Damiano Coletta a Latina ha battuto la coalizione di destra per la terza volta dal 2016. È accaduto il 4 settembre nelle elezioni suppletive che si sono svolte in 22 sezioni, imposte a luglio scorso dal Tar che aveva riscontrato irregolarità nel precedente turno elettorale del 2021. Allora Coletta aveva battuto il suo avversario Vincenzo Zaccheo ribaltando il risultato del primo turno in cui la coalizione di centrodestra aveva sfiorato la vittoria. Ma si è verificata la situazione della cosiddetta “anatra zoppa”. A Latina è successo così che un sindaco venisse eletto al ballottaggio, con la maggioranza dei cittadini che lo aveva scelto a guidare l’amministrazione, ma senza avere i numeri per governare. È quella che Damiano Coletta definisce una “anomalia legislativa” che dovrebbe essere superata, sottolinea. Perché al vincitore del ballottaggio non viene concessa una minima maggioranza per poter governare.
Ora, mentre tutti guardano al voto nazionale, Latina è in una situazione di stallo, con un sindaco che vuole completare l’opera iniziata fin dal primo mandato, quando, eletto con la lista civica Latina bene comune aveva rappresentato una cesura netta con la storia politica e culturale di una città sempre dominata dalle destre. La coalizione di Zaccheo, che di fatto ha la maggioranza in consiglio comunale, ha annunciato che voterà la sfiducia al sindaco. Intanto Coletta si è insediato l’8 settembre. In attesa del primo consiglio comunale che si terrà il 28 settembre, dopo quindi il voto del 25, nell’attuale frangente politico così polarizzato, abbiamo cercato di comprendere cosa sta accadendo a Latina, anche perché è evidente che sul centro pontino si sta giocando una partita che è non solo locale.
Sindaco Coletta, come ha vissuto questa improvvisa campagna elettorale estiva che ha coinciso anche con quella, altrettanto improvvisa, a livello nazionale?
Intanto la sentenza del Tar è stata abbastanza inaspettata. È stata una campagna elettorale molto anomala, in pieno agosto. Per i miei avversari era l’ultima chance, per cui questa volta, rispetto al precedente primo turno, ho trovato tutta la destra compatta. Quindi ero sfavorito nei pronostici. Però poi alla fine, anche se c’è stato un lieve incremento del mio avversario, il risultato è stato sostanzialmente sovrapponibile al precedente. Abbiamo tenuto, e non era semplice. Loro hanno utilizzato una campagna molto avvelenata, le irregolarità sono state attribuite a brogli, è stata attivata una macchina del fango nei miei riguardi. Ma alla fine ho vinto, grazie alla mia storia e a quello che ho fatto in questi anni.
Una campagna difficile anche per il clima che si è respirato a livello nazionale?
Sì, sottolineiamo anche il contesto nazionale. Si sono spostati anche tutti gli equilibri, che ha riguardato anche chi era in maggioranza, come Forza Italia – per questa anomalia legislativa dell’”anatra zoppa” per cui anche se avevo vinto nettamente al ballottaggio poi non avevo i numeri per governare, così come non ce li ho adesso. Certo, il contesto nazionale ha influenzato.
Veniamo allora al problema della governance: l’opposizione ha 19 consiglieri, la sua lista 13. La coalizione di destra ha comunicato di voler votare la sfiducia. Cosa potrebbe accadere? Arriverà il commissariamento? Con quali conseguenze per la città?
La possibilità di sfiducia c’è, perché, ripeto, adesso siamo sotto elezioni nazionali. Mi sembra che in vista del 25 settembre ci sia una strategia, un tatticismo da parte della destra. Avrebbero già dichiarato che voteranno la sfiducia e sarebbe un atto di grave irresponsabilità nei confronti della città che ha fatto una scelta precisa. Quindi sarebbe anche una mancanza di rispetto per le scelte dei cittadini. Il loro sindaco l’hanno scelto per la terza volta: io sto ai risultati del ballottaggio in cui ho vinto in maniera inequivocabile. Quando sei sindaco, io ci tengo a dirlo, sei sindaco di tutti. C’è una città che non aspetta altro che un governo stabile, perché ci sono importanti scadenze, atti da realizzare in cui serve la politica, perché il commissariamento diventa una gestione che riguarda l’ordinario. Latina non può permettersi uno stallo di ulteriori 8-9 mesi in un momento così delicato della storia sia a livello nazionale che a livello europeo ma anche a livello locale. Non ci dobbiamo dimenticare che abbiamo dovuto gestire una pandemia – e io penso di averla gestita bene – e la città aspetta di andare avanti. Le risorse stanno arrivando con il Pnrr e serve una guida stabile per ripartire. Sarebbe quindi davvero irresponsabile una scelta di questo genere. La politica in certi momenti deve saper andare oltre le differenze ideologiche perché prima di tutto ci sono il bene comune e la comunità che si deve rappresentare .
Che cosa pensa di fare?
Io cerco di muovermi sempre nel rispetto dei ruoli, quindi ci sono dei passaggi istituzionali da fare. In questo momento ho intenzione di incontrare tutti i partiti che fanno parte del consiglio comunale mettendo sul tavolo dei punti programmatici chiari, non tanti, ma magari quei cinque punti da fissare e su cui poter lavorare insieme, dandoci un tempo. Credo che sia una proposta che va nella direzione del rispetto dei cittadini. È ovvio che in questa situazione sembra che tutto sia in funzione di quello che accadrà il 25 settembre, considerando che il consiglio comunale sarà convocato per il 28 settembre.
L’opposizione guarda più a Roma che non a Latina?
