«La Colombia è segnata da fortissime disuguaglianze. Il lavoro da fare è molto. Ma per la prima volta siamo una Repubblica democratica. È il giorno della nostra vera indipendenza» dice lo scrittore raccontando la vittoria alle presidenziali di Petro e Màrquez

La Colombia compie un passo storico. Dopo lunghi anni di oppressione sotto due presidenti ultra conservatori come Uribe e Hernández (“il Berlusconi colombiano”) i cittadini hanno scelto di voltare pagina andando a votare in massa il candidato di sinistra alle presidenziali Gustavo Petro e la sua vice Francia Márquez.
«Il 19 giugno è come se avessimo realizzato una seconda indipendenza. Questa svolta doveva avvenire quando firmammo gli accordi di pace, ma il problema fu che una parte della popolazione si oppose per via referendaria. A sei anni di distanza celebriamo la vittoria della maggioranza dei colombiani su quel no», dice a Left lo scrittore Santiago Gamboa che abbiamo raggiunto telefonicamente a Bogota all’indomani del voto al ballottaggio.
Autore di numerosi romanzi (molto apprezzati anche da García Márquez) è da poco uscito in Italia il suo nuovo Sarà lunga la notte (Edizioni e/o), un thriller sulla corruzione delle Chiese evangeliche che sostengono le forze politiche più reazionarie. E allo stesso tempo un appassionato affresco di quell’altra parte della Colombia – i nativi, le donne, i giovani, le minoranze – che oggi cerca un riscatto, un futuro diverso, dopo lunghi anni di guerra e di feroce repressione. A cui il nuovo governo potrà – si spera – finalmente mettere fine.

Santiago Gamboa perché l’elezione di Petro e Márquez è storica tanto che lei parla di «rifondazione dello Stato colombiano»?
Fin qui la Colombia è stata una Repubblica oligarchica: tutte le persone che venivano elette appartenevano a una élite sociale e politica. L’economia e il commercio sono sempre state gestite da una esigua minoranza della società. Gustavo Petro è il primo presidente di sinistra nella storia del nostro Paese, la Colombia sarà finalmente uno Stato democratico, per questo parlo di “rifondazione dello Stato”.

Ex guerrigliero di M19, ex sindaco e parlamentare, che tipo di sinistra incarna il nuovo presidente?

Non rappresenta una sinistra in stile Maduro o Ortega. Io lo definirei piuttosto un socialdemocratico modello europeo: il suo programma politico punta molto sul welfare, sulla protezione sociale, sulla sanità pubblica, sull’educazione finanziata dallo Stato per una uguaglianza di opportunità. Nel suo discorso di insediamento ha detto anche che lui vuole creare ricchezza dando un messaggio molto chiaro ai mercati. La Colombia non diventerà un Paese comunista, ma socialdemocratico in stile europeo. Tra l’altro, una cosa che forse non tutti sanno, Petro ha anche la cittadinanza italiana, la sua famiglia è di origine siciliana.

Il suo romanzo Sarà lunga la notte è un potente affresco della Colombia di oggi. Scava profondamente nel sociale, raccontando un Paese percorso da profonde ferite e disuguaglianze, ci parla dei nativi ancora discriminati, dell’oppressione delle Chiese evangeliche, dei narcos, della corruzione. Riuscirà Petro a costruire un governo per affrontare queste questioni strutturali? Con quale rischio anche per la sua vita dacché sfida apertamente la corruzione?

La sua coalizione, Pacto historico, ha una forte maggioranza al Senato. Petro non dovrebbe avere problemi a fare un governo solido. Ma è anche vero che oggi comincia un’epoca, siamo agli inizi. La presidenza in Colombia dura quattro anni. E Petro ha già detto che non farà come il presidente di estrema destra Uribe che cambiò la Costituzione per avere un secondo mandato e oltre. La scommessa ora sarà far crescere persone in gamba. Ce ne sono tante nella sinistra colombiana che potrebbero portare avanti questo processo di cambiamento. Siccome non avevamo mai avuto un governo democratico le cose da fare sono tantissime. Il lavoro sociale è lungo e i mezzi sono comunque limitati. Va ricordato che la Colombia è un Paese in via di sviluppo, non è certo fra i 25 più ricchi del mondo, assolutamente no. È ricco in tante altre cose: acqua, aria pulita, verde, però è un Paese che continua ad appartenere a quello che una volta chiamavamo Terzo mondo.

