La scioccante sentenza della Corte suprema Usa del 24 giugno segna un passaggio epocale nella storia degli Usa, che fanno un salto all’indietro di almeno 50 anni. D’un tratto la sentenza Roe versus Wade è stata cancellata e il diritto delle donne di poter accedere all’interruzione di gravidanza non è più riconosciuto a livello federale. Il che significa che ogni Stato ora deciderà per sé. La battaglia per abolire del tutto il diritto all’aborto è già cominciata in 50 Stati portando alla luce una vistosa spaccatura fra nord e sud, fra Stati democratici e repubblicani. E anche se lo Stato di New York dichiara di voler accogliere e dare risposta alle donne, anche se il divieto quasi totale di aborto nello Utah è stato bloccato almeno temporaneamente da un tribunale, anche se una corte della Louisiana ha sospeso la messa al bando dell’interruzione di gravidanza (e molte altre battaglie in tribunale sono attese) a livello nazionale saranno moltissimi i divieti e le discriminazioni. Con tutta evidenza solo le donne delle classi medio alte potranno viaggiare e accedere ai servizi sanitari che negli Usa perlopiù sono fruibili solo con assicurazione privata. «L’aborto non è mai stato gratuito negli Usa. Se lo Stato lo richiedeva bisognava pagare» ha ricordato Emma Bonino, senatrice di Più Europa e protagonista di storiche battaglie radicali per affermare il diritto al divorzio e per la legalizzazione dell’aborto. Molto peggio sarà ora negli Usa. Già è partita in molti Stati conservatori anche la battaglia contro l’aborto farmacologico e contro la pillola del giorno dopo, mentre si prepara una ancor più ampia retromarcia sui diritti che - come tristemente abbiamo già visto durante il Covid - colpirà soprattutto i neri, gli ispanici, i nativi americani. È la polpetta avvelenata lasciata dal suprematista Trump che, oltre ad aver tentato il golpe di Capitol Hill, ha blindato la Corte suprema nominando i giudici conservatori che hanno compiuto questo scempio del diritto e questo micidiale attacco alle donne, invocato a gran forza dai fondamentalisti pro-life e dalle Chiese evangeliche. Ora l’ex presidente e tycoon esulta: «L’ha voluto dio». Rileviamo anche che nell’arco di soli 7 giorni la Corte suprema ha colpito il diritto all’autodeterminazione delle donne, ha autorizzato le preghiere nelle scuole pubbliche e ha rafforzato il diritto a portare armi dichiarando incostituzionale una legge dello Stato di New York che lo limitava. Con tutta evidenza impedire alle donne una sessualità libera slegata dalla procreazione è prioritario per la Corte, ma non lo è altrettanto tentare di fermare le stragi nelle scuole. Di fronte a tutto questo molte migliaia di persone in America si sono riversate nelle strade per protestare. Poco incisiva è parsa fin qui la risposta del presidente Biden su cui pende la spada di Damocle delle elezioni di Midterm. Da sinistra lo ha incalzato la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ricordando un episodio doloroso della sua vita quando fu violentata poco più che ventenne. Drammaticamente oggi la possibilità di interrompere una gravidanza conseguenza di uno stupro, in molti Stati Usa, potrebbe non essere più possibile, aggiungendo dolore a dolore. “Talebani d’Occidente” avrebbe potuto essere il titolo della copertina di Left. Abbiamo scelto “Talebani di casa nostra” ponendo l’accento su quel che accade in Italia, dove la Chiesa - sulla scia della sentenza Usa - tenta di rimettere in discussione la legge 194 e di colpevolizzare le donne affermando