La riforma fiscale che ha premiato i redditi medio alti. Quella sulla giustizia che rischia di lasciare molti reati impuniti. Gli investimenti insufficienti su sanità e scuola. Tracciamo un bilancio del governo Draghi, prendendo spunto dal saggio di Tomaso Montanari

Qualunque sia l’esito della crisi dell’esecutivo, non ancora definita mentre scriviamo, credo che non ci sia migliore occasione di questa per una riflessione non superficiale sul presidente Mario Draghi e il suo governo. Ma prima di entrare nel merito delle scelte dell’esecutivo, non si può sfuggire a una considerazione di carattere generale. L’ex presidente della Bce alla guida del Paese mostra una tendenza allarmante di subordinazione diretta della democrazia ai poteri della grande finanza. L’Italia, il più fragile degli Stati europei sul piano degli assetti politici, è da sempre un laboratorio sperimentale delle degenerazioni istituzionali delle società capitalistiche. Con Berlusconi abbiamo assistito, primo caso al mondo, al governo diretto dell’esecutivo da parte di un imprenditore mediatico. Con Mario Monti il potere finanziario è venuto a imporci le condizioni della politica di austerità di Bruxelles e ora, con esemplare tempismo, appena ottenuto dal governo Conte l’ingente finanziamento del Pnrr, lo stesso e più autorevole potere – con l’aiuto interno di Matteo Renzi e del presidente della Repubblica – lo strappa a quello legittimo per assicurarlo nelle mani che, secondo gli interessi egemoni, devono dominarlo.

La rappresentanza politica, il governo, il Parlamento, il volere dei cittadini italiani vengono umiliati da una manovra di palazzo e in tanti plaudono, attenti alla loro borsa e senza un’ombra di perplessità per ciò che accade alla democrazia, alle istituzioni della Repubblica.
Credo che non ci sia viatico migliore per un bilancio dei 516 giorni del governo di Mario Draghi (dall’insediamento alle dimissioni respinte, ndr) del saggio di Tomaso Montanari, Eclissi di Costituzione. Il governo Draghi e la democrazia, pubblicato di recente da Chiarelettere. Un libretto di analisi circostanziata, tersa, implacabile, una vera lezione di pensiero critico, che mostra errori e miserie dove la grande massa dei commentatori vede mirabilia e ragioni di fervoroso giubilo. Montanari prende in considerazione gran parte delle scelte effettuate dal presidente del Consiglio e sottopone ad esame le varie riforme varate dal governo in questi mesi.

Per brevità non mi soffermo sulle scelte di fedeltà atlantica espresse da Draghi, in merito all’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Posture belliciste che mostrano un finanziere così pronto alla guerra da svelare con quale sollecitudine il potere dei soldi è disposto a trasformarsi in potere bellico per difendere gli interessi che incarna e che rappresenta. Sono invece rilevanti e da rammentare le critiche che l’autore mostra alle varie riforme. Esaminiamo i prodigi realizzati dal governo dei Migliori nel campo della sanità, il settore più debole e travagliato, sconvolto da due anni da una pandemia nel cui vortice stiamo di nuovo rientrando. Ebbene, tutti ci saremmo aspettati, considerate le imponenti risorse messe a disposizione dal Pnrr, un…

L’articolo è tratto da Left del 22-28 luglio 2022 

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