Cronaca di un attentato mancato. I preparativi della cerimonia di insediamento del nuovo governo di Luiz Inácio Lula da Silva che si terrà a Brasília l’1 gennaio, alle 11 (fuso orario italiano) hanno subito una importante e improvvisa modifica in corso d’opera. Come è noto le forze dell’ordine locali il 24 dicembre hanno disinnescato una bomba piazzata nei pressi dell’aeroporto di Brasilia, scoprendone altre cinque accanto ad un vasto arsenale nell’appartamento preso in affitto dal terrorista arrestato. Quindi il piano è quello di rafforzare ulteriormente le misure di sicurezza del futuro presidente, così come dei futuri Ministri e dei 17 capi di Stato, già confermati per congratularsi con Lula.
Nel covo sono state trovate diverse mitragliatrici, fucili con mira laser, pistole, tute mimetiche e migliaia di proiettili per un valore di circa 22mila euro, una cifra esorbitante in moneta locale, trattandosi di un importo incompatibile con la vita dell’uomo arrestato, gestore di una stazione di rifornimento nello Stato del Pará. Soltanto una settimana prima di questa inquietante scoperta, il ministro della Difesa di Bolsonaro, generale Augusto Heleno, aveva garantito ai sostenitori di Bolsonaro che Lula, apostrofato «bandito» dai manifestanti, non avrebbe varcato la soglia del Palácio do Planalto. Subito dopo la ripercussione negativa del video divulgato dal portale di notizie Metropoles, il generale ha smentito la sua affermazione via Twitter, attaccando la stampa che ha divulgato. Il primo dispositivo atto a provocare una reazione esplosiva è stato trovato sabato 24 dicembre sotto un’autocisterna carica di benzina per velivoli. Caratterizzato da un’emulsione utilizzata dall’industria mineraria, era munito da un detonatore con timer. L’ordigno applicato sotto l’autobotte sarebbe stato azionato nell’aeroporto di Brasília nel corso di un’operazione di rifornimento di un aereo fermo in pista; questa è stata la confessione del terrorista arrestato, un imprenditore di nome George Washington de Oliveira Sousa.
Il nobile gesto del pilota è stato determinante, avendo immediatamente segnalato la sconcertante scoperta alla polizia. Dopo aver confessato l’iniziale intenzione di piazzare l’esplosivo nella centrale di distribuzione elettrica del distretto federale, per provocare un blackout nella capitale, il terrorista ha ammesso di aver confezionato la bomba ad orologeria con dell’esplosivo spedito da altri e di aver agito in gruppo. Secondo la confessione, un secondo terrorista avrebbe installato il manufatto nell’autobotte; insieme, avrebbero deciso di farla esplodere nell’aeroporto nella stessa giornata del 24 dicembre. Il dispositivo, tuttavia, non ha funzionato. La perizia della polizia civile ha confermato il tentativo di azionarlo.
«L’arrestato appartiene al movimento che appoggia il presidente in carica», ha affermato il capo della polizia civile del distretto federale (Pcdf), Robson Cândido, parlando di appartenenza dell’uomo ad un gruppo terroristico non del tutto identificato, ma disposto a disseminare ulteriori bombe per la capitale, con l’obiettivo di turbare o provare ad impedire il regolare svolgimento del processo democratico. «Egli afferma di agire in nome di una missione politico-ideologica. Ci appare evidente che la situazione è ormai del tutto fuori controllo».
A detta di Cândido, se i piani criminali del gruppo terroristico andassero a buon fine, come auspicato dall’arrestato, si verificherebbe una tragedia inimmaginabile, con centinaia di morti. Una delle pagine più buie della storia politica del Brasile democratico.
In effetti, nel corso della giornata del 25 dicembre, altri 40 chili di esplosivi sono stati trovati, assieme a giubbotti anti proiettili, nei pressi di una zona boschiva nella regione amministrativa chiamata Gama, sempre nel distretto federale.
Nella conferenza stampa avvenuta subito dopo l’arresto, il capo della polícia cívil del distretto federale ha chiarito che l’imprenditore arrestato aveva deciso di recarsi a Brasília subito dopo la vittoria di Lula, con l’obiettivo di prendere parte alle manifestazioni a favore del presidente uscente. Una mobilitazione di bolsonaristi, insoddisfatti del risultato elettorale, è in corso dal 30 ottobre, all’interno del comando generale dell’esercito.
