La stessa Giorgia Meloni che urlava in Spagna con i camerati di Vox promettendo sfaceli e additando poteri forti e criminali ora se ne sta in un angolo cinguettando con Draghi che fino a qualche giorno fa era un vampiro da trafiggere

La politica fertilizza la memoria breve, brevissima. Funziona così perché gli italiani hanno molto meno tempo per la politica di quanto pensino politici e commentatori: lavorano, si ingegnano sul come galleggiare, stiracchiano redditi troppo corti per coprire tutto il mese e trascinano famiglie. La memoria breve fortifica la speranza: convincersi che tutto sia veramente nuovo aiuta a credere a un cambiamento reale.

Sarà per questa maledetta memoria breve che non ci si accorge dell’ipocrisia di Giorgia Meloni che i giornali compiacenti chiamano “maturità”. La leader che urlava in Spagna con i camerati di Vox promettendo sfaceli e additando poteri forti e criminali se ne sta in un angolo cinguettando con Draghi che fino a qualche giorno fa era un vampiro da trafiggere. Dopo avere incassato il 26% dei voti ripetendo che non andava bene niente, che tutti erano sbagliati e che il suo merito più grande fosse quello di essersi opposta (l’unica a destra) a questo obbrobrio oggi Giorgia Meloni muore dalla voglia di non interrompere il flusso del governo dei migliori.

Non è una questione meramente tecnica (il presidente della Repubblica deve iniziare ancora le consultazione, deve ancora affidare l’incarico per la formazione del governo): in un periodo di crisi spaventosa che si abbatte sui cittadini e sulle imprese Giorgia Meloni non trova la lingua per dire agli italiani quale sarebbe la soluzione che vorrebbe intraprendere, la destra non trova una posizione unica per tranquillizzare gli italiani sulle prossime bollette. Rimangono le cronache di “contatti tra Draghi e Meloni” sulle pagine dei giornali, utili a una riverniciata di credibilità internazionale e poco altro.

Giorgia Meloni che sì presa i voti dei “tutti a casa!” è tentata dal tenersi il ministro Franco all’Economia. Franco, tanto per capirsi, è il ministro del migliori che Mario Draghi ha sempre ritenuto il suo più fidato collaboratore. Franco, tanto per capirsi, era il papabile presidente del Consiglio se Mario Draghi fosse andato al Quirinale. «Se mi chiede cosa penso di Daniele Franco le dico che ho gli occhi a cuoricino» ha detto ieri Federico Freni, Sottosegretario al ministero dell’Economia (Lega), ospite a Restart su Rai2.

Intorno a nostra signora dell’Ipocrisia soffia forte il vento del paternalismo. La “prima donna” che avrebbe dovuto essere l’inizio di una rivoluzione ha scatenato lo spirito protettivo patriarcale di un’orda di maschi che con artefatto paternalismo consigliano Meloni, le sussurrano quanto è brava, la invitano a godere dell’ombra di Draghi e la applaudono come una bambina che muove i suoi primi passi.

Accade il contrario di ciò che urlacciando lei aveva promesso. “Diamole tempo”, diceva ieri un interessato Calenda. Già.

Buon martedì.

 

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.