La democrazia negli States non è messa a repentaglio solo dai politici trumpiani dalla retorica più eversiva. Gli interessi del capitale e dei milionari statunitensi in alcune sfide politiche hanno giocato un ruolo di primo piano. Basti guardare alla vittoria del senatore repubblicano JD Vance alle midterm elections e voto in Louisiana che ha sancito il mantenimento della schiavitù carceraria

Dopo l’appuntamento elettorale di metà mandato, gli Stati Uniti appaio come una Paese diviso a metà. Alcune gare come quella in Georgia, Nevada e Arizona si concluderanno a dicembre quando gli elettori saranno nuovamente chiamati alle urne per decidere sui ballottaggi. I risultati ottenuti finora sono però lo specchio di un sistema elettorale ampiamente maggioritario, bipartitico, che lascia davvero poco spazio alla rappresentatività degli elettori.

Durante queste elezioni si è ampiamente parlato di “minaccia alla democrazia” che alcuni candidati repubblicani potrebbero rappresentare per la loro solerzia nel rifiutare la validità delle elezioni presidenziali del 2020, da loro definite stolen elections, ossia “elezioni rubate”. Il vero rischio per la democrazia però, così come per molti altri Paesi, sembra essere rappresentato dalle ingerenze degli interessi del capitale e dei milionari statunitensi in alcune sfide politiche. Per capirlo, è sufficiente guardare al sostegno di Peter Thiel al neoeletto senatore repubblicano JD Vance in Ohio oppure al rifiuto della Louisiana di abolire la schiavitù penitenziaria.

JD Vance, autore di Elegia americana, oltre che un noto scrittore è anche imprenditore, “venture capitalist” e avvocato. La sua campagna ha fatto leva sulla crescente insoddisfazione economica dei cittadini dell’Ohio identificando nel presidente in carica la ragione principale del deterioramento dell’economia del Paese. La mossa è stata sicuramente vincente dati gli alti livelli d’insoddisfazione economica in questo Stato. Il suo avversario democratico, Tim Ryan, non è stato da meno, e per la prima volta dopo molto tempo un candidato democratico è stato in grado di aprire un dialogo con la classe operaia bianca dell’Ohio.

La grossa differenza in questa campagna l’hanno fatta i soldi. L’elezione alle primarie di JD Vance è stata ampiamente finanziata da una figura decisamente discutibile: il miliardario della tecnologia Peter Thiel che ha donato una somma di denaro record per sostenere JD Vance sia alle primarie che nella corsa al Senato. Thiel, cofondatore di Paypal, nel 2016 è stato uno dei maggiori donatori della campagna presidenziale di Trump e rimane uno dei principali finanziatori del movimento trumpiano Make America great again. Dopo aver saltato la corsa presidenziale del 2020, quest’anno ha sostenuto sedici candidati al Senato e alla Camera, molti dei quali rifiutano la validità delle elezioni del 2020.

Dalle dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni si evince che l’ideologia politica di Thiel è un miscuglio di liberismo economico e nazionalismo che unisce un’ideologia estremamente conservatrice a livello valoriale con un rifiuto di tassazioni e controlli governativi dell’impresa. Nel 2009, ad esempio, Thiel scrisse che l’estensione del voto alle donne negli anni 20 «aveva reso la nozione di “democrazia capitalista” un ossimoro» ed uno dei motivi per cui da quell’anno la democrazia statunitense smise di funzionare. Ha anche fatto dichiarazioni in cui elogia i sistemi monarchico/autoritari e le loro potenzialità per quanto riguarda il controllo sociale.

Il grosso investimento di Thiel sul candidato repubblicano in Ohio Vance – ex dipendente della Mithril capital management fondata proprio dal venture capitalist statunitense nonché beneficiario di un sostegno sempre di Thiel nell’apertura di un fondo di capitale ad altro rischio – non è stato casuale. Infatti, pur disponendo di meno fondi e di un supporto altalenante da parte del suo partito, l’avversario Ryan ha fatto un’ottima campagna ed è stato in grado di parlare alla classe operaia bianca dell’Ohio, da sempre considerata una causa persa dal resto del Partito democratico.

