Le dimissioni del governatore della Sicilia Musumeci sono sempre più probabili (la conferma dovrebbe arrivare durante la giornata del 5 agosto), questo significa che l’isola il 25 settembre vivrà un election day che accorpa politiche e regionali. Cosa farà il Pd? Reggerà l’alleanza del campo progressista che ha portato il 23 luglio a primarie condivise con i tre candidati Caterina Chinnici (Pd), la vincitrice, Barbara Floridia (M5S) e Claudio Fava della lista di sinistra Cento passi? «Ci stiamo impegnando e lavorando perché le divisioni nazionali, evidentissime, non si scarichino anche sulle vicende siciliane a tal punto da far saltare e rompere questa alleanza», dice Giuseppe Zappulla, segretario regionale di Articolo Uno in Sicilia, ex parlamentare Pd poi passato nel 2017 al movimento di Pier Luigi Bersani.
Zappulla spiega perché sarebbe una scelta autolesionista rompere quel patto. «In Sicilia se c’è una possibilità concreta per cui si possa sconfiggere il centrodestra, che è politicamente ed elettoralmente ancora molto forte, a dispetto del disastro economico, politico amministrativo di cui è responsabile, facendo precipitare la regione in una crisi molto più grave che nel resto d’Italia, è quello del campo progressista». Ce la farete? «Pare di sì, che manterremo questa coalizione e quindi potremo andare uniti alle elezioni». La contraddizione salta subito agli occhi, anche se in questo periodo la politica italiana non dà certo prova di scelte ponderate e omogenee: a livello nazionale il Pd di Letta rompe con il M5s e in Sicilia, dove la speranza è il campo progressista no? «Per la verità il patto con il M5s è la speranza anche a livello nazionale – risponde Zappulla -. Di certo la speranza non viene dall’alleanza del Pd con Calenda. Anzi, le dirò, se siamo arrivati a questo punto, non è che siamo alla frutta, siamo oltre».
Non parla a caso Zappulla. Un passato di sindacalista della Cgil, è stato tra i 261 militanti e dirigenti locali e nazionali di Articolo Uno che hanno firmato l’1 agosto un durissimo comunicato in cui viene definita sbagliata non solo la scelta del Pd di escludere dal fronte progressista il M5s ma anche quella della direzione di Articolo uno di «partecipare alla lista elettorale del Pd», considerata «prodromo di una confluenza dentro quell’organizzazione».
Zappulla spiega che quel testo non nasce improvvisamente, un caldo mattino d’estate.
«In verità da diverso tempo in Articolo uno c’è una dialettica interna che si è palesata nell’ultimo congresso, quando ancora non si immaginava l’accelerazione sulle elezioni. In quella occasione si sono manifestate due posizioni, quella della maggioranza con la mozione di Speranza e quella di una minoranza pur piccola, ma importante, costituita da chi non condivideva quella che io definisco più una deriva che un approdo politico. Cioè il rientro, sotto varie e mentite spoglie, dentro il Pd». Una mossa, continua il segretario siciliano di Articolo uno che sconfessa quanto era accaduto nel 2017: «Allora siamo usciti dal Pd perché non abbiamo condiviso una sorta di mutazione genetica del partito che dal moderno partito della sinistra riformista alla cui nascita pensavamo di aver contribuito, man mano è diventato, con Renzi ma anche al di là di Renzi, un partito di centro che guarda a sinistra, un partito liberal democratico».
Zappulla ricostruisce la storia di Articolo Uno e così sfila davanti agli occhi un altro pezzo della travagliata storia recente della sinistra italiana: «Volevamo rappresentare il lievito per un nuovo soggetto unitario plurale della sinistra, rimettendo insieme sigle e gruppi, per fare la seconda gamba dell’alleanza di centrosinistra, non di pura testimonianza, ma un partito che rappresentasse i riferimenti storici della sinistra, recuperando quello che il Pd, sia da un punto di vista culturale ma anche da un punto di vista politico ed elettorale, aveva perso».
Con il comunicato dei 261 viene formalizzata la nascita di un’area politica interna, “Verso il partito della sinistra e del lavoro” socialista, ecologista e femminista. Cosa significa, chiediamo a Zappulla, un’altra scissione? «Parlare di scissione significa sminuire una cosa che è seria, nessuno di noi si sogna di dividere Articolo Uno. L’obiettivo è esattamente all’opposto della “scissione dell’atomo”, vogliamo tornare alla missione originaria di Articolo uno». Ma da qui al 25 settembre cosa farete? «Ci sono scelte e posizioni assunte e chiarite, altre che valuteremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni. In questa confusione totale anche noi stiamo osservando come si sviluppano le cose. Una cosa è certa, l’abbiamo detto: non li seguiremo dentro la coalizione con il Pd che comunque è da chiarire. Un conto è l’alleanza – che non riteniamo sia sbagliata – altra cosa è inserirsi dentro il simbolo del Pd rinunciando al nostro che, poi, appunto, sostanzialmente significa il rientro nel Pd».
A proposito del M5s, è stato un errore escluderlo, continua Zappulla, «dopo alcuni anni in cui si è lavorato insieme per la costruzione di questo campo progressista, Pd, M5s e noi di Articolo Uno». «La sensazione è che si sia colta l’occasione, la scusa per rompere un’alleanza con il M5s che peraltro i numeri dicono che è l’unica che può rendere competitivo per esempio l’uninominale col centrodestra. È una scelta autolesionista».
Ma in concreto come vi muoverete? «Non staremo a guardare, noi riteniamo che nessun voto vada disperso per la battaglia per la democrazia e la costituzione e del centrosinistra contro il rischio evidente della vittoria della destra, non faremo appello all’astensionismo né di altra natura. Quale indicazione di lista? Stiamo valutando, stiamo vedendo come si evolvono le cose».
Ma di fronte ad una eventuale alleanza di Sinistra italiana, Europa verde, M5s, come si collocherebbe l’area interna di Articolo uno? «Io non sono il rappresentante – risponde Zappulla – di quest’area politica, le posso dire a livello personale che un’ipotesi di questo genere la vedo con molto interesse. Non mi chieda altro, in questo momento».
E invece cosa pensa dell’Unione popolare? Magari con dentro anche Conte? «Io tutto ciò che si aggrega anche a sinistra lo vedo con grande interesse, quello che sostengo però è che la frantumazione, il male storico della sinistra italiana almeno degli ultimi venti anni, è quello dei particolarismi, delle divisioni e quindi, ecco, io preferirei che si riuscisse a trovare almeno sui grandi temi una coalizione, un’alleanza generale. Ci sono questioni, che io condivido di quel progetto che sta nascendo, però non credo che in questo momento la strada maestra sia quella della frantumazione e della divisione».