In sostanza, da quando Lula ha vinto le presidenziali, un intero quartiere di Brasília, caratterizzato da un numero considerevole di caserme, strutture ospedaliere, servizi e villette destinate alle famiglie dei militari, ospita le tende, i bagni chimici e le strutture adibite a ristoranti, montate da estremisti di destra provenienti da tutto il Brasile. Come svelato dalla magistratura, gli accampamenti bolsonaristi, sparsi ovunque in più caserme, seguendo il modello di Brasília, grazie a un finanziamento collettivo, possono contare di un’ampia rete di imprenditori, politici e professionisti. Il 15 dicembre, il giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, ha emesso oltre un centinaio di mandati di arresto, perquisizione e sequestro di beni e blocco dei conti correnti appartenenti al nucleo finanziatore dei sostenitori delle suddette manifestazioni anti-democratiche. Le operazioni sono state svolte in ben otto regioni diverse.
Le indagini riguardavano le attività di tre gruppi sospettati del crimine di «abolizione violenta dello Stato democratico di diritto», previsto dall’articolo 359 del codice penale. Al momento molti di loro risultano latitanti o costretti ad indossare braccialetti elettronici.
Nelle loro ville e appartamenti sono state rinvenute impressionati quantità di armi e munizioni. La decisione di Moraes è stata presa qualche giorno dopo il tentativo di invasione della sede della polizia federale, a Brasília, da parte di un gruppo di estremisti di destra pro Bolsonaro, occasione in cui le vie nei pressi del tribunale superiore elettorale sono state messe a ferro e fuoco da bolsonaristi radicalizzati, oramai dediti al terrorismo interno. Così, il 12 dicembre, autobus e macchine sono stati dati alle fiamme, benzinai saccheggiati e bombole a gas sparse per strada e incendiate, affinché deflagrassero lasciando una scia di morti, feriti e distruzione.
Nonostante le decine di soggetti coinvolti nelle azioni terroristiche, alcune di esse registrate dalle telecamere sparse per le vie di Brasília, era stato compiuto un unico arresto: quello del pastore evangelico indigeno di etnia Xavante, José Acácio Serere, che vanta precedenti penali per narcotraffico e ostenta la sua l’ideologia di estrema destra in rete.
La minaccia all’incolumità fisica anche dei sostenitori di Lula, che si affacceranno sulla via principale dell’Esplanada dos Ministérios, luogo in cui avviene la tradizionale sfilata dei presidenti neoeletti, con una stima di oltre centomila partecipanti, è stata presa seriamente dal futuro ministro della Giustizia e della pubblica sicurezza, Flávio Dino.
«Siamo di fronte a un evento nuovo e gravissimo, che coinvolge un uomo armato con fucili e bombe, che rivela di non aver agito da solo», afferma Dino, puntualizzando che il Brasile è passato ad un «altro livello: quello del terrorismo».
Flávio Dino è un ex magistrato e professore, eletto due volte governatore dello Stato del Maranhão, per il Partito comunista del Brasile.
Passato al Partito socialista brasiliano nel 2021, ed eletto senatore nelle ultime elezioni, come primo compito da neo ministro di Lula, pesa il controllo della sicurezza alla cerimonia di insediamento, a detta sua «tutta da rivedere». Insieme al futuro direttore generale della polizia federale, Andrei Rodrigues, Flávio Dino ha già annunciato che proporrà alla procura generale della Repubblica e al Consiglio nazionale del pubblico ministero la creazione di un nucleo di contrasto al terrorismo.
Dal 26 dicembre l’accesso al Senato è diventato molto più ristretto e metal detector sono stati installati.
Rimane in dubbio anche il tradizionale saluto alla folla del presidente neoeletto, a bordo della storica Rolls-Royce Silver Wraith, una decappottabile utilizzata nelle cerimonie ufficiali che coinvolgono i presidenti della Repubblica brasiliani sin dal 1953. Per quanto riguarda Jair Bolsonaro, ad oggi, non ha proferito parola alcuna riguardo la condanna agli attentati o all’ipotesi di caos generalizzato in cui il Paese rischia di precipitare. Secondo diversi organi della stampa nazionale, il proposito del presidente uscente è arrivare negli Usa il 28 dicembre, pur di evitare la consegna della fascia presidenziale a Lula. Si tratterebbe di un clamoroso gesto simbolico studiato a tavolino, atto a seminare ulteriori violenze, e che conterebbe dell’appoggio dell’ex presidente degli Usa, Donald Trump, disposto ad ospitarlo nella sua residenza di Mar-a-Lago, per i prossimi mesi.