Nel 2002 avevamo ragione, ma non basta. Per questo, durante il ventennale del primo Forum sociale europeo, oltre 150 organizzazioni e movimenti hanno deciso di ricostruire un percorso comune

La guerra multilivello che permea il pianeta è il lato oscuro del nostro tempo. Mentre il conflitto in Ucraina rischia di trasformarsi in una terza guerra mondiale, ci siamo assuefatti a varie decine di conflitti dimenticati, dalla Palestina al Kurdistan, allo Yemen. Fra questi, i più obliati di tutti si combattono da lungo tempo nel continente africano, con numeri di vittime impressionanti e carneficine che non riusciamo neppure a vedere perché esterne al nostro orizzonte occidentecentrico.

Al di là dei conflitti militari in senso stretto, c’è la guerra scatenata dal nostro modello di produzione e di consumo contro il clima e la natura. C’è la guerra patriarcale contro le donne, dall’Iran alle nostre latitudini. C’è la guerra sociale dei ricchi contro i poveri, in un pianeta che vede crescere le diseguaglianze e polarizzarsi la ricchezza: “la lotta di classe dopo la lotta di classe”, per riprendere la celebre definizione del sociologo Luciano Gallino, è pienamente in corso.

Il nostro continente si trova in mezzo ad una tempesta perfetta, gli effetti dell’invasione dell’Ucraina non sono solo i morti ucraini e russi, ma anche il carovita, il caroenergia, l’inflazione che sale a fronte di salari stagnanti e a farne le spese sono soprattutto i ceti popolari. Anche la transizione ecologica è una vittima di guerra, mentre si riaprono centrali a carbone e torna in auge l’energia atomica. L’Unione Europea, che nel frattempo si riarma fino ai denti, Germania in testa, è geopoliticamente sempre più marginale, priva di un ruolo autonomo e incapace di una vera iniziativa di pace mentre la globalizzazione che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni sembra lasciare il passo a una nuova forma di globalizzazione settoriale o macroregionale, con un pezzo di pianeta che si sta agglomerando attorno alla Cina, a partire dall’India.

Ma oltre al lato oscuro c’è il lato luminoso del tempo presente. Per restare alle metafore cinematografiche pop, non c’è solo il dark side evocato nella saga Guerre stellari: i Monty Python, al termine del film Brian di Nazareth, fanno cantare ai protagonisti «always look at the bright side of life», guarda sempre al lato luminoso e positivo della vita. E il lato luminoso si è riunito a Firenze nel ventennale del Forum sociale europeo: i movimenti per il clima e l’ambiente, a partire da quelli di nuova generazione come i Fridays for future, i movimenti delle donne, i movimenti del lavoro e dei precari, con vertenze diventate simboliche come quella di Gkn, i movimenti contadini e per i beni comuni, le organizzazioni sociali e culturali che si battono per un altro mondo possibile. Ma del lato luminoso fanno parte anche le pratiche che stanno già prefigurando l’alternativa, dall’agricoltura contadina alle comunità energetiche, dalle tante forme di economia sociale e solidale alle iniziative di mutuo soccorso moltiplicatesi in questi anni di crisi, fino alla tante esperienze di commoning, cura e creazione di beni comuni.

Le analisi corrette e le giuste proposte per risolvere i grandi nodi del nostro tempo le abbiamo oggi e le avevamo 20 anni fa quando nel primo Forum sociale europeo denunciavamo la finanziarizzazione dell’economia e proponevamo, prima dello scoppio della crisi dei mutui subprime e del fallimento di Lehman Brothers, concrete misure per ridurre le dimensioni mostruose dell’economia finanziaria e speculativa, a partire dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Sollevavamo la centralità della questione climatica ed ambientale e indicavamo soluzioni per un’effettiva transizione ecologica. Discutevamo di accesso ai beni comuni, sociali e naturali, come l’acqua, il cibo, i farmaci: allora ci battevamo a fianco di Nelson Mandela contro le multinazionali farmaceutiche per garantire a milioni di persone povere l’accesso ai medicinali salvavita contro l’Aids, oggi si tratta di liberare i vaccini anti Covid-19 dai brevetti. Dibattevamo di reddito di base e reddito di cittadinanza. Dicevamo, per riprendere il motto di Ernesto Balducci, “se vuoi la pace, prepara la pace”: promuovere politiche di disarmo, mettere al bando la produzione e la vendita di armamenti, costruire relazioni globali di pace, non alleanze militari di morte. Se le nostre proposte fossero state tradotte in politiche, oggi non ci troveremmo nella crisi ecologica e sociale in cui siamo immersi.

Ma evidentemente avere ragione non basta. Non è sufficiente avere analisi perfette e soluzioni giuste, allora come oggi, per cambiare effettivamente il mondo, per incidere, per mutare i rapporti di forza. È un’illusione illuministica ritenere che basti avere la ragione dalla propria parte per vincere e per rendere questo mondo più giusto.

