Con il decreto anti-rave lo Stato di polizia sostituisce lo Stato di diritto. È un’arma micidiale per intimidire in via preventiva ed evitare che ci possano essere manifestazioni e dissenso

Il decreto legge passato alla cronaca come provvedimento “anti rave” rappresenta lo strumento politico-giuridico con cui la destra ha mostrato subito in maniera muscolare il suo volto autoritario e proteso verso la realizzazione dello Stato di polizia in sostituzione dello Stato di diritto. Il rave è stato solo il pretesto per motivare, in modo approssimativo e incostituzionale, i presupposti di necessità ed urgenza. Per intervenire sul rave bastavano gli strumenti normativi esistenti. Con il decreto legge voluto dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si attenta alle libertà civili delle persone.

È introdotto il reato di assemblea, riunioni, manifestazioni, cortei, occupazioni, raduni, incontri, di oltre 50 persone che a discrezione delle forze di polizia possono essere ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica o la sanità pubblica. Per gli organizzatori è prevista una pena da tre a sei anni, quindi arresto in flagranza, possibilità di custodia cautelare, intercettazioni, addirittura si introduce la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, provvedimento utilizzato per i delitti di mafia. Per i partecipanti è sempre reato ma con pena ridotta.

Si tratta di una fattispecie delittuosa abnorme, illegittima ed incostituzionale. Viola i principi di tassatività e determinatezza che debbono caratterizzare le norme penali, lasciando invece una discrezionalità ai limiti dell’arbitrio alla polizia giudiziaria prima e alla magistratura dopo. Non sussistono i presupposti di necessità e di urgenza. Si violano i principi di libertà di riunione ed associazione scolpiti tra i diritti fondamentali della Costituzione. Autore di questa norma monstrum è un prefetto della Repubblica, oggi ministro dell’Interno, capo politico delle forze di polizia. Da lui politicamente partono direttive ed ordini per reprimere il dissenso e il conflitto sociale. Con il rischio concreto di un uso politico delle forze di polizia che sono al servizio del popolo e non di una parte politica.

Siamo all’abuso giuridico del potere, all’uso illegittimo del diritto e all’oscurantismo politico più retrivo. La retorica autoritaria e repressiva di destra diventa norma. Il diritto viene piegato all’ideologia politica. Hanno paura del dissenso e della democrazia e preparano manganelli, manette e galere. Quelle moltitudini di persone, spesso disperate e affamate di diritti che ho visto negli anni di sindaco di Napoli sotto il Comune e con i quali dialogavo nel conflitto sociale senza mai richiedere uno sgombero o un manganello diventano oggi piazze da arrestare per sporcare per sempre la fedina penale di chi non piega la schiena al sistema.

Oppure pensiamo a ragazze e ragazzi che occupano una scuola o un’università, oppure ancora a cittadine e cittadini che manifestano contro il caro bollette, ed anche ogni iniziativa spontanea per far sentire la voce della democrazia. Le voci non gradite al potere verrano punite. Poi è un’arma micidiale per intimidire in via preventiva ed evitare proprio che ci possano essere manifestazioni e dissenso. Già i governi di centro-sinistra e quelli a maggioranza Cinquestelle avevano mostrato profonda insofferenza verso i luoghi di libertà e le forme di dissenso: si pensi ai decreti sicurezza che colpivano anche gli spazi culturali e i beni comuni oppure la stessa modifica oltremodo repressiva della fattispecie di reato di blocco stradale. Insomma il potere è tendenzialmente sempre più allergico alla democrazia, alla partecipazione, al dissenso, immaginiamoci poi alle contestazioni.

Per poi arrivare in queste ultime settimane all’insediamento di Meloni alla presidenza del Consiglio e al suo primo decreto legge machista e bullo contro i diritti e le libertà civili. Non so se fa più orrore un politico che agisce in questo modo o un uomo delle istituzioni prestato alla politica che piega il diritto all’ideologia. Chi usa la violenza della legge e del potere contro i diritti è un debole che usa la spada di ferro dell’ordine costituito contro i veri deboli e invece la spada di latta contro il sistema criminale, la borghesia mafiosa e la corruttela di stato. Non è questo un governo autorevole ma un governo autoritario.

 

* L’autore: giurista e saggista dopo molti anni di lavoro da magistrato e da sindaco di Napoli, Luigi de Magistris oggi guida l’Unione popolare

In foto: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi