A differenza della guerra in Ucraina, in questo caso chi bombarda è un Paese Nato ed è uno dei migliori clienti dell'industria delle armi italiana

Ha ragione Valerio Renzi. C’è stato un tempo in cui le donne yazide, curde, circasse e arabe campeggiavano sulle prime pagine di tutte le riviste patinate in Italia. Erano quelle che ci avevano aiutato a sconfiggere l’Isis, liberando Kobane. A Kobane ora cadono le bombe. Per Erdogan è stato fin troppo facile: l’attentato avvenuto a Istanbul lo scorso 13 novembre ha spinto l’autocrate turco ad additare il Pkk, formazione di guerriglia curda socialista, come colpevole. Da lì il passo è stato breve. Secondo Erdogan le bombe sono il modo migliore per creare una “zona cuscinetto” per garantire i propri confini.

Le bombe turche sono cadute su Kobane e altri territori curdi nel Nord della Siria e dell’Iraq, provocando vittime, tra cui anche un giornalista. Al momento, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, le vittime sarebbero quindici, di cui nove membri delle Forze democratiche siriane e sei militari siriani. Altre fonti, invece, preannunciano un bilancio più pesante: almeno quarantacinque morti, tra forze siriane e miliziani curdi. Farhad Shami, portavoce delle Forze democratiche siriane, su Twitter, ha scritto che tra i morti ci sarebbe anche un giornalista. E ha aggiunto: «L’occupazione turca sta prendendo di mira i giornalisti, cercando di coprire i suoi crimini».

In nome della propria sicurezza e sulla base di prove non verificate dalla comunità internazionale la Turchia ha aggredito. Anche a Kobane c’è chiaramente un aggredito e un aggressore. Solo che in questo caso l’aggressore è un Paese Nato ed è uno dei migliori clienti dell’industria delle armi italiana.

Ora che si fa? L’evento è significativo. Si potrebbe organizzare un aperiguerra a Milano e urlare la necessità di armare il più possibile gli aggrediti. Ci ritroveremmo nella situazione di spedire armi a un Paese che si difende dalle armi che noi abbiamo venduto all’aggressore. Lo vedete il tilt?

Qualcuno è riuscito anche in una situazione del genere a dare addosso ai “pacifisti”. I pacifisti (di cui tutti parlano ma che in pochi hanno ascoltato) risponderebbero sempre allo stesso modo poiché da sempre tengono la stessa linea senza modificarla in base all’amicizia con una delle parti. Chiederebbero una pressione internazionale per un cessate il fuoco immediato (e con la Turchia è molto più facile che con la foga assassina di Putin perché la Turchia senza i soldi dell’Europa rimarrebbe molto prima in mutande) e chiederebbero che non si usino le armi per risolvere una tensione tra Stati. Attenti, quelli che chiedono una “resa unilaterale” dell’Ucraina – che verranno citati strumentalmente in questi giorni per giustificare le bombe sulla Siria e sull’Iraq – sono un’invenzione di sedicenti politici e commentatori. Non esistono, sono al massimo una decina di squinternati.

Ora basta osservare gli eventi per notare limpidamente l’ipocrisia.

Buon martedì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.