Dopo il Porcellum e l’Italicum, anche il Rosatellum, su cui sono piovute critiche a non finire in queste ultime elezioni, potrebbe risultare incostituzionale? La legge elettorale 3 novembre 2017, n. 165 il cui relatore è stato Ettore Rosato (allora Pd ora di Italia viva) mai cambiata dalle forze politiche, nonostante le promesse seguite al taglio dei parlamentari, il 25 settembre è stata l’oggetto di migliaia di reclami presentati su apposti moduli da parte di singoli elettori che hanno chiesto che fossero messi a verbale dal presidente del seggio. Nel documento prestampato si dichiarava di ritenere la legge elettorale «incostituzionale e lesiva dei diritti politici del cittadino come garantiti dagli artt.3, 48,51, 56 e 58 della Costituzione». I reclami sono stati presentati alla luce delle sentenze in materia della Corte costituzionale: la n.1/2014 che ha dichiarato l’illegittimità del Porcellum e la 35/2017 che lo ha fatto per l’Italicum.
Cosa hanno messo in evidenza i cittadini? L’impossibilità, a causa del Rosatellum, di «esprimere un voto diretto, libero e personale, per scegliere, almeno in parte, tra i candidati nelle liste elettorali bloccate dai partiti». Entrando nei dettagli, il voto congiunto obbligatorio, si legge, «viola la libertà e personalità del voto» e insieme alla candidatura multipla «consente ai partiti di far eleggere i candidati a loro più graditi, indipendentemente dalle intenzioni di voto». E ancora: «Il voto dato a una lista plurinominale coalizzata può contribuire all’elezione di un candidato uninominale collegato sgradito al votante». C’è poi anche il riferimento ai diritti delle minoranze linguistiche non residenti in regioni a statuto speciale che verrebbero discriminate.
La protesta non è nata per caso. Si tratta di una iniziativa della Rete per la politicità sociale e dal Coordinamento per la rappresentanza di cui fa parte l’avvocato ed ex senatore Felice Besostri, che è un componente del Comitato esecutivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale – Cdc, i cui comitati locali, come Milano, Trieste e Bari sono stati tra i promotori dell’iniziativa. Besostri, ricordiamo, è l’avvocato che insieme ad altri legali ha affossato sia il Porcellum che l’Italicum facendo ricorso per via giudiziaria e arrivando quindi fino alla Consulta che per due volte ha bocciato il legislatore. «A due giorni dal voto continuano ad aumentare le segnalazioni – dice Besostri -. Noi cerchiamo di raccoglierle perché vogliamo rimanere in contatto con chi ha seguito questa iniziativa e svolgere anche un’attività di controllo. Sappiamo che sono pochissime le situazioni in cui qualcuno si è rifiutato di allegare i reclami a verbale, ma qualcun altro ha detto “ci pensiamo noi” e chissà se l’ha fatto, e noi perciò dobbiamo verificare che questi documenti arrivino alle Giunte delle elezioni di Camera e Senato».
Man mano che passano le ore arrivano aggiornamenti. «In provincia di Bari sono stati un migliaio. Lo sappiamo grazie a Telenorba», continua l’avvocato che cita poi il caso di un intellettuale dal forte impegno civico come Tomaso Montanari che ha presentato il proprio reclamo. Besostri ci tiene a citare un altro caso, visto che nella 13esima legislatura, come senatore socialista nei Ds è stato il relatore della legge 482/1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche: a Ostana, comune occitano in provincia di Cuneo, 27 elettori su 47 hanno fatto allegare al verbale di Camera e Senato il reclamo di protesta contro l’incostituzionalità del Rosatellum. L’Ansa dà notizia anche della identica protesta in Sardegna dell’ambientalista e attivista politico Angelo Cremone. Besostri calcola che siano stati migliaia i cittadini che si sono ribellati alla legge elettorale vigente.
