Chi chiederà diritti verrà trattato come un perditempo che distoglie “dalle cose importanti da fare”

La prima fase, com’era facilmente prevedibile, è la normalizzazione. In un Paese che da anni si concede la leggerezza di chiamare “centrodestra” una delle peggiori destre di sempre non stupisce che un governo con la fiamma fascista nel simbolo del partito principale venga accarezzato. Nei confronti di Giorgia Meloni, tra le altre cose, è scattata la corsa all’agiografia con quel vizio molto italiano del giornalismo che lecca il potere, qualsiasi forma abbia, per ingraziarsi la prossima vagonata di classe dirigente.

Che non esista un “pericolo fascismo” lo ripetono tutti, manipolando come sempre il dibattito secondo i soliti canoni: se non ti allinei al pensiero dominante (per di più certificato dalle elezioni) sei un nemico della patria, sei un antidemocratico e così via? C’è concretamente il pericolo di una restaurazione di un regime? No, ovviamente. Perché non è questo il punto. Gli storici, gli intellettuali e i commentatori ce l’hanno spiegato per anni: il rifascismo sarà dolce, garbato, perfino simpatico. La compressione dei diritti verrà presentata come un’urgenza per difendere “la nostra storia” e “la nostra identità”. La repressione delle voci contrarie non avverrà con violenza tangibile ma con un calcolato discredito organizzato che si proverà a far diventare egemonia.

Chi chiederà diritti verrà trattato come un perditempo che distoglie “dalle cose importanti da fare”. Chi chiederà cura per le minoranze sarà bollato come un buonista che vorrebbe sabotare la maggioranza. Chi chiederà uguaglianza sarà definito un pelandrone che vorrebbe ottenere tutto senza impegno o un fallito rancoroso. Il “merito”, che per anni è stato usato come clava (con il cretino favoreggiamento di certa sinistra) sarà il parametro soggettivo con cui si potrà dire no.

In un Paese truffato ogni volta dalla passione per il nuovismo si chiederà anche questa volta una sospensione del giudizio per “metterli alla prova”, come se le facce e le storie di questi “nuovi” non siano le stesse che da trent’anni hanno mostrato i loro denti. “Faremo un’opposizione dura valutando ogni singolo provvedimento ma senza pregiudizi” diceva ieri un dirigente del Partito Democratico, come se non esistesse un giudizio sulle parole, sui fatti, sui modi di questa destra.

Osservateli con attenzione: i ben disposti di questi giorni sono gli stessi che poi accuseranno noi di essere stati troppo morbidi. Appena i loro padroni gli daranno l’ordine di far cascare tutto vergheranno infiammati editoriali in cui fingeranno di averlo sempre saputo che questo governo aumenterà le disuguaglianze ancora di più. C’è un caso scuola che abbiamo dimenticato in fretta: qualche mese fa Silvio Berlusconi era stato condonato da tutto per il profumo del Quirinale. Ci chiedevamo: com’è possibile che questo Paese sia così predisposto alla dimenticanza? Semplice: bisogna essere capaci di ignorare, per esser servi.

Buon venerdì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.