«Un crimine politico concepito per zittire tutti i difensori dei diritti umani». Così è stato definito l’omicidio del giornalista Dom Phillips e dell’indigenista Bruno Pereira. Ecco in quale contesto istituzionale e religioso (cristiano) è maturato

Per il suo nuovo libro il giornalista britannico Dom Phillips aveva scelto un titolo eloquente: “Come salvare l’Amazzonia”. E per documentarsi aveva chiesto all’indigenista Bruno Pereira, ex Coordinatore generale per la protezione degli indigeni isolati della Funai (Fondazione nazionale per l’Indio) di collaborare con lui. Il tema del libro era lo sviluppo sostenibile dell’Amazzonia nel rispetto dei nativi.
Bruno Pereira era stato rimosso dal suo incarico alla Funai nel 2019, dopo aver coordinato un’operazione che aveva portato alla distruzione dei mezzi e attrezzature utilizzate dai cercatori d’oro illegali (garimpeiros) all’interno del territorio Yanomami, nello stato di Roraima. Il suo braccio destro, Maxciel Pereira dos Santos, era stato ucciso pochi giorni prima. Diventato oggetto di mobbing all’interno del Funai e minacciato di morte da parte del crimine organizzato, l’indigenista è stato esautorato dal questore e pastore evangelico Marcelo Xavier, a capo della Fondazione. L’incarico che aveva fin lì svolto con successo è stato poi assegnato al missionario evangelico Ricardo Lopes Dias.

Il 5 giugno 2022, Dom Phillips e Bruno Pereira, sono scomparsi nel nulla dopo essere stati visti per l’ultima volta lungo il fiume Itaquaí ai confini con il Perù e la Colombia.
Alcuni indigeni, deputati al controllo di quell’area, hanno inviato due sms di allerta all’Ong Unijava (União dos povos indígenas do Vale do Javari), con la quale Bruno Pereira collaborava, informandoli di aver visto un potente motoscafo, con a bordo tre individui armati, inseguire il giornalista e l’indigenista..
In un’intervista pubblicata dal Wwf-Brasile a dicembre, Bruno Pereira aveva spiegato che grazie al progetto dell’Unijava per il controllo del territorio, le popolazioni indigene, di cui si occupava, avevano formato squadre addestrate all’uso di droni, computer e gps al fine di velocizzare le segnalazioni e quindi l’intervento delle forze dell’ordine per fermare le attività illegali all’interno dei territori protetti. «È assolutamente necessario che i popoli indigeni cerchino le proprie forme di organizzazione, istituendo un sistema di monitoraggio in grado di arginare i conflitti violenti», aveva affermato l’indigenista.

Mentre l’Ong e i nativi si adoperavano per ritrovare i due uomini scomparsi, le forze armate, nonostante i tecnologici mezzi a disposizione, giustificavano la loro inerzia adducendo come motivo la mancanza di «ordini superiori».
Sotto pressione dell’ambasciata britannica, delle famiglie degli scomparsi, delle Ong, del movimento indigeno e ambientalista e della stampa nazionale ed estera, al fine di minimizzare l’indignazione collettiva, il ministero della Difesa ha infine dispiegato finalmente le sue forze.
Per due anni Dom Phillips e Bruno Pereira si erano addentrati nella…

L’articolo prosegue su Left del 24 giugno 2022 

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