John Anzalone, sondaggista di lunga data di Joe Biden, ha definito Ryan «una superstar che potrebbe capire i lavoratori meglio di chiunque altro nel nostro partito». Celinda Lake, un’importante sondaggista democratica che ha lavorato per la campagna elettorale di Biden nel 2020, ha dichiarato che, indipendentemente dalla sconfitta, per i democratici Ryan rimarrà «molto influente per la promozione di un nuovo messaggio economico nel partito». Ryan era evidentemente un candidato molto pericoloso per la destra neoliberale statunitense ed è servito l’intervento di un milionario con idee illiberali e tendenti all’autoritarismo per garantire il mantenimento di una salda presa repubblicana sull’Ohio.

In cinque Stati, inoltre, a margine delle elezioni di midterm i cittadini sono stati chiamati ad esprimersi sulla fine della cosiddetta “schiavitù penitenziaria”: Tennessee, Alabama, Oregon, Vermont e Louisiana. Quest’ultimo, come abbiamo detto, è stato l’unico Stato a respingerne l’abolizione.

Quando il XIII emendamento fu ratificato nel 1865, venne abolita formalmente la schiavitù in tutti gli Stati Uniti, «tranne come punizione per un crimine». In Louisiana, i carcerati sottoposti ai lavori forzati vengono pagati due centesimi di dollaro l’ora. Alcuni prigionieri sono costretti a lavorare per un periodo iniziale fino a tre anni senza retribuzione. Il penitenziario statale della Louisiana, noto come “Angola”, è la più grande prigione di massima sicurezza della nazione situata su 18mila acri di terra che in origine era il sito di piantagioni schiaviste. Qua, come durante lo schiavismo, i prigionieri lavorano nei campi di cotone, mais, soia e canna da zucchero. Non sorprenderà sapere che il 74% delle persone incarcerate in questo penitenziario sono persone di colore. I prigionieri lavorano nei campi con accesso limitato all’acqua, riposo minimo e senza servizi igienici, sotto la supervisione di ufficiali penitenziari armati a cavallo.

Uno studio dell’American civil liberties union (Aclu) ha dimostrato che la Louis Dreyfus commodities, un’impresa che commercia materie prime, ha acquistato 2,4 milioni di dollari di mais e semi di soia prodotti dai prigionieri impiegati nel programma delle industrie carcerarie statali dal 2017 al 2020, mentre numerose società di aste di bestiame hanno acquistato almeno 5 milioni di dollari di bestiame allevato nelle carceri della Louisiana durante lo stesso periodo di tempo. Il bestiame venduto all’asta nel libero mercato arriva poi fino ai consumatori senza alcuna indicazione di provenienza carceraria.

La campagna elettorale contro l’abolizione della schiavitù carceraria non è stata così esplicita e apertamente supportata dai rappresentanti dell’élite economica del Paese, infatti, non si sono alzate voci dichiaratamente a favore dello sfruttamento dei prigionieri. Sarebbe stato molto difficile da legittimare. Molti degli oppositori hanno definito l’emendamento come prettamente simbolico e inefficace nel risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Mike Johnson repubblicano rieletto alla Camera in questa tornata elettorale, orgoglioso anti-abortista e ex portavoce dell’Alliance defense fund (un’organizzazione no-profit che lavora per limitare i diritti delle persone LGBT+), ha dichiarato che Edmond Jordan – il democratico che ha proposto l’emendamento – avrebbe fatto meglio a concentrarsi sui reali problemi delle carceri, minimizzando la portata dell’emendamento costituzionale.

Questo sistema inumano ha radici profonde nella tradizione schiavista americana e permette di perpetuare uno sfruttamento razzista della manodopera di colore con il quale lo Stato della Louisiana e la sua classe capitalista si arricchiscono enormemente. Questi due esempi dimostrano come la logica dello sfruttamento e della prevaricazione della classe imprenditoriale statunitense abbia giocato un ruolo senza dubbio molto importante in queste elezioni. Quello che è successo in Louisiana è sicuramente la manifestazione di un razzismo istituzionalizzato che però mira allo stesso tempo al mantenimento dei privilegi economici degli imprenditori lousiani per quanto i candidati del partito repubblicano non si siano schierati apertamente in questa direzione. Mentre l’intervento di Thiel a sostegno di Vance indica sullo sfondo il timore della classe imprenditoriale di perdere uno Stato in cui politiche a sostegno del lavoro potrebbero avere una forte risonanza sull’elettorato.

 

* L’autrice: Federica Stagni scrive da Lafayette, Indiana. È dottoranda di Scienze politiche e sociologia alla Scuola normale superiore

In foto, il cofondatore di Paypal e venture capitalist Peter Thiel