L'editoriale che introduce Left - dicembre 2022

«Io sono Giorgia, madre, cristiana», afferma il presidente del Consiglio, che vuole essere appellata al maschile. Io sono Simona, atea, non ho figli, ho l’onore e il privilegio di dirigere Left. Rappresento una devianza dal punto di vista di Meloni e della congerie di governo? A dire il vero personalmente questo mi preoccupa poco, forte di una lunga storia di antifascismo, di giornalismo militante e soprattutto di ricerca e formazione personale nell’ambito di una quarentennale ricerca sulla realtà umana, che ha messo al centro il riconoscimento dell’identità e della creatività delle donne, al di là di fare figli. Quello che mi preoccupa semmai è l’afasia della sinistra che non contrasta le proposte del governo Meloni con sufficiente forza e mi domando perché.

O meglio temo di saperlo: perché al fondo l’opposizione è altrettanto cattolica. Altrimenti avrebbe alzato barricate già quando, poco prima dell’insediamento dell’esecutivo di destra, il senatore Gasparri ha riproposto, come ad ogni inizio legislatura, un ddl che vorrebbe riconoscere identità giuridica all’embrione, in maniera del tutto antiscientifica e antistorica, addirittura negando quel che affermava già il Codice napoleonico, ovvero che la vita umana comincia alla nascita.

Impotente sul piano economico, dacché non si può scostare dalla via solcata da Draghi per la manovra, dilaniato fra mille contraddizioni interne su Flat tax, pensioni e molto altro, il governo Meloni ha accelerato sul piano culturale e identitario. Prima con la nomina alle presidenze di Senato e Camera di La Russa e di Fontana, uno collezionista di busti del Duce e mai dichiaratosi antifascista, l’altro già deus ex machina del reazionario Congresso delle famiglie che vide la partecipazione anche di Salvini e di Dugin, l’ideologo di Putin. Poi ecco i nomi dei ministeri ribattezzati in chiave cattolica e sovranista, uno dei quali il neonato ministero della Famiglia e della natalità affidato a Eugenia Roccella, ex radicale, paladina della campagna contro la Ru486, farmaco salvavita secondo l’Oms, ma per lei veleno per «aborto chimico».

Forse il governo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia non metterà mano alla legge 194, ma sul modello polacco e ungherese attaccherà la libertà di scelta colpevolizzando le donne che decidono di interrompere una gravidanza obbligandole ad ascoltare il battito del cuore del feto, come sembra che già accada in Umbria, stando alla denuncia della deputata di Sinistra italiana Piccolotti. E soprattutto renderà loro impervia la via all’aborto farmacologico, ovviamente meno invasivo di quello chirurgico, perché per costoro bisogna soffrire per interrompere una gravidanza. L’obiettivo è chiaro.

Colpevolizzare le donne che decidono di abortire e far passare l’idea (falsa) che l’embrione sia persona per stigmatizzarle come assassine, in accordo con quanto dice papa Francesco che addita come killer i medici non obiettori («L’aborto è un omicidio, come assumere un sicario»). Sono narrazioni violentissime, fuori dalla storia, ne abbiamo scritto tanto su Left, ma in questa congiuntura di grave arretramento culturale e politico nella cover story di questo nuovo numero torniamo a  decostruirle in maniera scientifica. A proposito di violenza misogina può bastare come esempio l’articolo di Langone su Libero che titola “Togliamo i libri alle donne e vedrete che tornano a fare figli”. Questo livello è analogo a quello che ritroviamo nell’eloquio del ministro Piantedosi verso i migranti definiti «carico residuale», e, nella pratica, concretizzato in iniqui sbarchi selettivi di persone in fuga da morte certa e gravi crisi sociopolitiche molto spesso peraltro provocate da Paesi occidentali. Lo ritroviamo poi nell’ossessione di fermare inesistenti invasioni di immigrati e di giovani ravers, che magari, chissà potrebbero anche incontrarsi per conoscersi, per stare insieme, per intrecciare rapporti d’amore.

Tutto ciò che è irrazionale, libero movimento, sessualità che non sia finalizzata alla procreazione terrorizza questa destra estrema, che nega la laicità come principio fondante della Costituzione su cui ha giurato e poi con goffaggine propone bonus per matrimoni in Chiesa (salvo essere poi costretta a fare dietro front). Che mentre taglia finanziamenti alla scuola pubblica, sfrontatamente foraggia le paritarie. Che vorrebbe infestare i consultori di crociati  pro life per terrorizzare le donne e, soprattutto, le giovanissime che decidono di interrompere una gravidanza. E che guarda agli Stati Uniti dove è stato cancellato il diritto all’aborto a livello federale.

Proprio su questo tema, per fare chiarezza in maniera autorevole abbiamo chiesto l’aiuto della massima esperta di neonatologia, la psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti, docente della scuola Bios psiché. Con lei ed altri torniamo ad argomentare e documentare perché l’aborto non è un omicidio, dacché il feto, che è realtà biologica, non ha realtà mentale, che invece emerge alla nascita, quando il feto venendo alla luce va incontro a una trasformazione radicale, a una cesura assoluta fra il prima e il poi. Solo con la nascita nel bambino, dalla biologia e non per luce divina, compare la realtà mentale. Importantissime sono le ricadute sul piano politico di ciò che scrive la professoressa Gatti, a partire dalla Teoria della nascita di Massimo Fagioli. Smascherano le azioni di un governo che ha il terrore della sessualità, il terrore del desiderio, che vuole ricondurre tutto alla necessità di dare figli alla patria, bianchi e cristiani. Il tutto, per di più, proprio mentre la popolazione mondiale ha superato gli otto miliardi di persone.


Editoriale di Left n.32 del 2 dicembre 2022
Copertina illustrata da Fabio Magnasciutti

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.