«L’Italia, sull’immigrazione, è indietro dal punto di vista culturale. La legge sullo ius scholae sarebbe un primo passo in avanti», dice il musicista e rapper. Che racconta come, arrivato all’età di due anni dalla Nigeria, sia stato aiutato da una maestra

Tommy Kuti, al secolo Tolulope Olabode Kuti, nigeriano, è in Italia dall’età di due anni e ha avuto un’infanzia non proprio facilissima tra Mantova e Brescia. Poi l’incontro con una maestra «illuminata», e la laurea in Inghilterra. È tornato in Italia per fare musica, rap in particolare. Un altro incontro fondamentale è stato con Fabri Fibra. Un singolo dal titolo emblematico, Afroitaliano lo ha fatto conoscere al più ampio pubblico. «Sono tornato perché sentivo il desiderio, quasi una “missione”, di raccontare la mia storia, che era la storia della mia generazione. E avendo studiato Scienze della comunicazione, sentivo di poter dare il mio contributo», dice a Left. Detesta scegliere tra Africa e Italia, e infatti rappa così: «Sono troppo africano per essere solo italiano e troppo italiano per essere solo africano». E ancora: «Afroitaliano, perché il mondo è cambiato». Tommy Kuti punta il dito contro la politica anti immigrazione delle destre, ma parla anche dell’attesa per la proposta di legge sullo ius scholae e ci racconta anche della nuova strada che ha preso la sua musica: «Prima facevo principalmente canzoni rap, ora faccio canzoni afrobeat, che è il suono tipico della mia terra».

Giorgia Meloni in Andalusia ha tenuto un comizio a sostegno di Vox in cui è tornata a scagliarsi contro l’immigrazione. Che ne pensi? Uscire dalla pandemia non avrebbe dovuto renderci migliori?
Per un attimo ci siamo illusi di essere un pochino più umani di quello che siamo, però siamo ancora indietro da un punto di vista culturale.

Come sta dal punto di vista dell’integrazione, la città dove vivi, Milano, spesso al centro delle cronache per la presenza di gang giovanili?
Mi sento un privilegiato con il mestiere che faccio. A parte qualche persona anziana che sul tram ancora mi guarda e storce il naso, io vivo nell’ambiente musicale che ha una certa apertura mentale. Per quanto riguarda i giovani al centro delle cronache, sono tanti oggi i ventenni di seconda generazione che vivono in Italia e talvolta accade che si facciano sentire, anche in modo scorretto, perché avvertono che questo Paese non li accetta anche se sono cresciuti qua. Non li accetta, a cominciare dal…

L’articolo prosegue su Left del 24 giugno 2022 

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