Ieri all’Assemblea di Assolombarda il ministro Colao non ci è andato leggero: «I costi del Pnrr sono debito – ha detto il ministro – , non sono regali ma impegni presi. Per questo ci dobbiamo ricordare dei ragazzi: assumete di più, pagateli di più senza differenze di genere. Le risorse umane sono l’asset più importante che avete e c’è anche una legislazione favorevole. E poi c’è la formazione, rinunciarci è autolesionista».
Ti saresti aspettato che dopo un invito (o forse un monito) del genere gli imprenditori avrebbero risposto cogliendo l’opportunità ma qui in Italia certi imprenditori hanno visioni lunghe al massimo dal loro ufficio fino alla macchinetta del caffè e così accade che il solito Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, confessi: «Quando cerchiamo i giovani per dargli lavoro abbiamo un grande competitor che è il reddito di cittadinanza». «È vero – ha aggiunto – che il reddito di cittadinanza esiste anche in altri Paesi europei. Ma è anche vero che quando rinunci ad un posto di lavoro ti tolgono il reddito. Si sono trovati i soldi per rifinanziare il reddito di cittadinanza ma senza riformarlo, nonostante non abbia nessun valore dal punto di vista di politiche attive del lavoro».
Finalmente ha confessato, finalmente abbiamo le carte in tavola. Il presidente di Confindustria ritiene il Reddito di cittadinanza, quei pochi spicci che sono ossigeno per persone che spesso risultano inoccupabili come certifica l’Inps, un “competitor” dell’industria italiana. E poiché gli imprenditori quando giocano a fare gli imprenditori splendenti ripetono spesso “dimmi chi sono i tuoi competitor e ti dirò chi sei” possiamo tranquillamente dedurre che un pezzo dell’industria italiana ha in testa di competere con un sussidio di dignità e sopravvivenza considerandolo un vero e proprio salario.
Sia quindi benvenuto questo tempo in cui i cittadini hanno le forze e lo spirito per rifiutare l’essere schiavi di una classe imprenditoriale inetta che ha come unico talento quello di lucrare sulla povertà mentre finge di puntare sulla qualità del lavoro. Ben venga la confessione di Bonomi che certifica, più di qualsiasi marchio e certificazione, lo spessore di certa imprenditoria italiana. Di quel mondo industriale ne facciamo volentieri a meno.
Buon martedì.