contro ogni evidenza scientifica che l’aborto sia un omicidio. Del resto lo stesso papa Bergoglio aveva detto che le donne che si rivolgono a un medico per abortire assoldano un killer. Per contrastare questa ennesima crociata oscurantista, rilanciata senza contraddittorio su media mainstream con interviste a cardinali e prelati, interpellati su temi medici che riguardano la salute psicofisica delle donne di cui nulla sanno, ci siamo rivolti a autorevoli esperte in ginecologia, psichiatria, neonatologia come Anna Pompili, Irene Calesini e Maria Gabriella Gatti. Già due settimane fa avevamo pubblicato un ampio speciale sul tema dell’aborto denunciando, dati alla mano, come la 194 sia disattesa e disapplicata. Avendo avuto più che sentore di quell’onda nera che stava montando negli Usa, con l’americanista Alessia Gasparini avevamo già fatto un quadro dei diritti delle donne minacciati Oltreoceano. Il filo dell’inchiesta continua su questo numero in cui siamo andati oltre la ricostruzione dei fatti interrogandoci sulla radice culturale, politica e religiosa di questo feroce attacco all’identità delle donne che non viene solo dai talebani in Afghanistan o dai wahabiti in Arabia Saudita, ma in maniera più sottile attraversa anche la civilissima Europa. Basta guardare a quel sta accadendo in Ungheria e in Polonia dove il drastico restringimento della legge sull’aborto ha causato la morte di giovani donne per setticemia. Basta guardare a quel che accade in Croazia o a Malta (da cui proviene la presidente del Parlamento Ue, la conservatrice Roberta Metzola) dove l’aborto è proibito nella maniera più assoluta e i medici che lo favoriscono rischiano da tre mesi a 6 anni di carcere. Ma appunto parliamo anche e soprattutto dell’Italia che dalla legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita a oggi ha fatto molti passi indietro rispetto al diritto delle donne di poter scegliere se e quando fare figli, ma non solo. Dopo la sentenza americana politici anche di destra si sono affrettati a rassicurare che la legge 194 non è in pericolo. Intanto però è sabotata nei fatti dall’alto numero di medici obiettori mentre i governatori regionali della Lega e di Fratelli d’Italia hanno fatto di tutto in Umbria, nelle Marche e altrove per mettere paletti all’aborto farmacologico. E spuntano ovunque cimiteri ad hoc per i feti. Da Roma a Marsala se ne contano almeno una cinquantina, scandalosamente.
L'editoriale è tratto da Left dell'1 luglio 2022 
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La scioccante sentenza della Corte suprema Usa del 24 giugno segna un passaggio epocale nella storia degli Usa, che fanno un salto all’indietro di almeno 50 anni.
D’un tratto la sentenza Roe versus Wade è stata cancellata e il diritto delle donne di poter accedere all’interruzione di gravidanza non è più riconosciuto a livello federale. Il che significa che ogni Stato ora deciderà per sé. La battaglia per abolire del tutto il diritto all’aborto è già cominciata in 50 Stati portando alla luce una vistosa spaccatura fra nord e sud, fra Stati democratici e repubblicani. E anche se lo Stato di New York dichiara di voler accogliere e dare risposta alle donne, anche se il divieto quasi totale di aborto nello Utah è stato bloccato almeno temporaneamente da un tribunale, anche se una corte della Louisiana ha sospeso la messa al bando dell’interruzione di gravidanza (e molte altre battaglie in tribunale sono attese) a livello nazionale saranno moltissimi i divieti e le discriminazioni.