Pedro punta molto sull’istruzione come leva per il cambiamento…

Ha proposto una cosa che a me sembra importantissima: fare della Colombia una potenza della conoscenza. L’educazione prima di tutto, per tutto. Qui in Colombia funziona un sistema all’americana nel gioco fra pubblico e privato. L’università pubblica è ottima per qualità ma è piccola. Su un milione di ragazzi che, supponiamo, vogliano andare all’università pubblica sono a disposizione 60mila posti. C’è l’università privata ma ha costi elevatissimi. Per farmi capire: una buona università di Bogotà costa una media di 6/7mila euro ogni semestre. Per una famiglia con due o tre ragazzi stiamo parlando di circa 40mila euro l’anno, oltre al vitto e all’alloggio. Cosa significa mi pare chiaro. Ossia che l’educazione in Colombia fin qui è sempre stata il primo filtro sociale. Annunciando una svolta radicale Petro ha detto che la scuola e l’università devono diventare il luogo dove tutti trovano una opportunità. Poi ognuno farà quello che può in base dal proprio talento e impegno, ma l’importante è che tutti partano senza discriminazioni.

Colpisce l’alta affluenza alle elezioni e al ballottaggio del 19 giugno. I giovani, gli studenti, sono stati protagonisti?

I giovani si sono ribellati all’oppressione del governo di destra e si sono presi per la prima volta la scena. Hanno preso la parola fortemente. Per la prima volta l’anno scorso si sono resi protagonisti della lotta. Hanno vissuto la repressione peggiore che ci sia stata negli anni della pandemia. Questo governo di destra che sta finalmente per finire, solo per far cassa, ha imposto tasse sul cibo, sul latte, riducendo le tasse e facendo sconti alle grandi imprese e alle banche. Ha attuato politiche antisociali. I ragazzi, soprattutto, sono usciti nelle strade e nelle piazze e sono stati repressi in un modo pazzesco. Nel suo discorso dopo la vittoria Petro ha dato il microfono alla madre di uno dei ragazzi uccisi durante una manifestazione dell’anno scorso. Il segnale che ha voluto dare, se ci pensiamo, è di una portata gigantesca. E poi non è solo Petro. È Gustavo Petro e Francia Màrquez. Perché come dice lui stesso non è uno e due ma uno e una.

La neo vice presidente della Colombia Francia Màrquez è avvocata ambientalista, femminista, nera. Ci dica di più di lei.

Quando dicevo che ora comincia un’epoca di democrazia piena pensavo anche a lei. Ora la cittadinanza colombiana è più rappresentata perché alla vice presidenza c’è una donna competente e che ha sperimentato sulla propria pelle i problemi di tante donne in Colombia. Giovanissima madre single ha dovuto lottare contro il razzismo. È un meravigliosa donna, un esempio per tutti. Entrambi, presidente e vice, vengono da strati sociali medio bassi. Fin qui i presidenti provenivano sempre delle famiglie più ricche, avendo alle spalle i poteri forti dell’industria e del commercio. Gustavo e Francia vengono dal popolo vero. Sta emergendo l’identità profonda di un Paese che finalmente riconosce se stesso.

Che ruolo hanno oggi le donne nella società colombiana, specie in un momento così cruciale di cambiamento?