Certo, il vento è in quella direzione. La mia esperienza però racconta che ho vinto tre volte e le ultime due contro i favori del pronostico, quindi vorrei dire che i risultati non possono mai essere dati tutti per scontati.
E allora, ci racconti, come ha fatto a battere la destra a Latina?
Credo che abbia pesato sempre il fatto che comunque ho cercato di rappresentare innanzitutto il concetto di bene comune, il che ha cambiato un po’ il vocabolario, la cultura della città, entrando nella grammatica della politica di Latina. Che significa aver lavorato quindi in questo senso, aver favorito processi partecipativi, lavorando sulla sostenibilità, sui diritti, sul contrasto anche alla diseguaglianza sociale. Ecco, dopo aver gestito l’emergenza della pandemia, credo che la gente abbia percepito il fatto di avere un sindaco che aveva una sua trasparenza anche in virtù di una storia che è conosciuta in città (Coletta è stato calciatore e cardiologo a Latina ndr). Nella scelta del ballottaggio penso che abbia prevalso la mia figura per come è stata la mia storia e per come è stata percepita durante la mia attività amministrativa condotta con un approccio ad un metodo anche rigoroso – che costa anche consenso – e con l’intento di spiegarlo anche alla testa delle persone, non tanto alla pancia. Ecco, credo che poi tutto questo alla fine ti premia. Ed essere riusciti a fare un risultato tale in una realtà come Latina, significa che questo processo di cambiamento si sta attivando, anche se ci vuole comunque tempo.
Come si può cambiare una situazione in cui dal punto di vista ideologico ci sono schieramenti sclerotizzati, anche originati da eredità del passato? Occorre un’operazione a livello culturale, ma come?
Questa operazione culturale ci deve essere. Io stavo tentando di fare una pacificazione della storia nel senso che da una parte, l’area progressista nella storia di questa città ha avuto certi passaggi che non possono essere negati e allo stesso tempo dall’altra parte non si può sempre guardare in modo nostalgico indietro rivendicando un’origine che deve essere perpetua nel tempo. Bisogna guardare avanti. Io ho avuto consenso da parte dei giovani. Ricordo che nella prima consiliatura mi sono aperto molto al rapporto con l’università, La Sapienza sta investendo sul polo pontino. Questo significa cercare di aprirsi al futuro, perché se investi sull’università investi sui giovani e di conseguenza devi investire sull’innovazione digitale e tutto ciò che rappresenta il mondo giovanile. Latina è una città giovane che va verso il centenario. Io credo che il lavoro che ho fatto con molta pazienza sia stato un lavoro sul “motore”, però mi fa piacere che sia cambiato il linguaggio della politica. Questo è un processo culturale che si è attivato. Certo, c’è chi chiede giustamente più attenzione alle strade, agli aspetti del decoro urbano, ma non dobbiamo dimenticare che questa città purtroppo aveva situazioni molto complesse che rischiavano proprio di mandarla in default, per cui il mio lavoro nella prima parte dell’amministrazione è stato quella di metterla in sicurezza. Spesso questo lavoro, ripeto, porta a perdere consensi. Ma non si possono sempre promettere “ricchi premi e cotillons”. Io credo che l’onestà di fondo – sarò un idealista – alla fine deve pagare.
Cosa significa amministrare e quanto conta lavorare sulla partecipazione dei cittadini?
In questi sei anni mi sono chiesto tante volte quale sia il ruolo del sindaco. Per me è il prendersi cura della comunità, che, va detto, non è curare. Prendersi cura significa avere attenzione per tutta la comunità, soprattutto nei confronti di quella parte della popolazione più fragile, che sta nelle periferie. Tutti questi temi per me sono molto più urgenti di altri. Come abbiamo visto anche nell’emergenza pandemica, vengono colpiti sempre i più deboli. La prova provata l’ho avuta proprio durante la pandemia, quando il sindaco era il punto di riferimento, doveva dare delle risposte e creare le condizioni per aiutare chi in quel momento stava nello stato di maggiore sofferenza. Anche la mia esperienza e il mio vissuto di medico mi porta a pensare in questa maniera. L’altro aspetto è mettere al centro la persona, che è il lavoro che abbiamo fatto anche con i servizi sociali: abbiamo puntato molto sul welfare. Mettere al centro la persona e passare da una visione meramente assistenzialistica a una visione che comprenda la presa in carico della persona, nel suo insieme, non solo dal punto di vista materiale: ecco, questo concetto credo di essere riuscito un po’ a farlo passare. Anche se è difficile, perché quando si amministra una città si guarda sempre al risultato oggettivo: asfaltare una strada, fare un’opera pubblica. Ma un sindaco deve avere anche questa sensibilità di fondo.
Un’ultima domanda: come si sente adesso?
Io mi sento a posto con la coscienza. L’ho detto anche durante quest’ultima campagna elettorale che è stata, ripeto, molto sui generis. È chiaro che riguardando indietro, forse avrei fatto alcune scelte diverse, ma mi viene da dire che solo chi non fa non sbaglia. Credo che la percezione, comunque, da parte dei cittadini sia questa, che mi abbia riconosciuto il fatto di essere una persona che può aver commesso anche degli errori ma che non aveva secondi fini, ho sempre agito con la massima trasparenza e onestà. Adesso, però, è un momento molto difficile dal punto di vista politico perché il tuo destino non dipende solo da te ma dipende anche dalle scelte degli altri e siccome ci tengo molto a completare l’opera, proprio perché è un momento delicato, proprio perché servono dieci anni per un cambiamento della città, mi sento in una situazione in cui vorrei tornare a lavorare per Latina. Non vedo l’ora di poterlo fare.