Lula è tornato. A 77 anni, dopo essere stato perseguitato, incarcerato, diventa presidente del Brasile per la terza volta. È il primo presidente del Brasile che riesce a farsi eleggere per tre volte (se teniamo conto delle elezioni “democratiche”) e si ritrova a governare un Brasile lacerato, con una maggioranza risicatissima che lo costringerà a mediare verso il centro per riuscire ogni volta ad avere la maggioranza al Congresso.
«Hanno cercato di seppellirmi vivo ma sono risorto. Oggi l’unico vincitore è il popolo brasiliano. Sarò il presidente di tutti: riuniamo la famiglia». Bolsonaro, mentre scrivo questo pezzo, ancora questa mattina, ritarda più possibile il riconoscimento dell’avversario, asserragliato nel palazzo presidenziale pronto a rilanciare i sospetti di brogli di voto. Anche in questo è la fotocopia del suo amico Trump, incapace di riconoscere la sconfitta e bisognoso di complotti per riuscire ancora una volta a mistificare la realtà.
Un’altra ombra di diavolo che sta nei dettagli è quell’unico Paese del G7 che adesso, alle 8 e 16 minuti, non si è ancora complimentato con il nuovo presidente del Brasile: noi. Non stupisce questa questa timidezza: c’è nella sconfitta di Bolsonaro tutto l’impianto della destra sovranista che avrebbe dovuto conquistare il mondo e invece raccoglie macerie. C’è il complottismo su Covid e vaccini che in Brasile ha provocato la rabbia tra la gente. Fatti documentati nelle 1.200 pagine del rapporto realizzato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) del Senato che accusa il presidente Jair Bolsonaro di undici reati per la pessima gestione della pandemia da Covid-19 in Brasile. I reati si dividono in tre categorie: crimini comuni, crimini di responsabilità e crimini contro l’umanità. Nei guai anche i suoi figli e altre 64 persone. Nella tragedia della pandemia circa 600mila brasiliani hanno perso la vita: secondo il report, 300mila morti potevano essere evitate se il negazionismo del governo non avesse prevalso.
C’è l’antiambientalismo che ha distrutto l’Amazzonia. La deforestazione nel 2021 è stata la peggiore degli ultimi 15 anni. Il governo del presidente Jair Bolsonaro non solo non è riuscito a frenare le attività criminali ma ha cercato di legalizzarle, in modo che potessero svolgersi con meno ostacoli. Bolsonaro ha infatti tagliato i fondi per numerose agenzie ambientali e ha messo da parte l’Ibama, l’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili, incaricando invece i militari brasiliani di combattere i crimini ambientali.
C’è l’opposizione all’opposizione. Bolsonaro ha passato gli anni del suo governo ad attaccare i suoi avversari politici rendendosi debole di fronte ai brasiliani: se governate che vi strizzate a fare per delegittimare gli avversari? L’opposizione all’opposizione da parte di chi governa inevitabilmente appare come uno spreco di energie. C’è poi la strumentalizzazione della religione usata come cappio per frenare i diritti civili. C’è dunque l’amore per i ricchi, soprattutto quelli furbi. Dai, non è difficile capire cosa ci sia di fortemente italiano nella sconfitta di Bolsonaro, dopo quella di Trump.
Buon lunedì.