Il drammatico bilancio di un anno di regime talebano

È passato un anno dall’arrivo dei talebani, una presenza che non ha portato nulla alle donne se non l’essere respinte e represse, insieme al dover affrontare i cancelli delle scuole chiuse, la fine delle università miste, la depressione e il suicidio. Human rights watch ha definito il 2021 l’anno peggiore per le donne afghane sotto il profilo dei diritti umani.

Nella storia dell’Afghanistan – se si esclude l’era buia dei talebani – le donne, sebbene si muovessero in un ambiente chiuso, tradizionale e segnato dal più rigido patriarcato, hanno però affrontato le politiche antifemministe essendo in grado di lasciare impronte immortali, a livello nazionale e globale. Infatti, nonostante l’Afghanistan sia uno Stato dove tutti i giochi di potere si svolgono nella totale assenza di donne, le quali in definitiva sono costrette a venire a compromessi con le decisioni prese da politici uomini, le afghane sono scese nell’arena politica, sociale, intellettuale e letteraria chiedendo giuste condizioni e giungendo a traguardi significativi.

Di seguito mi concentrerò sugli ultimi vent’anni, a partire da quando, con la caduta del governo talebano nel 2001, venne firmata l’ottava Costituzione dell’Afghanistan. Per legge veniva riservata alle donne una quota in Parlamento del 25%, poi aumentata al 30%. Per le donne, stanche della guerra e delle ineguaglianze, era il più grande traguardo a cui si fosse mai assistito nella storia: equivaleva ad un nuovo inizio. Molte donne hanno iniziato a ricoprire ruoli chiave un tempo riservati agli uomini, come quello di ministro, viceministro della Difesa, viceministro degli Esteri, governatore di una provincia, capo della commissione indipendente per i Diritti umani, capo della commissione per i Reclami elettorali, fino ad occupare quasi un quarto del Parlamento, inoltre sono stati emanati dei provvedimenti che chiedevano la nomina di almeno una donna vicegovernatrice in ogni provincia, cosa che si verificò anche per altre cariche pubbliche o posizioni nel privato: tutto questo dimostra la forte presenza femminile ai più alti livelli politici e di governo.

Nell’ambito accademico, secondo statistiche pubblicate da media afghani, nel 2018 il numero di studentesse nelle università afghane era di 88mila contando solo i corsi triennali, e 300 di queste ragazze avevano anche ottenuto una borsa di studio estera. Il numero delle professoresse nelle università afghane aveva oltrepassato le due migliaia ed erano venti le donne impiegate ai più alti livelli manageriali delle istituzioni accademiche. A livello scolastico erano circa 80mila le insegnanti donne e più di tre milioni e mezzo di studentesse frequentavano le scuole afghane.

Nel frattempo, le artiste afghane non sono rimaste a guardare. Per la prima volta il cinema afghano è stato in grado di cambiare il volto del Paese nei festival internazionali brillando alla luce di alcune donne, e non di uomini. Il film A letter to the president diretto da Roya Sadat, regista afghana, è stato candidato per la nomination a un Oscar nel 2018 e ha ottenuto riconoscimenti. Nel 2019, Hava, Maryam, Ayesha è stato presentato nella sezione Orizzonti della 76esima edizione della Biennale di Venezia e ha vinto il Premio Ipazia nel Festival dell’eccellenza al femminile, per l’impegno della regista afghana Sahraa Karimi nel realizzare film incentrati sulle donne. Lina Alam, attrice e attivista, ha vinto più di dieci premi come miglior attrice in festival nazionali e internazionali, mentre Sogra Satash, Marina Gol Behari, Elka Sadat, Sahra Mousavi, Hasiba Ebrahimi e molte altre ancora hanno trasformato il cinema afghano facendolo approdare ai festival più prestigiosi al mondo.

Il diametro di questa cerchia di donne all’avanguardia si stava facendo sempre più ampio giorno dopo giorno anche grazie al team di ragazze afghane che ha conquistato il secondo posto in una competizione di robotica superando gli altri 88 di provenienza internazionale e ribaltando così la visione che il mondo aveva delle giovani afghane. Le ragazze della Federazione ciclisti dell’Afghanistan sono state candidate per il Premio Nobel per la pace e, poco prima della caduta del Paese nelle mani dei talebani, un team di astronome ha vinto la competizione dell’Unione astronomica internazionale.

