Che questo non sarà un governo attento ai diritti civili appare chiaro anche ai più stolti. L’idea di diritti civili che circola dalle parti di questa destra (che solo noi chiamiamo centrodestra nonostante non abbia nulla di centro, nulla di moderato, nulla di progressista) consiste in un conservatorismo che sfiora la restaurazione. Lo si vede nell’idea di famiglia, lo si sente in ogni discorso che riguardi il mondo LGBTQIA+, lo si nota nell’approccio che metta ad ogni problema.
Ieri però la presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni, così attenta in questi giorni successivi alle elezioni a non dire una sola parola di troppo, ha vergato una risposta al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi in cui è scivolata nella sua vera natura. Andiamo con ordine. Al Sisi, ebbro per il profumo di soldi che viaggia sull’asse italoegiziano ha pubblicato un messaggio sul suo profilo Facebook: «Estendo le mie più sincere congratulazioni alla signora Georgia Meloni per la vittoria del suo partito alle elezioni generali nell’amica Repubblica Italiana, augurandole il successo nel guidare l’Italia verso la prosperità e un futuro luminoso». «Non vedo l’ora di lavorare con lei, anche nel quadro della solida partnership che unisce Egitto e Italia, al fine di sviluppare le relazioni bilaterali e trasferirle verso orizzonti più ampi di proficua collaborazione in tutti i campi, coerentemente con l’antica storia di i due Paesi e la loro grande civiltà, e per il bene dei due popoli amici e dell’intera umanità», ha aggiunto Sisi concludendo il messaggio.
Nel mezzo di queste dichiarazioni di affetto politico del resto ci sono aziende come l’Eni che da anni gestisce importanti giacimenti petroliferi in Egitto e che poco tempo fa ha ottenuto una nuova assegnazione dal governo del Cairo. Ballano anche le armi, molte armi, che l’Italia spedisce in Egitto con il cuor leggero, non ultime le due fregate che italiane che il governo egiziano ha celebrato fastosamente.
Tra Italia e Egitto però si tende anche un filo nero sporco del sangue coagulato di Giulio Regeni, lo studente triestino fracassato di colpi dopo una lunga tortura dagli uomini della Guardia nazionale egiziana, direttamente comandata da al Sisi. Una tragedia che oltre al sangue ha ingoiato bugie di stato, depistaggi e una continua mistificazione. I presunti colpevoli dell’efferato omicidio sono da anni protetti dal presidente egiziano in persona ingolfando, si teme per sempre, un’indagine che si può classificare tra le più dolorose farse internazionali di questi ultimi anni nei confronti dell’Italia. Un’indagine circondata da promesse e rassicurazioni (anche dall’inetto e desaparecido ultimo ministro Luigi Di Maio) che non sono mai state mantenute. Tra Italia e Egitto c’è anche la dolorosa agonia giudiziaria di Patrick Zaki, studente egiziano a Bologna che dopo un ergastolo cautelare si ritrova ad affrontare un processo senza nessun rispetto dei diritti umani.
I diritti umani, appunto. Giorgia Meloni ha risposto alle felicitazioni di al Sisi così: «L’Italia è pronta a rafforzare la nostra cooperazione bilaterale su molti campi: sicurezza energetica, stabilità del Mediterraneo e del Medio Oriente, diritti umani e libertà religiosa. Grazie signor Presidente al-Sisi». Diritti umani. Come si possa “rafforzare la nostra cooperazione bilaterale sui diritti umani” con un Paese che con noi non ne ha minimamente tenuto conto è un mistero. In compenso la frase, così garbata e diplomatica come lo è Meloni in questi giorni, gronda sangue dappertutto.
Buon lunedì.