Guido Corsetto è l’uomo perfetto. Bene ha fatto Giorgia Meloni a piazzarlo al dicastero della difesa. Cosa peraltro che ci aspettavamo. Bene per gli azionisti dell’industria militare e per la belligeranza euro-atlantica del nostro Paese. Un disastro per la maggior parte degli italiani e delle italiane.
Crosetto, co-fondatore e colonna portante di Fratelli d’Italia, è un personaggio chiave del complesso militare industriale nostrano: nel 2018 “lascia” l’impegno politico e viene nominato presidente della Federazione aziende italiane per l’Aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad) ossia un’appendice di Confindustria che raggruppa gli industriali delle armi e che ha un peso specifico sui governi decisamente ingombrante rispetto allo “zero virgola” del Pil che concretamente rappresenta.
Sul sito web dell’Aiad si legge infatti che questo sodalizio «mantiene stretti e costanti rapporti con organi e istituzioni nazionali, internazionali o in ambito Nato al fine di promuovere, rappresentare e garantire gli interessi dell’industria che essa rappresenta» mentre con «l’Amministrazione e il Segretariato generale della Difesa è ormai consolidato uno stretto rapporto di collaborazione così come con altri dicasteri quali Affari esteri, Sviluppo economico, Università e ricerca scientifica od enti e istituzioni quali Enac, Asi, Cnr».
Crosetto entra poi nel Comitato direttivo dell’Istituto affari internazionali (Iai), il think tank che elabora analisi di scenario funzionali alle acquisizioni dei sistemi d’arma da parte delle forze armate. Nell’aprile 2020 viene quindi nominato presidente di Orizzonte sistemi navali, impresa creata come joint venture tra Fincantieri e Leonardo e specializzata in sistemi ad alta tecnologia per le navi militari e di gestione integrata dei sistemi d’arma.
La inossidabile fede atlantica di Crosetto (oggi, a quanto pare, più importante di quella antifascista), la sua folgorante carriera di industriale e lobbista delle armi che lo ha visto negli ultimi anni sempre a braccetto con ministri della Difesa in quota Pd da Pinotti a Guerini, lo rendono oggi un perfetto e accreditato ministro bipartisan. Una missione, a sentirlo, tutta rivolta al bene del Paese che naturalmente fa il paio con i fatturati dell’industria bellica.
Quando l’ex ministro Guerini (governo Conte Bis) nell’ottobre 2019 regalava agli industriali delle armi la norma “Government to government”, per trasformare formalmente il ministero della Difesa nel loro agente di commercio globale, Crosetto organizza a tempo record una conferenza dell’Aiad presso la sede dell’Istituto affari internazionali a Roma per celebrare la norma appena emanata e spingersi oltre.
In quella sede, l’ineffabile presidente dell’Aiad indicava la necessità di affrontare la questione delle banche etiche che «creano enormi ostacoli in termini di sostegno bancario al settore», segnalando inoltre la necessità che venga «esclusa una parte delle spese per la Difesa dal calcolo del deficit di bilancio» poiché la stessa Difesa non sarebbe un settore da «collegare ad un momento economico specifico ma, piuttosto, ad una funzione esistenziale dello Stato».
Crosetto, insomma, non gradiva quel ramo della finanza intento a svolgere il proprio eticamente, ostacolando così il bene supremo, anzi “esistenziale”, del Paese: il fatturato tricolore dell’industria militare. Ma tutto questo legittimo vigore profuso a difesa del profitto dell’industria bellica non si potrebbe configurare come un pesante conflitto d’interessi rispetto al dicastero che il nostro andrà ad occupare?
Sembra di no. Le cariche che avrebbero potuto intralciare l’atterraggio sulla prestigiosa poltrona di comando della difesa nazionale sono state per tempo abbandonate.
La forma in questo caso vale più della sostanza. Inoltre, come ha avuto modo di dire Guerini, l’industria bellica è il pilastro della politica estera e di difesa del Paese. Ed il Paese è in guerra contro una superpotenza, non c’è tempo per cercare un ministro che abbia un passato diverso da quello di Crosetto. Le porte girevoli girano vorticosamente e come perno hanno l’atlantismo.
Difficilmente assisteremo anche in questo caso ad una levata di scudi come è stato per l’assegnazione del ministero degli Esteri.