Il forte impatto delle donne nella regione e nel mondo, unito ai numerosi riconoscimenti scientifici, politici, economici, culturali e altre onorificenze, ha fatto si che, persino dopo l’occupazione dell’Afghanistan, nel 2021, la Bbc abbia selezionato 50 afghane annoverandole tra le 100 donne più influenti al mondo. Negli ultimi vent’anni, le donne afghane sono cresciute in maniera significativa in diversi campi, politico, scientifico, economico, sociale e letterario, e la loro tensione verso una consapevolezza e un illuminismo di matrice kantiana ha aperto la strada alle nuove generazioni facendo dimenticare il primo periodo buio dei talebani; fin quando le loro aspirazioni e tutti i loro sforzi sono giunti al termine, il 15 agosto 2021. Vent’anni fa a partire dal crollo del regime talebano questa cerchia di donne preparate e illuminate si è via via consolidata e vent’anni dopo con la nuova ascesa del regime talebano ha subito un terribile contraccolpo.

Da quando i talebani hanno preso il potere, numerose donne, tra cui giornaliste, giudici, militari e attiviste per i diritti umani, sono state sistematicamente uccise: un quadro completo della totale assenza di rispetto dei diritti umani. I cancelli delle scuole sono rimasti chiusi per tre milioni di studentesse e così anche le insegnanti, donne e ragazze, sono rimaste a casa. Solo un mese dopo l’occupazione dell’Afghanistan, i talebani hanno soppresso ciò che era anche un simbolo, il ministero degli affari delle Donne, degradandolo nel ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio, mentre in seguito ad un altro provvedimento la Giornata internazionale delle donne, l’8 marzo, è stata rimossa dal calendario.

Lo sport femminile non è più considerato «né appropriato né necessario», volendo citare il capo della commissione culturale del governo talebano. Divieto di viaggiare se non accompagnate da uno Sharia mahram (membro della famiglia di sesso maschile, ndt), obbligo di coprire il volto (Hijab), università divise per sesso con obbligo, per le studentesse, di frequentare le lezioni di professori maschi nascoste da tende e mille altre leggi restrittive e primitive rischiano di trasformare le donne in esseri passivi e depressi. Una studentessa che fino a ieri si era battuta per avere il nome della madre sulla propria carta d’identità accanto a quello del padre riuscendo a far approvare il provvedimento, ora è stata privata di questo diritto fondamentale. Non ci sono più notizie di registe e giornaliste donne dopo un periodo in cui sono state costrette a coprire i propri volti, in lacrime, in diretta tv.

Secondo le statistiche dei centri di salute mentale, ad oggi la maggior parte dei pazienti sono donne che lavoravano per il precedente governo, che hanno più volte fallito il tentativo di mantenere la propria posizione nella società e che sono state respinte e allontanate quando hanno gridato e protestato. Tutte loro chiedevano giustizia e rivendicavano i loro diritti fondamentali: in risposta hanno ottenuto gas lacrimogeno e la loro definitiva sconfitta.

Tutto questo è solo una parte di ciò che la presenza dei talebani dell’ultimo anno ha inflitto alle donne. Alle madri afghane di oggi non è permesso studiare e il loro lavoro si è trasformato in schiavitù. Ogni giorno vanno incontro a violenza fisica, psicologica e verbale. Elementi come la povertà, la disoccupazione, l’analfabetismo, la mancanza di libertà d’espressione e la violenza che schiacciano l’identità delle donne si diffondono come un virus tra le famiglie afghane. Il perpetuarsi di giorni come questi rischia di portare al totale annullamento delle donne. Ben 18 milioni di donne afghane sono immerse nell’oscurità più assoluta; la sola presenza dei talebani ha messo a tacere lo slogan “uguaglianza e pace per tutti”. Queste donne circondate da povertà e violenza sono diventate madri affrante che proprio per questo rischiano di crescere dei figli ancora più malsani dei talebani stessi e allora il mondo assisterà alla miseria di una generazione un tempo sana nel mio Afghanistan.

* Traduzione a cura di Ileana Amadei

In foto, alcune ragazze afghane protestano per il diritto all’istruzione. Kabul, 2 agosto 2022