Non ci siamo dunque trovati a “2022Firenze”, assieme ai delegati di oltre 150 organizzazioni e movimenti italiani ed europei, per celebrare il passato, tantomeno per compiacerci delle nostre capacità di analisi e di proposta in anticipo sui tempi. Semmai per iniziare un percorso comune e individuare i nodi problematici e le domande aperte a cui provare a dare risposta nei prossimi mesi. Dove va l’Europa, in questo mondo che sta cambiando rapidamente? Come possiamo battere il consenso dell’estrema destra? Ma sopratutto, come possiamo dare forza al lato luminoso del presente? In altri termini, perché non riusciamo ad incidere sulle agende politiche nazionali e dell’Ue? Perché non riusciamo a parlare e coinvolgere quella massa di persone che è colpita, come noi, dalle crisi del nostro tempo, dalla guerra, dalla precarizzazione del lavoro, dal carovita, ma resta chiusa nel rancore, in una solitudine arrabbiata, terreno di coltura delle destre? Come riusciamo a parlare a chi non è già attivo e coinvolto nelle nostre tante organizzazioni o nei nostri movimenti, a quella grandissima parte di persone che non partecipa alle nostre assemblee e alle nostre manifestazioni? Nessuno ha facili risposte a queste domande, ma ci è chiara la necessità di sostituire alle paure un orizzonte di speranza collettiva e all’ideologia dominante un nuovo logos. È il non facile tema della costruzione collettiva di una controegemonia culturale e politica sia al neoliberismo sia alle false alternative antisistema incarnate dalle destre.

Una traccia di soluzione è già in questo primo tentativo di convergenza europea dei movimenti e delle organizzazioni sociali di tutto il continente dopo anni di frammentazione tematica, geografica e spesso generazionale, dove ciascun pezzo si è occupato dei suoi temi, perlopiù rinchiudendosi nei propri confini nazionali. Per costruire una massa capace di incidere, per lavorare assieme a progetti inclusivi e controegemonici, per porci all’altezza dei problemi del nostro tempo, del capitale finanziario transnazionale e dei poteri che decidono delle nostre vite dobbiamo essere capaci di spezzare i gusci nazionali e tentare una riconnessione su scala quantomeno continentale, che provi a tenere assieme tutti i lati luminosi del presente.

“2022Firenze” è stata solo una tappa e un piccolo contributo su questo cammino verso un’agenda comune e future mobilitazioni condivise. Per questo l’incontro si è chiuso senza chiudersi ma aprendo alla creazione di un tavolo stabile di relazione fra tutte le organizzazioni e i movimenti europei, con riunioni periodiche e due obiettivi: includere nei prossimi mesi tutti i soggetti, piccoli e grandi, disponibili a unirsi e a coordinarsi; progettare mobilitazioni globali della società civile, a partire da un’AlterCop in occasione della prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, facendo convergere movimenti di tutte le generazioni. Consapevoli che uniti siamo più forti, più convincenti, più efficaci e più capaci di incidere, oltre che più speranzosi e più felici.

 


Venticinque Paesi presenti, oltre 700 delegati: i numeri di 2022Firenze

2022Firenze, la riunione continentale ospitata nel capoluogo toscano in occasione del ventennale del Forum sociale europeo, si è articolata in 45 appuntamenti e in una grande assemblea plenaria al Palaffari cittadino, con la partecipazione complessiva di oltre 700 delegati in rappresentanza di 155 organizzazioni italiane ed europee. Ben 25 i Paesi presenti, dalla Danimarca alla Grecia, dal Portogallo all’Ungheria, con voci dall’Iran, dall’Iraq, dalla Libia, dal Brasile e una connessione online con l’Assemblea della Terra in America Latina e gli attivisti presenti a Sharm el-Sheikh in Egitto in occasione della Cop27.

Nell’assemblea plenaria, introdotta da Tommaso Fattori (autore dell’articolo che abbiamo pubblicato, già consigliere regionale per Sì Toscana a Sinistra e organizzatore del primo Forum sociale europeo del 2002, ndr) a nome del comitato promotore e seguita anche online da oltre 2mila persone, hanno preso la parola oltre 100 rappresentati delle organizzazioni e dei movimenti, di tutte le generazioni e di tutte le aree geografiche, in rappresentanza dei Fridays for future e dei movimenti delle donne, del movimento per la pace e del movimento antirazzista, dei movimenti contadini e dei beni comuni, oltre che le organizzazioni sociali, culturali, di cooperazione internazionale, di finanza etica, di economia sociale e solidale, varie organizzazioni sindacali e politiche della sinistra europea. Fra questi, gli organizzatori della grande manifestazione della pace del 5 novembre a Roma e gli animatori di vertenze del lavoro ed ecologiste, intellettuali di fama mondiale come il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi e tante attiviste oggi in prima linea dal nord Europa, con la polacca Marta Lempart che si batte per il diritto all’aborto e della comunità Lgbtqi+, al sud, con la libica Souad Wheidi in difesa dei migranti torturati nei campi di concentramento libici.