Parto, per tre osservazioni, dall’attualità, dall’esito elettorale, che nasce anche, sotto l’aspetto istituzionale, da una legge elettorale incostituzionale. Abbiamo potuto analizzare una distorsione del voto popolare, nel rapporto tra voti e seggi, altissima. Pari solo a quella delle elezioni del 1994, come dimensione. La “disproporzionalità” a favore delle destre è stata del 16 per cento. Parliamo di seggi regalati ai vincitori dal sistema maggioritario e tolti agli altri competitori.
Perché è accaduto? L’interrogativo ci porta alla seconda osservazione, perché le leggi elettorali maggioritarie dettano, purtroppo, atteggiamenti e propensioni centriste ed opportuniste ai partiti. Le divisioni tra Letta, Calenda e Conte hanno valorizzato in massimo grado la larga vittoria delle destre nella quota di tre ottavi di maggioritario (i seggi uninominali).
Abbiamo vissuto una terza distorsione: il Rosatellum non funziona nella distribuzione dei seggi quando una lista vince troppo in un’area del Paese e non ha candidati sufficienti. È accaduto al Movimento 5 Stelle in Campania: i campani non sapranno nemmeno chi hanno eletto, perché i parlamentari saranno stati eletti in altre Regioni. Il rapporto dialettico elettore/eletto, fondamento della rappresentanza, vede il ruolo dell’elettore completamente annichilito.
Ma esiste, di conseguenza, una libera competizione elettorale? L’articolo 48, primo comma, della Costituzione, prescrive: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto». Ma nei fatti non è “uguale”. Alcuni voti non eleggono, altri eleggono più di altri. Il “combinato disposto” tra il maggioritario (aggravato dal grave voto sulla riduzione dei parlamentari) e lo sbarramento rendono ineguale la competizione elettorale. Le elezioni diventano una competizione all’interno di una sorta di consiglio di amministrazione a numero chiuso: i più piccoli, i più autonomi, quelli che non si coalizzano, sono fuori. Il voto non è realmente “libero”, perché, in definitiva, è ingabbiato dentro la logica farlocca del cosiddetto “voto utile”. Il voto, talvolta, non corrisponde più alle intenzioni del votante. Forse anche per questi motivi, oltre a quelli sociali, allo spaesamento di tanta parte della società che avverte se stessa come priva di rappresentanza, vota sempre meno cittadine e cittadini. Più di un italiano su tre non vota. Ricordiamo che più di 5 milioni di lavoratrici e lavoratori migranti non godono del diritto di voto. Spero che le opposizioni istituzionali e sociali non rimuovano il dovere democratico di questa lotta.