Che cosa accadrà adesso? Tutti i reclami presentati agli uffici delle singole sezioni elettorali arriveranno alle Giunte delle elezioni di Camera e Senato che potrebbero inviarli alla Corte costituzionale. «Lì ci sarà il filtro – continua Besostri – e il precedente non è bello, perché per esempio nel 2009, i componenti delle due giunte dichiararono che il Porcellum era perfettamente costituzionale e lo votarono all’unanimità, una decisione smentita poi dalla Corte costituzionale». L’avvocato spiega che «caso unico in Europa, l’Italia ha l’art.66 della Costituzione che afferma come sulle elezioni siano competenti in autodichia le Camere di appartenenza. Da noi è stato già un successo di chi ha fatto i primi ricorsi – il primo l’avvocato Bozzi sul Porcellum e il secondo quelli coordinati da me sull’Italicum – che un giudice abbia potuto mandare le leggi elettorali in Corte costituzionale, perché fino alla sentenza 1/2014 c’era assoluta carenza di giurisdizione. Cioè, quando qualcuno voleva sollevare problemi di costituzionalità della legge elettorale e li segnalava alla giustizia ordinaria, i giudici dicevano “Noi non c’entriamo niente” perché avevano interpretato l’articolo 66 non solo limitato qual è alla proclamazione degli eletti ma anche a tutte le operazioni preliminari, accettazioni delle liste ecc.».
Adesso ai reclami degli elettori potrebbero aggiungersi gli eventuali ricorsi dei non eletti che chiedono il riconteggio dei voti. Ma soprattutto ci sono, continua Besostri «sette ricorsi giudiziari pendenti contro l’incostituzionalità della legge elettorale, sei li ho organizzati io, uno l’avvocato Vincenzo Palumbo. E diventeranno di più se finalmente qualcuno tra quelli bastonati dal Rosatellum capisce che è il caso di farlo. Quando presentammo il ricorso contro l’Italicum, ricordo che c’era un sostegno esterno, un ricorso venne firmato da Fico, Di Maio e Sibilia, a Napoli, da esponenti del M5s e di quella che allora era Sel. In questi ultimi anni, purtroppo le organizzazioni politiche non hanno fatto assolutamente niente».
Entro la fine di dicembre, continua l’avvocato, dei ricorsi teoricamente potrebbero arrivare alla Corte costituzionale. Entro l’anno infatti sulle incostituzionalità della legge elettorale si pronunceranno il Tribunale di Reggio Calabria e le Corti d’appello di Bologna e Roma.
E qui Besostri lancia un appello ai costituzionalisti: «Sto cercando di sollevare nei prossimi convegni la questione che in materia elettorale abbiamo una limitazione quantitativa, perché i ricorsi bisogna farli nei 26 tribunali delle città capoluogo di corte d’appello invece dei 120 tribunali ordinari, pur avendo detto la Cassazione che la difesa del diritto di voto si fa dove si esercita».
Infine un ultimo giudizio sul Rosatellum: «Adesso i conteggi dimostreranno matematicamente quando diventeranno definitivi che con il 43 % dei voti ho il 60% dei seggi, cioè ci si è avvicinati pericolosamente ai due terzi che sono tra il 66 e il 67%. Quando c’era il premio di maggioranza, diciamo ufficiale, con il 43% dei voti avresti avuto al massimo il 55% dei seggi. Il premio di maggioranza nascosto nel Rosatellum è più grosso dei premi di maggioranza espliciti dati con il Porcellum e con l’Italicum». Eppure la storica sentenza della Corte costituzionale 1/2014 , ricorda Besostri, «diceva che quando il legislatore adotta un sistema proporzionale anche in parte ci deve essere una proporzione non alterata tra i voti in entrata e i seggi in uscita, cosa che invece non c’è».
Le elezioni, è vero, ci sono già state, i giochi, per il momento, sono fatti. Ma la battaglia giudiziaria per dimostrare l’incostituzionalità del Rosatellum continua. E, conclude Besostri, «ha un senso se è una battaglia politica, non solo giudiziaria»