L'Alleanza contro la povertà lancia l'allarme sull'abolizione del Reddito di cittadinanza voluta dal governo Meloni: la logica non deve essere quella di tagliare una misura fondamentale per garantire una vita dignitosa, ma di renderla più efficace. Così si rischia la tenuta sociale del Paese, dicono le associazioni

Chi si preoccupa di povertà da sempre ora è davvero preoccupato. Alleanza contro la povertà (gruppo in cui siedono associazioni che vanno da ActionAid e Save the children ai sindacati all’Anci, passando per Comunità di Sant’Egidio e Forum Nazionale del Terzo Settore) parla di un mancato contatto con la realtà da parte del governo. Forse è anche peggio di così: Meloni e compagnia sanno benissimo cosa stanno facendo e per chi devono farlo.

«Preoccupante annunciare la soppressione di una misura di contrasto alla povertà a partire dal 2024 senza delineare alcuna ipotesi di sostituzione. Intervento che tra l’altro andrebbe a definirsi in un periodo che si preannuncerebbe di recessione», rileva l’Alleanza contro la povertà: «La logica non può essere quella di tagliare uno strumento, ma di renderlo più efficiente ed efficace. Da tempo l’Alleanza sostiene che sono certamente necessarie modifiche per migliorare il Rdc per rispondere alla crescente popolazione in condizione di bisogno. Si tratta di modifiche che vanno dall’ampliamento della platea degli aventi diritto all’adeguamento degli importi in relazione all’aumento del costo della vita fino al rafforzamento effettivo dei percorsi di politiche attive del lavoro».

L’abolizione del Reddito di cittadinanza, sottolinea il gruppo, colpisce «quelle famiglie in povertà in cui il componente abile al lavoro risulterebbe colpevolizzato rispetto al fatto di non riuscire ad essere occupato entro 8 mesi». Ma l’occupabilità dei percettori è un concetto molto relativo e se le risposte sono quelle che dice il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon la situazione sarà nerissima. «Cosa succederà se questi 660mila non troveranno lavoro?», gli ha chiesto ieri a Radio24 il giornalista Simone Spetia. «Se lo cercheranno», è stata la risposta.

Come si dice da tempo molti di coloro che non avranno più accesso al Reddito di cittadinanza (i cosiddetti “occupabili”) hanno più di 50 anni, una basso titolo di studio e una povertà che non è solo economica. I poveri assoluti tra l’altro si trovano anche all’interno di famiglie in cui qualcuno è occupato ma riceve uno stipendio talmente basso da non riuscire a garantirsi una vita dignitosa. Per questo secondo l’Alleanza contro la Povertà «ridurre la durata per il 2023 e rendere più stringenti le condizioni per i lavoratori considerati occupabili è un intervento che non tiene conto di tutti i dati ufficiali e dei principali studi che mostrano quanto la platea presa in considerazione abbia bisogno di essere inserita in adeguati e supportati percorsi di formazione e riqualificazione, di inserimento lavorativo o di promozione dell’auto-imprenditorialità cooperativa». «Abolire un sussidio che aiuta 3 milioni e 380 mila individui è ingiusto e rischioso per la tenuta sociale del Paese», scrivono. Tenetelo a mente perché quando accadrà Meloni e compagnia ricominceranno con il solito metodo del vittimismo o del complotto.

Buon giovedì.

Nella foto: persone in fila per presentare la domanda per ottenere il Reddito di cittadinanza, Torino, 6 marzo 2019

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.