Con tutta evidenza solo le donne delle classi medio alte potranno viaggiare e accedere ai servizi sanitari che negli Usa perlopiù sono fruibili solo con assicurazione privata. «L’aborto non è mai stato gratuito negli Usa. Se lo Stato lo richiedeva bisognava pagare» ha ricordato Emma Bonino, senatrice di Più Europa e protagonista di storiche battaglie radicali per affermare il diritto al divorzio e per la legalizzazione dell’aborto.

Molto peggio sarà ora negli Usa. Già è partita in molti Stati conservatori anche la battaglia contro l’aborto farmacologico e contro la pillola del giorno dopo, mentre si prepara una ancor più ampia retromarcia sui diritti che – come tristemente abbiamo già visto durante il Covid – colpirà soprattutto i neri, gli ispanici, i nativi americani. È la polpetta avvelenata lasciata dal suprematista Trump che, oltre ad aver tentato il golpe di Capitol Hill, ha blindato la Corte suprema nominando i giudici conservatori che hanno compiuto questo scempio del diritto e questo micidiale attacco alle donne, invocato a gran forza dai fondamentalisti pro-life e dalle Chiese evangeliche. Ora l’ex presidente e tycoon esulta: «L’ha voluto dio».

Rileviamo anche che nell’arco di soli 7 giorni la Corte suprema ha colpito il diritto all’autodeterminazione delle donne, ha autorizzato le preghiere nelle scuole pubbliche e ha rafforzato il diritto a portare armi dichiarando incostituzionale una legge dello Stato di New York che lo limitava. Con tutta evidenza impedire alle donne una sessualità libera slegata dalla procreazione è prioritario per la Corte, ma non lo è altrettanto tentare di fermare le stragi nelle scuole. Di fronte a tutto questo molte migliaia di persone in America si sono riversate nelle strade per protestare. Poco incisiva è parsa fin qui la risposta del presidente Biden su cui pende la spada di Damocle delle elezioni di Midterm.

Da sinistra lo ha incalzato la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ricordando un episodio doloroso della sua vita quando fu violentata poco più che ventenne. Drammaticamente oggi la possibilità di interrompere una gravidanza conseguenza di uno stupro, in molti Stati Usa, potrebbe non essere più possibile, aggiungendo dolore a dolore. “Talebani d’Occidente” avrebbe potuto essere il titolo della copertina di Left. Abbiamo scelto “Talebani di casa nostra” ponendo l’accento su quel che accade in Italia, dove la Chiesa – sulla scia della sentenza Usa – tenta di rimettere in discussione la legge 194 e di colpevolizzare le donne affermando contro ogni evidenza scientifica che l’aborto sia un omicidio. Del resto lo stesso papa Bergoglio aveva detto che le donne che si rivolgono a un medico per abortire assoldano un killer.

Per contrastare questa ennesima crociata oscurantista, rilanciata senza contraddittorio su media mainstream con interviste a cardinali e prelati, interpellati su temi medici che riguardano la salute psicofisica delle donne di cui nulla sanno, ci siamo rivolti a autorevoli esperte in ginecologia, psichiatria, neonatologia come Anna Pompili, Irene Calesini e Maria Gabriella Gatti. Già due settimane fa avevamo pubblicato un ampio speciale sul tema dell’aborto denunciando, dati alla mano, come la 194 sia disattesa e disapplicata. Avendo avuto più che sentore di quell’onda nera che stava montando negli Usa, con l’americanista Alessia Gasparini avevamo già fatto un quadro dei diritti delle donne minacciati Oltreoceano. Il filo dell’inchiesta continua su questo numero in cui siamo andati oltre la ricostruzione dei fatti interrogandoci sulla radice culturale, politica e religiosa di questo feroce attacco all’identità delle donne che non viene solo dai talebani in Afghanistan o dai wahabiti in Arabia Saudita, ma in maniera più sottile attraversa anche la civilissima Europa.

Basta guardare a quel sta accadendo in Ungheria e in Polonia dove il drastico restringimento della legge sull’aborto ha causato la morte di giovani donne per setticemia. Basta guardare a quel che accade in Croazia o a Malta (da cui proviene la presidente del Parlamento Ue, la conservatrice Roberta Metzola) dove l’aborto è proibito nella maniera più assoluta e i medici che lo favoriscono rischiano da tre mesi a 6 anni di carcere. Ma appunto parliamo anche e soprattutto dell’Italia che dalla legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita a oggi ha fatto molti passi indietro rispetto al diritto delle donne di poter scegliere se e quando fare figli, ma non solo. Dopo la sentenza americana politici anche di destra si sono affrettati a rassicurare che la legge 194 non è in pericolo. Intanto però è sabotata nei fatti dall’alto numero di medici obiettori mentre i governatori regionali della Lega e di Fratelli d’Italia hanno fatto di tutto in Umbria, nelle Marche e altrove per mettere paletti all’aborto farmacologico.

E spuntano ovunque cimiteri ad hoc per i feti. Da Roma a Marsala se ne contano almeno una cinquantina, scandalosamente.

L’editoriale è tratto da Left dell’1 luglio 2022 

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Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.