Quella colombiana è una società molto complessa. Da una parte è molto tradizionalista con un ruolo molto forte della Chiesa, come racconto anche nel mio romanzo. Ma dall’altra parte, l’aver sofferto tanta violenza, tanta povertà, tanta ingiustizia ha fatto sì il dibattito sociale sia molto, molto acceso. La Colombia è comunque un Paese in cui le donne hanno un ruolo molto forte, importante. Da noi i diritti sociali degli omosessuali e delle comunità Lgbtq sono riconosciuti. Il matrimonio fra persone dello stesso sesso è legale. La vittoria alle presidenziali è la vittoria di quella Colombia che ha sviluppato di più un dibattito sui diritti civili. Quella che ha perso è quella parte del Paese che vuole che i diritti siano di pochi; è la Colombia maschilista rappresentata da Rodolfo Hernàndez, che si mostra su lussuosi yacht con giovanissime escort in bikini.

Protagoniste di Sarà una lunga notte sono due belle figure femminili, la giornalista Julieta e la sua collaboratrice Johanna, ex guerrigliera delle Farc che l’aiuta a leggere le matrici dei delitti. Julieta ha il coraggio di essere giornalista, donna, atea. In Colombia i giornalisti sono costretti a diventare eroi?

Sì e ci sono tante colleghe giornaliste bravissime. Tante giornaliste sono state uccise, penso per esempio a Silvia Dusan, un caso a cui fece riferimento anche Garcia Màrquez nel suo Notizie di un sequestro. Julieta è una giornalista che fa le cose per bene. Anche se la sua vita personale è un po’ un disastro, comunque va avanti, non molla. E poi c’è Johanna che è una ex guerrigliera delle Farc e oggi è una cittadina a pieno diritto dopo l’accordo di pace. Ho scelto come protagoniste queste due donne coraggiose, insieme a un ragazzino di origine indigena che è molto speciale, molto solitario. Per me sono un po’ la rappresentazione della società che emerge oggi. Io non avevo pensato a queste cose quando ho scritto il romanzo. Scrivo in modo intuitivo, ma oggi rivedo tutta questa galleria di personaggi e penso che questa svolta a sinistra è un po’ una vittoria politica del mondo che rappresentano.

Come potrà cambiare lo scenario geopolitico dopo la svolta a sinistra della Colombia, che fa seguito a quella del Messico, del Cile e, speriamo, prossimamente anche del Brasile con Lula?

Il messaggio più bello per il nostro nuovo corso è arrivato proprio dal presidente del Cile Boric. Speriamo che Lula fra un mese e mezzo riesca a cacciare quella specie di clown che è Bolsonaro. Sarebbe la vittoria di una nuova sinistra socialdemocratica latino americana che può trovare alcuni punti in comune con Biden. È molto importante che si sviluppi una sinistra democratica che lavori per affermare pienamente la parità uomo-donna, una sinistra ambientalista, una sinistra che si occupi delle sfide del presente.

Da ultimo una domanda sull’inquietante proselitismo delle Chiese evangeliche che riescono ad abbindolare le persone che hanno meno strumenti, derubandole. Nel romanzo sono rappresentati alcuni di questi predicatori carismatici, che sono acclamati come rockstar. Che origine ha questo fenomeno enormemente esteso per esempio in Brasile?

Accade la stessa cosa anche da noi in Colombia. Negli anni Settanta aveva preso piede la Teologia della liberazione in Latinoamerica. Alcuni sacerdoti presero parte anche alla guerriglia. Ernesto Cardenal fu protagonista della rivoluzione in Nicaragua e ministro della Cultura. Gli esponenti della Teologia della liberazione furono attaccati dalla Chiesa di destra proveniente dagli Stati Uniti. Le Chiese evangeliche sono spesso roccaforti di potere politico e riciclano i soldi sporchi. Sono il luogo ideale per questo. Non dimentichiamo anche che Trump dette alle Chiese evangeliche un avamposto nella Casa bianca. Il riciclaggio di soldi sporchi che passa per la Chiesa coinvolge tutti i Paesi del Nord. Trump aveva il sostegno di queste Chiese che sono tutte di destra. È un fenomeno continentale.

L’articolo prosegue su Left del 24 giugno 2022 

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