Solo per dirne una, il Rosatellum non funziona nella distribuzione dei seggi quando una lista vince troppo in un'area del Paese e non ha candidati sufficienti. Per es., nel caso del M5s in Campania, i campani non sapranno nemmeno chi hanno eletto, perché i parlamentari saranno stati eletti in altre Regioni. Non è di certo un incentivo a recarsi alle urne
Permettetemi di ripartire dalla spensierata dichiarazione di Matteo Renzi: «Se Meloni chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo  perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole». Dunque Renzi offre al futuro governo il suo appoggio per imprimere una torsione presidenzialista alla Costituzione; abbattendo il suo equilibrio, il rapporto tra autonomie dei poteri e contropoteri. Ne parleremo, purtroppo, a lungo nei prossimi mesi. A Left interessa l’attuazione della Costituzione; a partire dalla difesa dell’impianto costituzionale sulla rappresentanza, di cui qualche giorno fa ha scritto anche l’avvocato Felice Besostri.

Parto, per tre osservazioni, dall’attualità, dall’esito elettorale, che nasce anche, sotto l’aspetto istituzionale, da una legge elettorale incostituzionale. Abbiamo potuto analizzare una distorsione del voto popolare, nel rapporto tra voti e seggi, altissima. Pari solo a quella delle elezioni del 1994, come dimensione. La “disproporzionalità” a favore delle destre è stata del 16 per cento. Parliamo di seggi regalati ai vincitori dal sistema maggioritario e tolti agli altri competitori.

Perché è accaduto? L’interrogativo ci porta alla seconda osservazione, perché le leggi elettorali maggioritarie dettano, purtroppo, atteggiamenti e propensioni centriste ed opportuniste ai partiti. Le divisioni tra Letta, Calenda e Conte hanno valorizzato in massimo grado la larga vittoria delle destre nella quota di tre ottavi di maggioritario (i seggi uninominali).

Abbiamo vissuto una terza distorsione: il Rosatellum non funziona nella distribuzione dei seggi quando una lista vince troppo in un’area del Paese e non ha candidati sufficienti. È accaduto al Movimento 5 Stelle in Campania: i campani non sapranno nemmeno chi hanno eletto, perché i parlamentari saranno stati eletti in altre Regioni. Il rapporto dialettico elettore/eletto, fondamento della rappresentanza, vede il ruolo dell’elettore completamente annichilito.

Ma esiste, di conseguenza, una libera competizione elettorale? L’articolo 48, primo comma, della Costituzione, prescrive: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto». Ma nei fatti non è “uguale”. Alcuni voti non eleggono, altri eleggono più di altri. Il “combinato disposto” tra il maggioritario (aggravato dal grave voto sulla riduzione dei parlamentari) e lo sbarramento rendono ineguale la competizione elettorale. Le elezioni diventano una competizione all’interno di una sorta di consiglio di amministrazione a numero chiuso: i più piccoli, i più autonomi, quelli che non si coalizzano, sono fuori. Il voto non è realmente “libero”, perché, in definitiva, è ingabbiato dentro la logica farlocca del cosiddetto “voto utile”. Il voto, talvolta, non corrisponde più alle intenzioni del votante. Forse anche per questi motivi, oltre a quelli sociali, allo spaesamento di tanta parte della società che avverte se stessa come priva di rappresentanza, vota sempre meno cittadine e cittadini. Più di un italiano su tre non vota. Ricordiamo che più di 5 milioni di lavoratrici e lavoratori migranti non godono del diritto di voto. Spero che le opposizioni istituzionali e sociali non rimuovano il dovere democratico di questa lotta.