La Cina accelera sulla produzione energetica ecosostenibile e per sviluppare il solare e l’eolico punta sullo Xinjiang. Dove si registrano da tempo le violazioni dei diritti umani nei confronti della minoranza islamica

Da quando Xi Jinping è giunto al potere, la Cina ha intrapreso un percorso che sta rivoluzionando il settore della produzione energetica. Nel settembre 2020 il presidente cinese ha annunciato che il Paese avrebbe imboccato con sempre maggior vigore la strada delle energie a basso impatto ambientale.
Secondo l’Istituto di energia, ambiente ed economia della Tsinghua University di Pechino, ad oggi il 52% dell’energia prodotta dalla Cina proviene dal carbone, il 18% dal petrolio, il 10% dal gas naturale, l’8% dall’idroelettrico, il 4% dall’eolico, il 3% dal nucleare e dal solare e il 2% dalla biomassa.

Nel 2060 le parti si invertiranno e la principale fonte di produzione energetica non sarà più il carbone, che scenderà al 3% della generazione totale, ma l’eolico, che garantirà il 24% della produzione energetica locale. Seguirà l’energia solare (23%), nucleare (19%), idroelettrica (15%). Le fonti fossili continueranno a giocare un ruolo importante, seppur non determinante, nella seconda metà del prossimo secolo: il petrolio fornirà l’8% dell’energia, la biomassa il 5% mentre il gas naturale e il carbone, rappresenteranno ciascuno il 3% dell’energia totale generata in Cina nel 2060.

I dati rilasciati dalla Tsinghua University affermano dunque che gli attori più importanti nella transizione energetica cinese saranno l’eolico, il solare e il nucleare.
Per quanto riguarda le prime due voci, la Cina, secondo l’Irena (International renewable energy agency) è già oggi il maggior Paese produttore di energia proveniente da queste fonti con il 38% dell’energia prodotta nel mondo nel campo eolico (282.000 Mw su un totale mondiale di 733.000 Mw) e il 35% in quella solare (255.000 Mw su un totale di 714.000 Mw).

Nel campo dell’energia solare gli Usa, con 100.000 Mw di produzione, sono secondi, ma ben distanti da Pechino che, tra l’altro, è il principale produttore di materie prime per la costruzione di pannelli solari (circa il 70% dei componenti di pannelli fotovoltaici vengono prodotti in Cina).
Ma, come spesso viene evidenziato, le fonti di energia rinnovabili che si affidano agli eventi naturali, non sono sempre affidabili. Anche se le batterie di accumulo, grazie alle tecnologie, sono oggi più economiche e performanti, non riescono ancora a tamponare i picchi di richiesta energetica che provengono dai vari settori delle attività economiche e sociali, specialmente in nazioni così popolate e in forte sviluppo come la Cina.
Ecco quindi che, in conformità con quanto raccomandato dall’Ipcc (Intergovernmental panel on Climate change), Pechino ha, in questi ultimi decenni, potenziato il settore nucleare. Secondo l’Iaea (International atomic energy agency), nel 2021 i 52 reattori nucleari cinesi producevano il 4,9% dell’energia totale (circa 50.000 Mw su un totale di 366.000 Mw di energia prodotta), ma con 14 nuovi reattori in…

L’articolo prosegue su Left del 3 giugno 2022 

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