnato qualcosa, e questo magari rassicura ma trae in inganno. Male contro Bene, carnefici e vittime, un prima e un dopo stabiliti un tanto al chilo: la norma è il pensiero binario, non ce n’è un altro.

Qualsiasi accenno a dialettiche più intricate, qualsiasi perplessità (concreta, razionale: nessuno ha dubbi, credo, su chi sia l’aggressore e l’aggredito, questo è un fatto), qualsiasi “narrazione” alternativa sono sospetti. Strano modo di…

 

* L’autore: Vittorio Giacopini è scrittore, disegnatore, conduttore di Rai Radio3 e giornalista

L’articolo prosegue su Left del 20 maggio 2022 

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