Per la trentesima volta questo disgraziato Paese commemora Giovanni Falcone con la postura di chi si apparecchia al ballo di fine anno, quella cerimoniosa affettazione in cui la mafia diventa un uomo sporco e cattivo (Salvatore Riina che ordina l'attentato, Giovanni Brusca che innesca il tritolo) e l'antimafia diventa un movimento senza facce, buono solo per qualche simbolo (Falcone e Borsellino in primis) facendola diventare un insieme senza personalità. Accade in ogni anniversario che i giornali si riempiano di sfumature umane, a volte perfino pelose, e di testimonianze che ogni volta dimenticano il sistema. Sì, sistema: Giovanni Falcone non è stato ucciso dalla violenza omicida di un singolo uomo. Giovanni Falcone è stato ucciso da chi ha schiacciato quel maledetto pulsante del tritolo sotto la strada di Capaci, Giovanni Falcone è stato ucciso dall'ordine di Riina ma soprattutto Giovanni Falcone è stato ucciso dai boss di Stato, coloro che hanno convenuto per quella strage e che, a differenza di Cosa nostra, sono sempre stato impermeabili a qualsiasi occasione di pentitismo o perfino di etica collaborazione. La memoria è un muscolo che va allenato per rimanere lunga e performante. Assistere oggi a tutte queste prime pagine in cui campeggia Giovanni Falcone è la fotografia di un tema, quello della mafia, che torna utile per le commemorazioni e poi viene rimesso nel cassetto fino all'anniversario successivo. Nel trentennale della morte di Giovanni Falcone ci siamo fatti sfuggire l'occasione di discutere dell'operazione Crimine infinito che ha svelato la 'ndrangheta in Lombardia e che ha lasciato indenne la classe politica che brigava con quegli uomini di mafia e oggi continua a essere classe dirigente. Chissà che ne avrebbe detto Falcone di un'operazione con centinaia di condanne senza nemmeno un'ombra di un qualche colletto bianco. Nel trentennale siamo riusciti a non dibattere dell'operazione Aemilia che fotografa la criminalità organizzata in Emilia Romagna e che sembra interessare solo "gli specialisti del settore" (e pensare che essere antimafiosi dovrebbe essere un prerequisito, mica un'inclinazione). Ci stiamo facendo passare il processo che in Calabria ha numeri record, roba da maxi processo, e che invece finisce sui giornali solo per randellare un magistrato. Ormai Falcone e Borsellino sono come le mimose: vengono esposti il giorno prima e vengono tolti dalle bancarelle nel giorno successivo. Non è un gran vedere. Buon lunedì. </a

Per la trentesima volta questo disgraziato Paese commemora Giovanni Falcone con la postura di chi si apparecchia al ballo di fine anno, quella cerimoniosa affettazione in cui la mafia diventa un uomo sporco e cattivo (Salvatore Riina che ordina l’attentato, Giovanni Brusca che innesca il tritolo) e l’antimafia diventa un movimento senza facce, buono solo per qualche simbolo (Falcone e Borsellino in primis) facendola diventare un insieme senza personalità.

Accade in ogni anniversario che i giornali si riempiano di sfumature umane, a volte perfino pelose, e di testimonianze che ogni volta dimenticano il sistema. Sì, sistema: Giovanni Falcone non è stato ucciso dalla violenza omicida di un singolo uomo. Giovanni Falcone è stato ucciso da chi ha schiacciato quel maledetto pulsante del tritolo sotto la strada di Capaci, Giovanni Falcone è stato ucciso dall’ordine di Riina ma soprattutto Giovanni Falcone è stato ucciso dai boss di Stato, coloro che hanno convenuto per quella strage e che, a differenza di Cosa nostra, sono sempre stato impermeabili a qualsiasi occasione di pentitismo o perfino di etica collaborazione.

La memoria è un muscolo che va allenato per rimanere lunga e performante. Assistere oggi a tutte queste prime pagine in cui campeggia Giovanni Falcone è la fotografia di un tema, quello della mafia, che torna utile per le commemorazioni e poi viene rimesso nel cassetto fino all’anniversario successivo. Nel trentennale della morte di Giovanni Falcone ci siamo fatti sfuggire l’occasione di discutere dell’operazione Crimine infinito che ha svelato la ‘ndrangheta in Lombardia e che ha lasciato indenne la classe politica che brigava con quegli uomini di mafia e oggi continua a essere classe dirigente. Chissà che ne avrebbe detto Falcone di un’operazione con centinaia di condanne senza nemmeno un’ombra di un qualche colletto bianco. Nel trentennale siamo riusciti a non dibattere dell’operazione Aemilia che fotografa la criminalità organizzata in Emilia Romagna e che sembra interessare solo “gli specialisti del settore” (e pensare che essere antimafiosi dovrebbe essere un prerequisito, mica un’inclinazione). Ci stiamo facendo passare il processo che in Calabria ha numeri record, roba da maxi processo, e che invece finisce sui giornali solo per randellare un magistrato.

Ormai Falcone e Borsellino sono come le mimose: vengono esposti il giorno prima e vengono tolti dalle bancarelle nel giorno successivo. Non è un gran vedere.

Buon lunedì.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.